Il piccolo Nicolas e i suoi genitori

Avete mai provato cosa significhi vedere il mondo con gli occhi dei bambini? Domanda bizzarra, penserete: tutti siamo stati bambini prima di diventare adulti! Certo, ma è stato tanto tempo fa in un galassia lontana lontana. Nel mondo degli adulti, costretto tra l’essere ed il dover essere, tra progetti e bilanci, attese e realtà non c’è tempo per fermarsi e, adesso, quel tempo che fu non è altro che uno sbiadito ricordo.

Eppure quelli che oggi siamo compassati genitori, casalinghe disperate, impiegati efficienti, imprenditori falliti e dirigenti stressati siamo stati bambini. Anche Nicolas lo è stato, negli anni Cinquanta. Anzi, lo è. Questo è il bello del cinema: oggi è come se fosse ieri ed anche domani, perché il verbo essere si coniuga sempre al presente.

Nicolas è, dunque, un bambino di otto anni e frequenta la scuola elementare. Un giorno, la maestra assegna un compito in classe: raccontate quello che farete da grandi.

Non dovrebbe essere un tema difficile. Eppure per Nicolas lo è perché ancora non sa esattamente cosa vuol fare da grande. I suoi compagni, invece, lo sanno. Alceste, per esempio, è un po’ ciccione, mangia sempre e vuole diventare ministro: diventando ministro parteciperà ad ottime cene; Geoffroy ha un maggiordomo, vive in una casa molto bella, con un grande giardino ed una piscina a forma di fagiolo e da grande – ovviamente – lavorerà con suo padre; Clotaire è l’ultimo della classe ed ha una bellissima bici da corsa con un portapacchi, perché la spesa la va a fare di corsa e sogna di diventare un campione di ciclismo; Eudes da grande vuole fare il mestiere del bandito e – a Rufus, il quale sostiene che non si tratti di un mestiere – risponde che lo è, perché senza i banditi non esisterebbero neanche i poliziotti come suo padre; Rufus è il primo della classe (a dire cavolate però), ha anche un fischietto e vuole fare il poliziotto come il suo papà; Agnan è il più bravo nonché cocco della maestra, ma è soprattutto uno scarafaggio spione e per questo non sta simpatico ai compagni ma, dato che porta gli occhiali, questi non possono picchiarlo.

Nicolas ha due genitori che gli vogliono bene, però forse aspettano un fratellino. Nicolas crede che il suo spazio affettivo si possa restringere e che i due genitori abbiano pensato di abbandonarlo nel bosco, come nella storia di Pollicino. Da qui partono le avventure de Il piccolo Nicolas e i suoi genitori.

Ancora un film francese, dunque, che si libra nel campo della fantasia per antonomasia, quello dei veri sognatori, i bambini, coloro cioè che non progettano altro che cose grandi e impossibili, perché non sono ancora stati contaminati dalla sconfitta o da opportuni calcoli di ritirate strategiche.

Il filmdi Laurent Tirard, campione di incassi in Francia, si ispira ad una striscia a fumetti pubblicata verso la fine degli anni Cinquanta, inventata da Jean-Jacques Sempé e René Goscinny, quest’ultimo famoso soprattutto come papà di Asterix. E non poteva mancare, infatti, nel film una scena evocativa del desiderio che maggiormente solletica le menti dei piccoli sognatori: quello di diventare fortissimi, bevendo una pozione magica.

Gli adulti, ma soprattutto i genitori di Nicolas, invece, vivono ingabbiati come noi nel mondo delle convenzioni sociali e codificano impropriamente le reazioni dei bambini, ignorandone il contesto magico e surreale e, dunque, estraniandosene. Ai bambini, allora, non resta che fare tutto da soli, interagendo – questo si – con il mondo degli adulti ma a modo loro, provocandone il caos ed il conseguente collasso.

Sono soltanto marachelle, per fortuna, altrimenti sarebbero tragedie e, atteso che si tratta di un mondo favoloso (nel senso di immaginario) inserito in un contesto da commedia, tutto si risolve e si ribalta nel bene.  Niente incidenti, né punizioni esemplari, né vittime della strada, né ricoveri ospedalieri per avvelenamenti, né perdite di lavoro, pignoramenti, denunce, abusi, violenza e pedofilia. Perché, una volta tanto, è il loro mondo che deve essere rappresentato, quello casto, ingenuo e irreale dei sogni infantili, il mondo perduto che noi dinosauri non troveremo mai più e – proprio per questo – ci rende maggiormente nostalgici. Non abbiamo scelto di diventare grandi, ci hanno costretto. Se ci dessero una seconda possibilità, se ci chiedessero ancora: «Cosa vuoi fare da grande?», risponderemmo come Peter Pan: «Crescere? Non mi va».

 

Il trailer del film: watch?v=8t_MtchItQI

I bellissimi titoli di testa: watch?v=Zo9w2147z4A

La pozione magica: watch?v=Kz2YFMoD4nM

Il video di questa recensione in coreano: watch?v=9xulR0hRTQc


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