La donna che canta, cella 72

«Quando le buste verranno consegnate ai loro destinatari, vi sarà data una lettera. Il silenzio sarà rotto, una promessa mantenuta. Sulla mia tomba potrà posarsi una lapide e su di essa il mio nome, alla luce del sole». Sono le parole rivolte ai due figli, che accompagnano le buste da consegnare a un padre e un fratello dei quali, sino ad allora, essi ignoravano l’esistenza.

È così che inizia la storia di Nawal Marwan (Lubna Azabal), la donna che canta: con il suo testamento. Nawal adesso non canta più. Nawal è morta dopo avere improvvisamente smesso di parlare. Qualcosa l’ha traumatizzata, ma che cosa? Ed è strano perché – anche se i figli gemelli Jeanne (Mélissa Désormeaux-Poulin) e Simon (Maxim Gaudette) non lo sanno – Nawal era una donna forte, molto forte.

La storia terrena di Nawal, invece, termina dove inizia il percorso a ritroso dei figli per conoscerla. Finché la sua storia non si conoscerà, la catena di menzogne non sarà spezzata e la vergogna potrebbe prendere il sopravvento. Finché i due figli non risolveranno l’equazione della sua vita, fino ad allora, Nawal vuole essere sepolta nuda nella terra, a faccia in giù e senza alcuna lapide.

Nawal Marwan è conosciuta in patria come la donna che canta, perché la sua leggendaria storia narra che cantava sempre, durante i lunghi tredici anni trascorsi in carcere, per avere ucciso il capo delle milizie cristiane nonostante fosse lei stessa cristiana. Lei cantava, stando in piedi davanti ai suoi carcerieri, e non si era mai piegata. Che cosa si può tentare per fare smettere il canto di una donna? A volte, è meglio non sapere tutta la verità. Ciononostante, i due figli gemelli non potranno sottrarsi al doloroso percorso del lento e tragico svelamento.

«La matematica cerca di fornire risposte certe e definitive per offrire soluzioni a problemi certi e definitivi. Ma la matematica presenta anche problemi insolubili che portano verso situazioni altrettanto insolubili. Tutti vi diranno che è inutile scervellarvi su quei problemi insolubili e voi non avrete come opporvi a queste argomentazioni, perché quei problemi saranno di una complessità estenuante. Questo è il mondo della matematica pura: il mondo della solitudine».

Jeanne Marwan è assistente di matematica in Canada. Di sua madre Nawal sapeva che era un’immigrata mediorientale e che lavorava presso la famiglia del notaio Jean Lebel, il quale è adesso il suo esecutore testamentario. Adesso – una volta saputo di avere un padre vivo e un fratello in Libano – Jeanne non potrà avere pace finché non cercherà di risolvere l’equazione della vita della madre. Simon, invece, è più riluttante, ma non esiterà a seguire la sorella nel viaggio in Libano, da quando riceverà la drammatica telefonata sulle prime scoperte del passato della donna che canta.

Nawal Marwan era la prigioniera della cella 72. C’era un dottore che veniva ogni tanto, perché la prigioniera della cella 72 era incinta. Nawal Marwan per i suoi carcerieri era la puttana della cella 72 ed era stata violentata, affinché smettesse di cantare.

La donna che canta (Incendies), di Denis Villeneuve è il film canadese candidato agli Oscar ai migliori film stranieri 2011 e narra gli orrori della guerra partendo dal gradino più basso dell’odio, quello tra vicini di casa e familiari. Ed è proprio lì, nella piccola cerchia degli scontri etnici e razziali che inizia l’orrore più grande, quello che si ripercuote come una grande onda a spirale verso le nazioni e si estende sino a trasformarsi in fanatismo religioso e politico.

La storia terrena della giovane cristiana Nawal Marwan inizia con l’amore per un rifugiato palestinese. Il loro amore si consuma nelle terre martoriate da un lungo conflitto del quale non si possono più ricostruire le origini, perché nessuna guerra può durare tanto a lungo da superare i confini generazionali. La storia della donna che canta inizia con un bambino in arrivo e si sviluppa con la tensione della tragedia classica, nella quale gli eroi si muovono come pedine inconsapevoli, la cui sorte è rimessa al volere capriccioso e spesso incomprensibile degli dei.

Gli dei hanno sete, ma solo nell’idea che gli uomini si sono fatti di loro. Nulla è come appare nella tragedia, così come nelle trame di conflitti interminabili, dei quali i superstiti non hanno partecipato all’inizio.

«Amori miei, dove comincia la vostra storia? Alla vostra nascita? E allora comincia nell’orrore. Con la nascita di vostro padre? E allora comincia con una grande storia d’amore. Io dico che la vostra storia comincia con una grande promessa: quella di rompere la catena dell’odio». Nawal, la donna che cantava. Aveva un grande dolore segreto e lo aveva coperto con il suo amore. Per i suoi carcerieri era solo la puttana della cella 72.

Si ringrazia per l’editing M.Laura Villani

 


VOTO E GIUDIZIO AL FILM: 7 ½ – Storia bellissima e intensa. Tutto l’orrore della guerra evitando gli schematismi e il coinvolgimento politico e religioso. Il voto sarebbe più alto se alcuni passaggi fossero stati montati in modo più semplice e intuitivo. Da (ri)vedere.

 






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