Festa della donna, quando il rispetto passa da uno strip

festa della donna

Ho quasi 29 anni e non mi vergogno a dirlo: non ho mai preso parte alla festa della donna. Sebbene qualche conoscente mi abbia fatto sentire una disadattata solo perché non ho mai accettato l’invito di donne assatanate per la sera dell’8 marzo, non credo che la mia scelta sia poi così contestabile.

In realtà, a parte il fatto che per me non serve a nulla lanciarsi sul toy-boy di turno, muscolato e lampadato con filo interdentale al posto degli slip nel quale, non so come, si infilano soldi al fine di dimostrare l’approvazione, ho sempre creduto che essere donna significhi ben altro.

Non parlo del classico “angelo del focolaio” bensì di una figura “alta” che sappia distinguere il valore della vita dalla frenesia di una notte di passione.
Per carità, non discuto né contesto chi si lancia in avventure senza pretese poiché non credo nella donna virginea a ogni costo. Credo solo che non si possa strumentalizzare una data come quella dell’8 marzo per farsi i cavoli propri.

L’8 marzo infatti non è una festa, ma una commemorazione in onore di donne che, da donne coraggiose, hanno agito perdendo la vita. Lo so che posso apparirvi moralista, ma perché dovrei festeggiare il mio orgoglio femminile proprio nel giorno in cui ben 129 determinate operaie persero la vita a New York mentre combattevano contro le terribili condizioni di lavoro in cui erano costrette?

Non sarebbe meglio riflettere su ciò che eravamo e che siamo diventate?

Bene, io da donna mi chiudo nel mio decoroso silenzio e lo faccio con orgoglio. Accetto la mimosa, ma non faccio altro a scapito di essere messa da parte dalle donne stesse.

Se poi l’esempio da seguire è quello di Paris Hilton, perdonatemi ma io non ci sto. Preferisco seguire l’esempio delle donne libiche che pur vessate, stuprate e umiliate scendono in piazza accanto ai loro figli per dire no al regime del dittatore Gheddafi. Preferisco seguire l’esempio di Hina Saleem sgozzata e sepolta nell’orto di casa da suo padre perché aveva rifiutato un matrimonio forzato. Preferisco pensare a donne come Sanaa Dafani accoltellata a morte sempre dal padre perché innamorata dell’uomo “sbagliato”: un italiano cattolico.

Io, preferisco donne coraggiose italiane o straniere alle quali poco importava di tronisti e glutei al vento, ma che cercavano di affermare la loro indipendenza e la loro dignità.

Ogni giorno combattiamo per imporre un po’ di noi. Tutte, salvo quelle che aggirano l’ostacolo che come nel Monopoli arrivano alla fine del gioco senza passare dal via, abbiamo i nostri tarli e le nostre sfide.

Sul lavoro.

In famiglia.

Nella società (in)civile.

Basti pensare a chi senza neanche vedere la tua faccia sproloquia e violenta con “genialate” del tipo www.meladaitu.it credendo persino di essere simpatico, oppure all’idiota di turno che ti affianca sul marciapiede con l’auto per fare apprezzamenti scurrili e volgari.

Carne.

Voi non vi sentite carne?

Peccato che qualcuna dimentichi tutto questo e pensi di mettersi in pari con una sbronza o facendo la “lotta” con il maschione di turno.
Non ci si riappropria così di se stesse, anzi si diventa le brutte copie del modello che tanto detestiamo.
Io, dunque, sono per il silenzio e il ricordo.

Io sono per essere donne tutto l’anno e soprattutto per dimostrare di esserlo smettendo di non mangiare perché bisogna somigliare a Kate Moss o a una pincopalla qualsiasi, rifarsi fino a scoppiare come Francesca Cipriani, sgomitare per raggiungere il casting della trasmissione di successo fino a infilarsi nel letto giusto per diventare ministro.

A ogni modo se per qualcuno sono un caso da studiare sono ben lieta di questo.

Nel mio mondo fatto di sogni e di speranza si sta meglio che in un club per sole donne l’8 marzo dove si agisce più per frustrazione che non perché ci si crede.

E che tristezza certe signore attempate che in calze a rete cercano di sedurre il “nipotino” sul palco urlando come ossessi e ammiccando in modo ridicolo e patetico!

Ma la tristezza più grande è non dedicare neanche un minuto a chi per darci dignità, diritto di parola, renderci libere, ha perso la vita o a chi subisce stalking tutti i giorni da anni con la paura che l’8 marzo, proprio l’8 marzo di “festa”, sia l’ultimo da vivere di un’esistenza priva di rose quanto ricca di spine.

Si ringrazia per l’editing Valentina Salvadori

2 Replies to “Festa della donna, quando il rispetto passa da uno strip”

  1. Cara Antonella,
    devo essere un caso da studiare anch’io dato che a 36 anni non ho mai preso parte alle scorribande da 8 marzo e mai lo farò. Condivido ogni tua parola e ti faccio i complimenti per l’articolo.
    Ti volevo solo chiedere con quale criterio sia stata scelta la foto a illustrazione di questo pezzo, dato che riguarda la pratica sessuale del bondage e non uno spogliarello; in questo caso infatti non mi sembra molto congruente con quanto hai scritto.
    Ciao! 🙂

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