Foglie e paura

 

foglie

 

“Pa’, perché non esci mai con noi la sera, pur avendo la macchina?”

 

Una domanda che ancora oggi mi sento fare spesso.

Difficile dare una risposta a chi non immagina nemmeno… e allora giù una scusa dopo l’altra, tanto che qualcuno si sarà chiesto se questa donna è solo timida oppure scema.

 

Ma io ricordo una bambina, che a dodici anni, insieme alla compagna di banco, percorreva una stradina laterale, di quelle fatte per accorciare un tragitto di mezz’ora… Non più tardi delle 14, eppure erano andati già via tutti dalle scuole. Una strada che sembrava sicura e familiare, e invece non lo era affatto. Al di là dei cancelli c’erano ville antiche e un edificio sgarrupato, dove sapemmo poi che si riunivano le prostitute, notte e giorno.

Ricordo due bambine che correvano come impazzite, perché ad un tratto da un cancello era sbucato fuori un uomo con la camicia sbottonata addosso, e per il resto nudo, ubriaco, alto e terribilmente forte.

 

Ricordo le urla di Lucia, lei che non sembrava più una ragazzina, ma una di almeno 15 anni, tranne che per i discorsi. Lo sguardo liquido e azzurro di quegli occhi di ghiaccio, allucinati dall’alcol e chissà cos’altro, puntati addosso come a delle prede. E quasi il tocco della mano.

E dire che quell’uomo lavorava in un cantiere sotto casa mia.

 

E poi ricordo un pomeriggio come tanti, a qualche anno di distanza. I passi dietro di un ragazzo, un senso improvviso di paura, “è solo suggestione, dai che il portone ormai ce l’hai davanti”. Poi l’ascensore, con le chiavi blindate vecchio tipo già saldamente in mano. E lui in mezzo alle porte che non riescono a fermarlo mentre mi assale tentando di baciarmi.

Devo avergli provocato un grosso graffio con le chiavi puntate nella guancia, se soltanto il dolore e il sangue lo hanno trattenuto. Ricordo lo sgomento, il cuore a mille, ed un tremore generalizzato mentre salivo al quinto piano e non riuscivo ad inserire la chiave nella toppa.

 

Ma l’ultima è andata molto peggio. Sono passati già vent’anni, e ancora oggi certe notti mi sveglio all’improvviso, dopo aver corso invano in sogno per sottrarmi ad una lotta. E svegliandomi mi accorgo di essere al sicuro, porte e finestre serrate, non come allora, quando del tutto ignara mi trovavo a condividere la casa con un collega dell’università, e dire che mai prima di allora s’era portato male.

Rischiò quasi di ammazzarmi sul bordo di una vasca. Un quarto d’ora dell’orrore, e senza ciak. Qualche ciocca strappata, graffi e molti lividi, e solo per un soffio non c’è stato altro. Mi ha salvato il rientro dell’altra coinquilina, che mi ha intimato di rientrare in Italia non appena resasi conto di ciò che era successo. E come al solito io non avevo fatto niente, me ne stavo per i fatti miei, non davo confidenza a quel ragazzo taciturno e strano che non aveva digerito che mi sposassi pochi mesi prima, e che dopo aver trascorso la notte a ballare sui tavoli di Creta, aveva alzato il gomito con qualche canna. Una montagna a fronte di un fuscello.

 

viale alberato

Come spiegare alle mie amiche con figlie adolescenti che nessun luogo è mai sicuro, che non ti puoi fidare appieno delle persone con le quali lavori e vivi, che il fruscio delle foglie nei lunghi viali alberati non mi trasmette pace ma un senso di inquietudine dopo il tramonto, e a volte anche di giorno…

 

È solo grazie a certi uomini meravigliosi che ho incontrato, che con la loro delicatezza hanno saputo (quasi) azzerare il timore di guardare in faccia le persone, che riesco a non farmi sopraffare oggi dalla paura.

 

Non oso neanche immaginare cosa provano le donne che hanno subito una violenza più intima e profonda della mia, dalla quale neanche con il tempo e con le terapie ti liberi.

 

Perché purtroppo ce l’ha fatta quel vigliacco, che con volti e corpi diversi, si agita davanti alla mia mente ogni volta che varco la soglia di casa, pensando che può tornare a riproporsi ancora, e poi ancora, senza un limite o una scadenza.

 

Ora però l’ho detto, e d’ora in poi non mi chiedete più di uscire per un caffè.

Direi di no comunque, perché ormai non ho più scuse da inventare.

 

 

 

Gamy Moore
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5 Replies to “Foglie e paura”

  1. Sono d’accordo con te, cara Pinuccia.

    Il mostro riappare sempre, ma io mi sforzo di allontanare la sua immagine e sul suo volto incollo gli innumerevoli volti di chi mi vuole bene.

    L’umanità, per fortuna, è più ricca di persone che amano e non concepiscono la violenza.

    Grazie
    Paola (Gamy Moore)

  2. Chi ha subito violenza, di qualsiasi tipo rimane segnato per sempre.Come dice l’autrice del breve racconto.Il mostro appare sempre anche se con facce diverse.Però non tutti gli uomini e le donne sono uguali.C’è chi uccide e chi da la vita per salvare la vita degli altri.Chi è violentato nel corpo come nell’anima,chi fa il male.Ci sono uomini e donne che fanno piangere e c’è chi asciuga le lacrime degli altri.Nessuno deve vergognarsi di quello che è quando fa del bene.Perchè ognuno può scegliere e da questa scelta dipende e il male e il bene che ha voluto.

  3. Ci sono per fortuna tanti uomini mentalmente sani e privi di istinti brutali. Capaci di rispettare e infondere sicurezza.
    Io ne ho incontrati alcuni, e grazie a questi riesco a bilanciare le paure che altri mi hanno invece provocato.

    Qui ho raccontato solo la parte più eclatante, volutamente priva dei dettagli più spiacevoli, anche perché ho cercato di rimuovere negli anni questi eventi.

    Ma non sono solo ricordi del lontano passato, perché ancora nel presente situazioni del genere si ripropongono.
    E potete stare certi che nessuno se le va a cercare.

    Farsi massacrare di botte, e rischiare di morire, non fa piacere a nessuno. Almeno non a me.

    Grazie amici, aiuta sapere che uno non è del tutto solo.
    Gamy

  4. Ciao, a volte mi vergogno di essere un uomo, se penso a quella volta che mia sorella è tornata terrorizzata a casa perchè un esibizionista aveva cercato di molestarla. Oppure a quando nel cuore nella notte voci al telefono mi dicevano che era una troia, o quella volta in macchina con mia madre che un tizio con un macchinone ci ha seguiti per chilometri cercando di farci accostare. La prima sensazione è quella della paura e poi sale la rabbia, anche a me che non ero coinvolto direttamente, ma che ero piccolo e impotente. Non oso immaginare voi che cosa proviate. Senza a dover aggiungere tutte quelle persone che sostengono che quando una donna viene molestata è perchè se l’è cercata. Avete tutta la mia solidarietà e là fuori sono sempre vigile quando noto qualcosa di strano..

  5. Ho letto da qualche parte che quando il maschio supera il senso naturale di protezione che hanno gli animali nei confronti della femmina e della prole allora arriva ad aggredirli. Io spero che ci siano in giro più Uomini (e ne sono certa) che animali con istinti cancellati.
    In effetti davanti a questa piaga mi viene solo la parola “vigliaccheria”. E non appartiene all’Uomo, ma a chi nemmeno conosce il significato di questa parola.

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