L’arte di comunicare (8)

incomunicambilità

L’ultima volta ci siamo lasciati con Tizio che era un maiale e ci siamo interrogati sul significato ambiguo di questa metafora. La metafora è uno strumento di cui spesso si abusa, specialmente nella scrittura. Un uso troppo intensivo potrebbe stancare il lettore, quindi attenzione.

Andiamo avanti ed arricchiamo la nostra cassetta degli strumenti comunicativi con altri utili “arnesi letterari”.

 

Similitudine

Capita di frequente di confondere la metafora con la similitudine, osserviamo queste due frasi:

  • Luca è una montagna
  • Luca è grosso come una montagna

Nel primo caso parliamo di metafora, mentre nel secondo abbiamo a che fare con la similitudine. A volte si assimila la metafora a una “similitudine sintetica”, ma non è sempre così, il significato può cambiare notevolmente.

Ecco un esempio:

La maestra a uno studente: “Luigi oggi ti comporti proprio come un bamboccio”, risponde un suo compagno di classe, beffeggiandolo: “Signora maestra, Luigi è un bamboccio!”

Comprenderete subito che la similitudine usata dall’insegnante dà una chance a Luigi, mentre il compagno di classe, con la sua metafora, non dà alcuna possibilità al povero Luigi di essere diverso da un bamboccio.

 

Analogia

Chi ha detto che la letteratura e la matematica non possano trovare qualcosa che le accomuni? La dimostrazione è che l’analogia si sintetizza con una formula matematica:

A:B=X:Y (a)

I due punti non stanno a indicare una divisione, ma per il concetto di “sta a”, infatti dovete leggere la formula matematica in questo modo:

A sta a B come X sta a Y (b)

Se state pensando che le cose si stiano complicando notevolmente, mi sento di rassicurarvi perché è davvero molto semplice. Subito un esempio di analogia:

Una torta senza panna è come un tramonto senza Sole.

Ammettendo che davvero la panna sulla torta sia la vostra passione, andiamo a esaminare la frase. Nella formula matematica indicata con (a) abbiamo quattro elementi: A, B, X e Y; anche nella frase dell’esempio ne abbiamo altrettanti: torta, panna, tramonto e Sole. Portando questi elementi nella formula indicata con (b) leggeremo:

Torta sta a Panna come Tramonto sta a Sole

Di solito l’analogia ha sempre a che fare con quattro elementi che stanno tra loro a due a due. Diversi poeti moderni ne fanno uso, vediamo qui di seguito un verso tratto da Stelle di Ungaretti:

tornano in cielo a splendere le stelle, belle come le illusioni che addolciscono la vita.

 

 

Allegoria

Parlando di allegoria non si può fare a meno di citare Dante Alighieri, chi non ricorda l’avarizia e la cupidigia rappresentate dalla lupa? Oppure l’avidità interpretata dalla lonza? Per non parlare della superbia rappresentata dal leone?

Ne riporto un verso:

E una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame,
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’altezza
.

L’etimologia del termine allegoria è “parlare diversamente”, tuttavia abbiamo allegorie anche nell’arte figurativa, ad esempio: l’agnello è il simbolo dell’innocenza e della purezza, ma anche dell’obbedienza; l’alloro è il simbolo della vittoria e della gloria, ma anche di sapienza; forse ricordate che alcuni imperatori romani venivano rappresentati con il capo coperto da una corona di alloro (simbolo di gloria), anche Dante Alighieri è rappresentato con una corona di alloro (simbolo di sapienza). Si potrebbe andare avanti per pagine e pagine: l’aquila per la regalità, la bilancia per la giustizia e così via.

Dante Alighieri

Questi simboli sono anche usati in letteratura, ne sono un esempio proprio le favole allegoriche di Esopo, considerato da tutti l’inventore della favola come forma letteraria scritta. Nelle sue favole, egli fa uso di un linguaggio molto semplice con cui mette in scena storie i cui protagonisti sono di frequente animali come leoni, cani, volpi, rane e altro. Anche in questo caso gli animali sono allegorie del coraggio, della fedeltà, della furbizia, del chiacchiericcio e così via.

Se vi dico che “Caio è un leone”, voi cosa pensate? A quale figura retorica appartiene? Siete stati bravi se avete risposto “la metafora”, ma torniamo al significato della frase, di sicuro siamo tutti d’accordo nel considerare Caio un uomo coraggioso. Se invece quella frase facesse parte del testo seguente, cosa cambierebbe?

Caio è un leone ed è capace di aggredire agnelli sbranandoli senza pietà (c)

Il significato cambia, il contesto dà un significato diverso alla metafora; questo processo è detto allegoria. In pratica l’allegoria non è semplicemente la sostituzione di una parola (es. coraggio) con un’altra che simbolicamente la rappresenta (es. leone). Essa necessita di un processo d’interpretazione razionale. Nel testo indicato con (c) siete stati voi a dare un nuovo significato al termine “leone” relativamente al senso di tutto il discorso.

Avrete di sicuro inteso che quando il contesto è necessario per l’interpretazione, allora si parla di allegoria. Spesso l’allegoria può presentare più interpretazioni, la stessa Divina Commedia è piena d’interpretazioni diverse. La stessa lonza, di cui abbiamo parlato all’inizio, per qualcuno rappresenta l’avidità, per altri la lussuria, per altri ancora entrambe le cose.

 

Prendetevi una pausa, amiche e amici lettori. Io vado a sorseggiare un bel caffè.

 

Eccomi di ritorno, ora trattiamo tre figure retoriche che forse non conoscete:

  • La catacrèsi
  • La sintestesìa
  • L’antìfrasi

Dal nome sembrano ostiche, vero? Non lasciatevi spaventare, si tratta di cose molto semplici.

 

Catacresi

Qual è il termine esatto, tecnico, per indicare le pieghe agli angoli dei fogli dei libri o dei quaderni? Tic-Tac, Tic-Tac, Tic-Tac, Tic-Tac, Tic-Tac, Tic-Tac. Tempo scaduto! Il termine esatto… probabilmente non esiste! Infatti se avete pensato a qualcosa come “le orecchie del foglio”, allora non solo avete indovinato, ma siete appena incappati in una catacresi. Ogni volta che si usano dei sostituti per qualcosa che non si conosce, si parla di catacresi. Lo sono frasi come “il collo della bottiglia”, “il piede del tavolo”.

 

Sinestesia

Non vi ricorda qualcosa? Anestesia! Ve lo dico subito: non c’entra niente. Però hanno una parte di significato in comune ovvero il termine greco aisthànesthai che significa percezione; infatti anestesia vuol dire “nessuna percezione”.

La nostra sinestesia, ha un significato ben diverso, letteralmente: “percezione simultanea”, percezione che va a stimolare due sfere sensoriali diverse. Un uso/abuso avviene spesso in poesia, Giovanni Pascoli, nella sua Novembre, scrive:

Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…

“L’odorino amaro” è una sinestesia perché coinvolge la sfera olfattiva (odorino) e quella gustativa (amaro).

Anche Carducci non è di meno, nel suo Il bove, scrive:

e del grave occhi glauco entro l’austera
dolcezza si rispecchia ampio e quieto
Il divino del pian silenzio verde

La individuate? è questa: “silenzio verde” che coinvolge l’udito e la vista.

Altre sinestesie sono frasi del tipo:

  • Un suono vellutato (udito e tatto)
  • Un profumo fresco (olfatto e tatto)
  • Un urlo nero (suono e vista) [Salvatore QuasimodoAlle fronde dei salici]
  • Il colore del vento [Fabrizio De AndréIl sogno di Maria]

 

Antifrasi

Veniamo all’ultima figura retorica di questo appuntamento. La parola ha per significato “espressione contraria” e viene dal greco “contro locuzione”. Si ha un’antifrasi quando una frase assume, in uno specifico contesto, un significato contrario a quello che normalmente siamo abituati a darle. Ne avete mai usata una? Certo che sì. Non v’è mai capitato di trovarvi nel pieno di un acquazzone ed esclamare: “Ma che bella giornata oggi!”

Un’altra frase tipica è, ripensando alla catastrofe che avete combinato, “abbiamo fatto proprio una bella figura!”.

L’antifrasi è molto usata nell’ironia, ad esempio, per dire che quella persona è un maleducato, potremmo dire: “Guarda, sei proprio un gentleman!”

Come vedete, il diavolo non è poi così nero come lo dipingono.

 


Si ringrazia per l’editing Maryan Mazzella


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2 Replies to “L’arte di comunicare (8)”

  1. Antonio ti ringrazio per questo tuo commento di apprezzamento.
    Per quanto riguarda il termine esatto per le “orecchie delle pagine”, confesso, che non ne ho proprio idea. Aggiungo che mi viene il sospetto che proprio non esista, spero che qualcuno dei lettori smentisca e ci arricchisca di un nuovo termine.

    A lunedì con il prossimo articolo.
    M. Petrucci

  2. Tutto molto interessante, soprattutto l’incontro tra matematica e letteratura nelle analogie.
    Finora non avevo molto chiara la differenza tra metafora e similitudine, ma queste spiegazioni mi sono state utili.
    Qual’è il termine per le “orecchie nelle pagine dei libri? (quanto mi danno fastidio..)

    Grazie

    Antonio Zocchi

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