Generazione call center

vita da call center

Qualche anno fa, nel 2008, nelle sale cinematografiche italiane era di scena la commedia diretta dal regista Massimo Venier, “Generazione mille euro”, storia di un gruppo di neolaureati alle prese con la precarietà economica e lavorativa. Questi giovani cercavano di sbarcare il lunario impegnandosi su più fronti, sistematicamente a “ La ricerca della felicità” (per citare un altro film molto noto) e vivendo con i famigerati mille euro ricordati nel titolo.

Quando vidi il trailer la mia prima affermazione fu: magari mille euro!
All’epoca mi alzavo alle 5 di mattina per 250 euro al mese.

In alcune zone d’Italia, tipicamente al Sud, infatti, molti giovani, pur svegliandosi all’alba e lavorando dodici ore al giorno, non raggiungono neanche il cosiddetto minimo sindacale e sono costretti a vivere in case-loculi o a condividere a trent’anni e più gli spazi con famiglie ancora troppo decisioniste.

Molti si ingegnano (per esempio partendo dall’entroterra italico sposano Briatore, fanno un figlio e si assicurano un vitalizio da mille e una notte), altri si alleano con il politico di turno (perché dalla sagra di paese all’alta carica istituzionale il passo è breve se si passa dalla villa giusta) e altri tentano la via del call center, spesso unica occasione-cappio.

Già, proprio il call center. Luoghi rumorosi e frustranti dove si rincorrono illusioni, dove ci si sente un po’ come un pollo in batteria, dove lauree e master valgono quanto un gol al novantaquattresimo sul quattro a zero.

Nulla.

Così ragazzi e ragazze (talvolta anche cinquantenni spesso sostituiti da “nipotini” al quale il posto è stato conservato bello caldo) si districano tra la vendita di un prodotto telefonico e l’assistenza al cliente inferocito che li prenderebbe volentieri a morsi.

Pronto?
Buongiorno signora sono …
Non ci serve nulla …Ma le pare l’ora di chiamare? Qui abbiamo da fare…

Come a dire che l’operatore al di là della cornetta sta giocando a scarabeo o si sta rigirando i pollici.

Oppure…

Da dove mi chiama?
Dalla Calabria…
Ah beh io sotto il Lazio non parlo con nessuno…

 

E bum!

 

Giù il telefono senza prova d’appello e con una consapevolezza in più: sperare che il sistema computerizzato non ti passi telefonate oltre Roma.

Normale?

Forse, ma non guasterebbe se ogni tanto l’avvocato al di là “del muro” dismettesse la toga per un po’ e si sentisse solo un uomo come tanti e non un supereroe.
Spesso poi non è neanche la frustrazione di tornare a casa senza aver contrattualizzato (o fregato perché in alcuni casi è così) quanto l’idea di doverci ritornare per sentire i responsabili che incitano, a loro dire stimolano, con urla alla Tarzan e indegne lavagnette con nomi e cognomi di operatori con una serie di X accanto ad ogni truffa perpetrata.

E gli stipendi?

Beh sono l’altra nota dolente. I più fortunati trovano aziende che fanno un contratto vero e danno qualche soldo in più, ma la normalità è il contratto a progetto con scadenza mensile (evvai con la progettualità.. perdonate il gioco di parole!) con fisso di 200 euro e provvigioni che spacciano per risolutive dei problemi economici dei dipendenti. Qualche volta, poi, capitano anche casi limite con offerte lavorative ancora più da fame. Costa più un sms per televotare ad “Amici” o a “X-Factor” che un’ora di lavoro in cuffia per capirci.

Tempo fa, a tal proposito, mi raccontavano di “stipendi” che mi vergogno a definire tali. Un euro e settanta lordi ad ora, per sei ore al giorno, cinque giorni a settimana per un totale di 204 euro lorde al mese. Chissà perché, però, per il responsabile questo calcolo aveva un totale diverso 350 euro netti.

Che cavolo stai dicendo Willis?

Ma la più bella deve ancora venire: teleselling di riviste sulla storia delle forze dell’ordine (e già questo ti fa capire quanto questo prodotto possa penetrare bene sul mercato… perché – ammettetelo – voi ne comprereste a vagonate vero?) senza fisso e provvigioni da 20 euro a rivista sbolognata…

Ad occhio e croce si spende più di benzina per arrivare in ufficio.
Bene… morale della storia?

Mille euro in certi posti d’Italia sono un miraggio, ma non i sogni spesso “chiusi in un cassetto pieno ormai di ragnatele” (lo diceva la siciliana Gerardina Trovato nella canzone “Ma non ho più la mia città”) insieme ai titoli conseguiti con sudore e fatica. La polvere che c’è sopra, però, può intaccare solo la pergamena con il voto di laurea ma di certo non la voglia di spiccare il volo.
Perché forse alcune di queste persone non avranno mai la ribalta, diventeranno un tutt’uno con la cuffia e con le parolacce della gente, ma la dignità quella certamente non gli mancherà mai perché la maniche le hanno rimboccate e non rivestite di gioielli regalati da chi usa le auto blu. E chissà che un giorno non si impari a rispettare le persone indipendentemente dal lavoro che esse svolgono e che chi intraprende le scorciatoie possa sentirsi sempre più isolato.

Peccato, però, che viviamo in un Paese dove bulli, pupe e furbetti dominano la scena, laddove il merito (ahimè) è un’utopia. Meglio quindi fare il gigolò come il tipo del Grande Fratello (a proposito: come siamo cadute in basso!), sgambettare sul bancone di Striscia la Notizia (sempre più giù) e sposare il magnate di turno. Agli irriducibili e ai sognatori non resta che prendere la vita con più Montana!

3 Replies to “Generazione call center”

  1. è ancora un grande business! Soprattutto per grandi multinazionali come quella in cui lavoro io che si impiantano qui al sud sfruttando così gli sgravi fiscali riservati a chi investe in zone con alto tasso di disoccupazione! Siamo circa 2000, è il call center più grande del sud, tutti assunti regolarmente dal 2007 (ma in azienda dal 2005 come progettisti)…ogni tanto l’azienda paventa crisi così prende fondi statali…è un ricco business, ti assicuro! Noi dipendenti gestiamo l’assistenza Enel, wind, infostrada, telecom…..da qualche mese ci sono state new entry di ragazzi che lavorano a progetto e che gestiscono invece l’outbound (la vendita al telefono) e ti assicuro che, al contrario di quanto pensi, si vende ancora!!! Forse per comodità del contatto, non so… io ho la fortuna di non stare più con le cuffie in testa perchè gestisco il cartaceo però da quello che vedo ha ragione Floriana: quantità a discapito della qualità, sicuramente!….se poi vai a dare un’occhiata al rendiconto economico-finanziario a fine anno leggi dei numeri ESORBITANTI, altro che crisi!!! W l’Italia!
    Dimenticavo: i progettisti di adesso sono pagati 1,50 e/cent all’ora! LORDI….renditi conto!!! Una paga INDEGNA…..fai un pò tu il calcolo di quanto possano guadagnare in 6 ore lavorative……Sinceramente non so perchè accettano di lavorare a queste condizioni….forse nella speranza di essere assunti come noi!? Però per noi nel 2005 era diverso, anche se a progetto comunque il guadagno era di 6 euro all’ora….bhò, non capisco! Tra l’altro l’azienda è stata chiara: non assumerà più nessuno a tempo indeterminato! E se pensi che tra questi ragazzi c’è gente laureata, lo sconcerto cresce ancora di più! Ma davvero siamo così alla frutta? :O

  2. gli operatori sono pagati a chiamata andata a buon fine.. È un business solo x le aziende.. In più le aziende delegano società esterne x non avere personale diretto.. Il problema è x gli operatori che se non concludono non mangiano.. Si pensa più alla quantità che alla qualità, come tutto in questa italia dove non c’è controllo x i controllori e x chi ha i soldi.

  3. Condivido il senso di smarrimento provato da chi quotidianamente deve fare i conti con numeri (quelli dello stipendio) sempre troppo piccoli, perché l’ho provato anch’io, ho lavorato come telemarketer per un istituto di bellezza per un anno nel 2002, quando si cominciava a parlare di crisi; ho “beccato” persone a letto, a pranzo o a cena, sotto la doccia, gente che mi ha mandato a quel paese o che mi ha tenuto a lungo a raccontarmi i suoi guai, a volte drammatici. Non voglio essere retorica dicendo che quel periodo mi ha svegliata molto e reso più forte, sarebbe bello che oggi questi lavori (cosiddetti) durassero il poco tempo che serve per trovare qualcosa di meglio. E so bene che non sempre è così. Ma ugualmente non voglio cedere al “meglio velina o moglie di un vecchio bavoso con i soldi”! Sei una persona giovane e hai tutto il diritto di tenerti i tuoi sogni e seguirli sempre. Semmai spegniamo la tv, smettiamo di dare potere a chi non ce l’ha!

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