Un italiano su tre non sa scrivere… in italiano!

analfabetismo

Se c’è una cosa di cui dobbiamo dare merito al web, è sicuramente quella di aver dato nuovo impulso vitale alla scrittura. Fino a qualche anno fa, prima che i social network avessero tutto il successo che hanno oggi, molte persone potevano far trascorrere mesi (anni?) senza scrivere nemmeno una parola. Superato il periodo della scuola, a parte qualche X sulla schedina, credo che per molti l’uso della scrittura fosse diventato solo un ricordo di un’era lontana.

A dire il vero, un po’ prima dei social network, avevano avviato questo processo di avvicinamento alla scrittura, mezzi come gli SMS e gli email, ma a riportare l’attenzione sulla centralità della scrittura, sono state realtà come i forum, i blog e infine Facebook e Twitter.

Ciò ha costretto a un confronto con la propria capacità di scrivere, che comprende non solo la conoscenza base della grammatica, ma anche l’attitudine a farsi comprendere scrivendo e, di riflesso, quella di riuscire a intendere il senso di un testo scritto.

Questo processo ha portato a galla tutti i dubbi grammaticali e le insicurezze sintattiche, problema affrontato in modo diverso dalle persone, addirittura qualcuno proprio non se ne preoccupa (la felicità dell’ignorante che non sa d’ignorare), tanto è vero che in giro si leggono cose che verrebbero più volte sottolineate in rosso se fossero riscontrate in uno di quei pensierini che si facevano in terza elementare!

Non sorprende quindi che uno studio condotto dall’Invalsi (ente che certifica la preparazione degli studenti delle scuole primarie e secondarie) ha concluso che un liceale su tre (36%) non sa scrivere in italiano, le cose peggiorano per gli istituti tecnici dove la percentuale sale al 69% e peggiora ulteriormente negli istituti professionali con un picco dell’87% che, almeno a me, fa venire i brividi.

Gli errori/orrori spaziano su diversi piani, come quello dei nessi logici tra un blocco di testo e quello successivo, in cui ci si dimentica completamente di cosa si è parlato solo qualche rigo prima. Non mancano errori come il salto del soggetto, le ambiguità di significato, la coniugazione dei verbi o il rispetto dei tempi. Un altro aspetto da evidenziare è la mancanza di flessibilità, che deriva da una grave povertà linguistica, in altre parole la stessa frase è ripetuta all’infinito ogni qual volta si presenta quel determinato concetto. Anche il lessico piange e non poco, la maggior parte degli studenti, ad esempio, non coglie la differenza tra:

  • apportare e asportare
  • installare e instaurare
  • transizione e transazione

Tuttavia, a farla da padrone è l’enorme carenza d’idee, i nostri ragazzi (ma anche gli adulti, credetemi) hanno una totale mancanza d’idee e tesi da esporre e argomentare; ciò sfocia in un continuo e inconcludente divagare.

Se credete che questo scenario di semi analfabetismo culturale sia prerogativa dei più giovani, vi sbagliate.

Immaginate che in Italia ci sia un concorso per 380 posti al quale partecipino ben 43 mila persone. Bene, ora immaginate che alla fine del concorso restino ancora 58 posti vacanti; ci credereste? Dovete farlo perché c’è poco da immaginare visto che si tratta di un dato reale, ovvero dell’ultimo concorso per aspiranti giudici, al quale hanno partecipato illustri avvocati, giudici onorari e brillanti funzionari della pubblica amministrazione, persone che con la parola scritta dovrebbero avere una certa dimestichezza.

Quello che gli esaminatori si sono trovati davanti ha veramente dell’assurdo: incapacità di coniugare i verbi, uno scempio d’errori ortografici e grammaticali.

Con voi voglio analizzare i dati per comprendere meglio l’entità del problema. A partecipare alla selezione iniziale sono stati in 45.000, di essi ne sono stati ammessi 18.000, quindi 27.000 non sono stati nemmeno capaci di passare il test di ammissione, parliamo del 60%. Dei 18.000 rimasti, solo 6000 hanno effettivamente partecipato alle prove, da cui la domanda: gli altri 12.000 che cosa diavolo avevano da fare? Lasciamo aperta questa domanda filosofica e preoccupiamoci dei 6000, di cui in 4000 sono riusciti a completare le due prove di scritto. Un bel numero, ci viene da pensare, ma sappiate che solo 342 persone hanno effettivamente consegnato dei testi che potessero essere annoverati tra i leggibili; stiamo parlando dell’8,55%. All’orale sono andati perduti altri 23 aspiranti, 3 dei quali “ripescati” per decreto del ministro della Giustizia Mastella.

Riporto testualmente le perplessità sul livello di preparazione medio dei partecipanti espresse dal giudice della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, componente della commissione d’esame, egli dice: «Le lacune riscontrate non sono solo giuridiche, la conoscenza della lingua italiana è una pre-condizione per partecipare al concorso, ma alcuni candidati non ce l’avevano. Ci siamo trovati a fare la disarmante constatazione che in alcune prove c’erano errori di grammatica e di ortografia, oltre che di forma espositiva, testimonianze evidenti di una mancanza formativa, che non è emendabile. Non faccio esempi per ragioni di riservatezza, posso dire solo che se il mio maestro delle elementari avesse visto in un mio compito verbi coniugati come in certe prove che ci sono state consegnate, mi avrebbe dato una bacchettata sulle dita!»

Quanto evidenziato finora, fa comprendere come mai sul web continuamente ci s’imbatte non solo in errori tipici come “qual è” con l’apostrofo, “po’” con l’accento e altre cose simili, ma perfino in “è” (essere) non accentate e “ha” (avere) senza l’acca iniziale; per non parlare delle doppie mancanti o fantasiosamente aggiunte e di periodi totalmente incongruenti.

La cosa che, per ironia della sorte, fa più sorridere (per non piangere) è che questi errori si riscontrano in gran numero anche in quei siti in cui si affollano gli aspiranti scrittori e i sedicenti poeti, che prima ancora di scrivere “sta il gabbiano pervinca sospeso sul mare cobalto” dovrebbero ricordarsi che il gabbiano ha due “b” e che “sta” non vuole l’accento.

Questa situazione deprimente e l’allarme per la precarietà del nostro italiano scritto, sono completamente sottovalutate, scrivere correttamente sembra sia un optional estetico che una priorità di linguaggio.

Non si comprende che scrivere bene vuol dire anche pensare bene. La motivazione è forse attribuibile al fatto che pensare bene sottintende dedicare il tempo necessario a ciò di cui si vuole trattare.

Il problema è che in questa società della velocità, dove tutto è a portata di un clic, il “tempo lento” è in serio pericolo d’estinzione. Sarebbe quindi auspicabile che oltre a preoccuparci della sorte dell’asino selvatico africano o della lince pardina, ci preoccupassimo seriamente del “tempo lento” ovvero “dell’andare lenti”, del rallentare per poter meglio ammirare il paesaggio, avere il tempo per carpirne appieno le forme e i colori e riuscire così a trovare le giuste parole per descriverne la meraviglia. In questo modo, forse, si potrà anche riflettere sul fatto che un gabbiano “pervinca” su un mare cobalto, per quanto affascinante, proprio non esiste!

 


Si ringrazia per l’editing Maryann Mazzella.


Massimo Petrucci
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5 Replies to “Un italiano su tre non sa scrivere… in italiano!”

  1. Mi hai sconvolto. Ero convinta di essere nel giusto nel mettere l’accento sulla parola “po”, e l’apostrofo per qual è. Lo vedi, non è mai troppo tardi. Odio gli errori d’ortografia.

  2. Accetto la tua critica, Bandito.
    E’ vero, troppo spesso si parla del problema ma non si guarda mai alla soluzione. Tuttavia il mio articolo non vuole mostrare solo l’aspetto drammatico degli studenti italiani, ma vuole soprattutto puntare il ditosu quelle figure professionali dalle quali ci si aspetterebbe maggiore attenzione alla lingua italiana: parlo di avvocati, giudici, insegnanti.

    Il mio dubbio, e qui scatta l’allarme, è che se questi laureati vanno poi ad insegnare nelle scuole, cosa e come insegneranno agli sfortunati studenti?

    Se chi insegna non conosce ciò che insegna, se i tutori della conoscenza non possiedono le basi della scrittura, cosa vogliamo mai aspettarci dai ragazzi?

    Tu mi chiedi una soluzione o quanto meno un suggerimento per trovarla, ma, credimi, non ho questa informazione. Se ci penso, inizio a perdermi tra cattivi insegnati, università che funzionano male, società dell’apparenza, riforme della scuola ed inizia a girarmi la testa.

    La televisione non deve insegnare, e su questo ti do ancora ragione, ma quanto cattivo esempio fornisce? O, meglio, quanto condiziona negativamente chi la segue a tutte le ore? Forse troppo, ma forse sono ancora una volta sono io ad essere sofistico.

    La riflessione è comunque aperta.
    Ti ringrazio per il tuo commento, come ringrazio anche Clessidra ed Emilia per i loro contributi.

  3. Spero perdonerete il mio intervento a gamba tesa, ma questo articolo purtroppo non è originale. I mali dei nostri giovani e meno giovani li conosciamo tutti, sarebbe utile proporre delle soluzioni in merito, piuttosto che fare come sempre un’analisi impietosa che indirettamente mette in risalto la capacità di espressione in lingua italiana di chi scrive l’articolo. Cosa possiamo fare per contenere questo fenomeno??? Non riepondetemi con: “l’assunzione dei precari nella scuola pubblica”.
    @ Clessidra: ormai la nostra televisione ha esaurito il suo compito didattico e ha incominciato da tempo la sua funzione diseducativa.
    Il web?? Le persone che ci scrivono sono le persone che frequentano le nostre scuole, di conseguenza per la proprietà transitiva….

  4. Per me ad esempio un uomo che rispetta la grammatica e ha qualche minima idea di cosa scrivere raddoppia il suo fascino. Credo anche questo sia importante nell’era del tvttb c bekkiamo in giro ecc.
    E’ vero che il web ha dato più importanza alla scrittura, ma purtroppo non funge da buon esempio come la buona tv di una volta… passa qualsiasi cosa, qualsiasi orrore e violenza sulla nostra bellissima lingua.
    Io non mi vergogno di dire che la mia valutazione delle persone passa anche dalla qualità di ciò che mi scrivono, ed è triste che la lingua italiana si riduca a un compito in classe, quando serve alla vita di tutti i giorni, anche a non perdere un’occasione lavorativa o sentimentale. E non mi pare poco!

  5. L’Accademia della Crusca analizzando alcuni temi dei maturandi LICEALI 2010 ha rilevato la scarsa padronanza nell’uso scritto della lingua italiana in tutte le quattro competenze fondamentali: testuale, grammaticale, lessicale-semantica e ideativa.
    Giudizio che pregiudica una qualsiasi carriera universitaria e/o lavorativa…
    Chi male scrive, peggio si esprime!
    (E noi continuiamo a promuovere questi ragazzi sperando nel fato o forse più nell’arte dell’arrangiarsi).

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