Il Gatto che miagolava in Dolce Stil Novo

Il Gatto raccontaOggi pomeriggio fa caldo in Piazza delle Erbe. Il circolo culturale dell’edicola cerca ristoro su una panchina all’ombra dei tigli e si sventaglia, le farmaciste hanno attaccato l’aria condizionata a manetta, perfino il falegname, che lavora anche il giorno di Natale, si muove come un pesce rosso nella sua boccia, e io cerco un po’ di ristoro e un soffio d’aria sotto i banchi del mercato. Eccomi qua, sono Merlino, il Gatto Samurai, l’ultimo gatto libero del quartiere. Una volta eravamo in tanti, poi abbiamo cominciato a sparire, qualcuno è stato avvelenato, qualcuno mangiato, qualcuno investito da una di quelle stupide auto che hanno fretta, così anche noi ci stiamo estinguendo, come tutto ciò che profuma di bello, di libertà e di indipendenza.

Per fortuna io sono ancora vivo, e in buona compagnia. C’è Desdemolo, il mio amico fantasma, anche lui un sopravvissuto, l’unico spettro che non ha abbandonato il Palazzo dei Veleni dopo che l’hanno adibito a uffici. Per un fantasma, dotato di olfatto sensibilissimo, è un’impresa resistere al fetore dell’inganno, della menzogna, della delazione, del servilismo e del carrierismo emanato da quei disgustosi impiegati, ma Desdemolo è un grande, lui resiste, sa che prima o poi loro moriranno tutti, ma lui no, perché è già morto. Così passiamo il tempo raccontandoci vecchie storie e rievochiamo i tempi in cui questa piazza era popolata da tantissimi gatti di ogni indole e lignaggio. Ci chiamavano “La Gatteria di Piazza delle Erbe” e quanto ci siamo divertiti… “Nessun maggior dolore | che ricordarsi del tempo felice | ne la miseria”… Questo pomeriggio Desdemolo si sente in vena poetica e a me viene in mente Dante, il Gatto che miagolava in Dolce Stil Novo.

BeatriceA quei tempi la nostra comunità felina era popolata non solo di randagi, ma anche di gatti con una famiglia, che condividevano con noi la passione per la caccia al piccione e alla lucertola, le partite a carte, le dormite sotto le cassette della frutta, e naturalmente i corteggiamenti. C’era una certa Beatrice, gatta unica e adorata di una famiglia che la viziava scandalosamente, che si faceva vedere spesso da queste parti. A me non è mai stata simpatica, dal mio punto di vista se la tirava troppo, ma il mio amico Beauregard, il siamese strabico, impazziva per lei, sapete, quelle cose tipo L’amor che move il sole e l’altre stelle… e ogni pomeriggio passava a prenderla sotto casa per scortarla nella colonia come fosse la Principessa di Cristallo. Un giorno Beatrice arrivò con un diavolo per capello, seguita dal solito Beauregard in adorazione olfattiva e da un micetto bianco e grigio, uno nuovo. Non avevo mai sentito un linguaggio simile sulle nobili labbra di una gatta di cotanto lignaggio come Beatrice; bestemmiava come un carrettiere perché i suoi umani avevano trovato quel gattino abbandonato e lo avevano adottato, defraudandola, dal suo punto di vista, del ruolo che le spettava. Inutile ricordarle che anche lei era stata adottata perché i suoi umani l’avevano trovata in mezzo alla strada con una zampina rotta, dei brutti tempi ci si dimentica fin troppo in fretta; Beatrice adesso doveva sopportare il nuovo fratellino adottivo, che in suo onore era stato chiamato addirittura… Dante.

Dante, il gattino poetaIl piccolo Dante adorava la sorellona, pure lui, tanto per cambiare, e volendo compiacerla in tutto e per tutto si era convinto di essere veramente la reincarnazione del Sommo Poeta e aveva saccheggiato la biblioteca di casa, imparando a memoria la Divina Commedia e tutti i testi di letteratura italiana che era riuscito a scovare. Il felino è così, quando si mette in testa di farsi una cultura… Mentre Beatrice inveiva contro la cosiddetta “cultura dell’accoglienza” che aveva contagiato i suoi umani e l’aveva, a suo dire, detronizzata, il piccolo Dante le si avvicinò con infinita tenerezza, si inginocchiò sulle minuscole zampine e intonò una poesia in suo onore.

Tanto gentil e tanto onesta pare

la Gatta mia quand’ella altrui saluta,

ch’ogne lingua deven tremando muta,

e li occhi no l’ardiscon miagolare”

Io trattenni a stento un conato di vomito, ma il micino poeta mandò in visibilio il professor Scipione, gatto di cultura e fine conoscitore delle lettere classiche. Il povero professore aveva cercato inutilmente di erudirci, senza alcun risultato, e quando trovava qualche esempio di insanità mentale come quel cucciolo squilibrato, impazziva di gioia. Beatrice tentò di rimediarla dicendo che il veterinario li aveva avvisati, il piccino era ridotto così male che, a suo dire, se sopravviveva rimaneva scemo, e infatti… ma il professor Scipione era ormai partito per uno dei suoi voli nello spazio. Schiacciò il gattino in un poderoso abbraccio e lo lavò da capo a piedi con la sua linguona, tanto che il piccoletto si mise a piangere e cercò conforto presso la sorella, che ovviamente lo sdegnò con un “Guardate che frignone”. Per consolare la creaturina, il povero professore concepì una luminosa idea. “Dante, vuoi vedere la piazza del Sanguinoso Mucchio?”

Professor ScipioneA riprova che il veterinario aveva ragione, il piccolo smise immediatamente di piangere e ricominciò a declamare versi:

“La terra che fé già la lunga prova

e di Franceschi sanguinoso mucchio,

sotto le branche verdi si ritrova”…

Lo scoppio di collera del Conte Vronskji provocò la rottura di alcuni bicchieri nel vicino bar del mercato. Vronskji era un gatto di cultura militare e detestava le manie di Scipione, poesia, filosofia, letteratura, tzè, fosse stato per lui, due ore di corsa tutti i giorni e mille addominali avrebbero tenuto a bada i bollenti spiriti della gioventù, ma la sua saggezza non veniva mai abbastanza riconosciuta, purtroppo. Io, come Gatto Samurai, avrei preferito istruire i giovani “all’ombra delle foglie” con l’antica saggezza dell’Hagakure, ma se loro preferivano la Play Station, chi ero per imporre la mia volontà? Sono un filosofo, mica un martire… Mi limitai a suggerire a Scipione di organizzare la gita col favore delle tenebre, per non dare troppo nell’occhio: siamo in una piccola città e una comitiva di gatti nella piazza principale all’ora dell’aperitivo non poteva passare inosservata.

Il Sanguinoso MucchioDovete sapere che nei tempi antichi in questa città fu combattuta una grande battaglia contro un esercito mercenario invasore; dopo mesi d’assedio, stremati dalla fame, ormai sul punto di arrendersi, i nostri eroici antenati tesero una trappola ai nemici, finsero la resa aprendo le porte della città e tributarono loro grandi onori. Dopo una giornata trascorsa tra feste e bagordi, in serata la loro capacità combattiva era svanita, e fu quello il momento scelto per salire sul campanile e suonare le campane. Dalle case in cui si erano in precedenza nascosti e dalle porte della città, opportunamente riaperte, irruppero i nostri, che travolsero i nemici addormentati e ubriachi facendone una strage. La gioia fu di breve durata, l’anno successivo il papato inviò un nuovo esercito mercenario e la nostra città fu costretta a sottomettersi, ma è stato bello, una gloriosa pagina di storia. Gran parte dei circa ottomila cadaveri furono seppelliti sotto la piazza principale, dove una lapide ricorda ancora ai posteri di che tempra siamo fatti. Gli immortali versi del Sommo Poeta rievocano questo glorioso episodio, e la piazza grande era la meta della gita studiata dal professor Scipione per divertire il piccolo Dante.

Al calare della notte ci trovammo tutti di nuovo in Piazza delle Erbe, pronti a partire per l’escursione culturale. Il professor Scipione era agitatissimo, si era portato dietro sei volumi della storia della città, e ci stavamo già preoccupando. Per fortuna Lagardère e gli altri ragazzi avevano provveduto alle libagioni, alcuni cesti di ciambella e albana dolce e un po’ di erba gatta da fumare sotto i portici. Il corteo si avviò festoso, non ci eravamo mai spinti così lontano e soprattutto mai tutti insieme; i cuccioli sarebbero riusciti a camminare per i cinquecento lunghi metri che ci separavano dal venerando sepolcro? È noto che il felino, lanciato, può raggiungere la velocità dei 48 km. orari, ma dipende in primo luogo da chi è il lanciatore, e poi se questa velocità supersonica deve essere tenuta per più di tre metri. Per fortuna il nostro amico Desdemolo, esperto fantasma, poteva sempre far levitare i piccoli, gli anziani e le signore eleganti con le unghiette a spillo, come Monna Beatrice.

Felini in gita notturnaL’escursione fu molto interessante. Di notte la piazza grande, priva di umani, è molto bella, piace tanto anche ai fantasmi perché è illuminata per modo di dire, poche lucette fioche e spettrali perché il Comune è povero e deve risparmiare. Scipione ci intrattenne con la storia dei mercenari francesi e dell’astuzia degli umani dell’epoca, e ci assicurò che anche i gatti fecero la loro parte. Desdemolo ci raccontò tante storie divertenti, lui in quel periodo era ancora un giovane fantasma, morto da poco, e quando c’era da far baldoria non poteva mancare. Dopo aver esaurito i generi di conforto, Agata, Cassandra, Betsabea e le altre signore ci fecero notare che per i cuccioli si era fatto tardi, la maggior parte di loro dormiva e li avremmo dovuti portare a casa in braccio. Contavamo su Desdemolo e sulle sue capacità di levitazione, ma il nostro amico fantasma aveva un’idea migliore.

Il sottosuolo della nostra città è solcato da numerosi canali, e quale migliore occasione di una visita alla nostra piccola Venezia sotterranea mentre si prendeva la scorciatoia per tornare a casa? Ai piccoli sarebbe piaciuto moltissimo, e l’entusiasmo li avrebbe risvegliati. Io non ero molto convinto, i canali sono il regno di Rasputin e del suo popolo di ratti di fogna, ma Desdemolo è loro grande amico, de gustibus… e chi sono io per discutere con un fantasma millenario?

Dante declama poesieIl cunicolo per raggiungere i canali è un tombino proprio sotto al palazzo del Comune, un attimo per sollevarlo e l’intera comitiva felina era già nel sottosuolo, mentre il piccolo Dante, esaltatissimo, declamava “Per me si va ne la città dolente, | per me si va ne l’etterno dolore, | per me si va tra la perduta gente” e Monna Beatrice faceva finta di non conoscerlo. Il sottosuolo era il terreno del mio amico Des, a lui il compito di spiegare il significato dei resti di vasi romani, delle monete, dell’accampamento di legionari che un tempo vi era stato costruito, del cardo e del decumano, mentre i piccini stavano già inseguendo i pipistrelli nel sottosuolo. Ci stavamo divertendo da matti, quando sentimmo un frastuono provenire dal canale principale. Diamine, sembrava che ci fosse una festa, musica a tutto volume, schiamazzi… Che i ragazzi locali avessero organizzato un rave party nelle fognature?

Heavy metal skeletonNaturalmente mandammo Desdemolo in avanscoperta, era il suo territorio. Per una decina di minuti lo perdemmo di vista e ci stavamo preoccupando, quando lo vedemmo tornare con un gran sorriso sulla faccia, o meglio, sul teschio. “Venite, c’è una festa e siamo i benvenuti”. L’arco d’ingresso al canale principale era ornato da un festone in oro e porpora con la scritta “Bloody Bunch Forever”, un gruppo di spettrali musicisti stracciati suonava hard rock, mi parve di riconoscere Hell’s Bells degli AC/DC, mentre circa ottomila fantasmi ballavano nei canali sotto la piazza, visibilmente sotto l’effetto di funghi magici. Desdemolo riapparve abbracciato al fantasma di un soldato cencioso ma ancora fiero nella sua armatura, e ci presentò il suo amico Eric, mercenario vichingo caduto nella sanguinosa battaglia. Sì, in effetti, ci spiegò Eric, sul momento nessuno di loro aveva ben capito cosa stava succedendo, erano talmente ubriachi di albana e sangiovese che non si sono accorti nemmeno di morire. Dopo la sepoltura sotto la piazza si erano leggermente indispettiti, non si sentivano pronti a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza, ma con il tempo e un po’ di spirito di adattamento avevano apprezzato la situazione. Fare il mercenario non era il più bel mestiere del mondo, lo si sceglieva solo per fuggire dalla miseria, e da morti, per lo meno, non si soffriva più la fame. Seguendo i canali erano arrivati al fiume, e da lì, con pazienza, fino al mare, ma se c’è una cosa che non manca a un morto è proprio il tempo. E com’era bella la riviera… Tanti di loro non avevano mai visto il mare. In città si trovavano bene; ogni ristorante del centro era collegato ai canali sotterranei e i proprietari non si stupivano più per le bottiglie di vino che sparivano, davano sempre la colpa ai camerieri. Dovete sapere che i fantasmi non mangiano più, ma sviluppano una profonda affinità con qualunque tipo di spirito, specialmente alcolico. Anche i pallidi funghi che crescevano nel sottosuolo avevano il loro lato interessante, facevano vedere mondi alternativi e aiutavano a comporre musica.

FantasmiNon sono stato lì a spiegare che l’heavy metal non lo avevano inventato loro, e poi chissà, magari questi ragazzi lo suonano da secoli e sono stati gli umani a copiarlo. Siamo rimasti a festeggiare con loro fino all’alba, poi con l’avvicinarsi della luce del sole gli spettri si sono dileguati nei cunicoli dandoci appuntamento alla prossima ricorrenza, e quindi uscimmo a riveder le stelle. Da allora il sodalizio non si è più spezzato, io e Desdemolo non siamo mai mancati a un bloody rave e il piccolo Dante, il micetto, ha perfino conosciuto il fantasma di un tale che aveva fatto un pezzo di strada con il Sommo Poeta da Firenze verso Ravenna. Col professor Scipione fanno un bel gruppo di suonati, li dovevate sentire quando Dante rubava un arrosto ai suoi umani e correva nelle catacombe invitando gli amici al fiero pasto. I fantasmi non mangiano, ma non volevano dispiacere il loro amico poeta e gli facevano compagnia con un bel fiasco di vino, e poi… Poscia, più che ‘l dolor, poté ‘l digiuno.

Gatto anzianoOra Dante è un gatto adulto e maturo e la sua famiglia umana ha appioppato anche a lui la gioia di una sorella piccola, un’altra profuga raccolta in un cimitero; quegli umani son fatti così, e il nostro Sommo Poeta felino cerca rifugio sempre di più nei canali sotterranei che passano anche sotto casa sua, per sfuggire alla petulante sorellina. Con l’amico fantasma pellegrino stanno addirittura scrivendo una storia della città vista dagli spettri. Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse, e poi Non ragioniam di lor, ma guarda e passa…

E Beatrice? Purtroppo non c’è più, una brutta malattia se l’è portata in un mondo senza fratelli piccoli. Mancarmi? Io? No, certo che no, mica sono Beauregard, che ne è uscito distrutto ed è sparito. Io? Io sono Merlino, il Gatto Samurai. Però… “Amor, ch’al cor gentil Gatto s’apprende, | prese costui de la bella persona | che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende”.

 

 

 

Latest posts by Beatrice Nefertiti (see all)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *