Il graffio di Léon

Al pensiero di parlare di Léon mi si obnubila il cervello e mi assale una visione lacerante.
Sbrechi e squarci, ululi e zampilli… e vana ogni preghiera, alcol e garze.

Léon, Léon, e non è Brancaleon da Norcia… bensì l’ombroso e indecifrabile felino dell’amica DdP.

Ciò che rimane impresso di Léon, splendido esemplare norvegese, è l’indelebile impronta degli artigli, ovvero dei canini alla mannaro, dentro la morbida carne, scempio che puntuale si ripete allorquando mi avventuro nel loro antro.

Léon (non per nulla da me ribattezzato Diablo) è un batuffolo di circa 9 chili… tale lo stimò la bilancia digitale e l’occhio incuriosito dell’orco-macellaio che consegna loro la carne a domicilio. Vedendolo saltare come un matto sui divani ebbe ad osservare, piuttosto compiaciuto, che ‘quel coso’ equivaleva ad un numero cospicuo di fettine di magro e di costate…

Come che sia, un’altra volta, semmai, racconterò le mie vicissitudini a casa e a causa di Léon.

Quello di Besson, invece, è a confronto un ricordo vivido e assai meno doloroso, benché la materia non si adatti propriamente ai debolucci di interiora.

La pellicola tratta, come è noto, delle imprese – non scevre di talentuosità acrobatiche – di un killer prezzolato più italo che americano e di Matilda, una bambina, fresca orfana di strage, ai danni degli ignobili assassini con licenza di ammazzare (vale a dire i poliziotti della DEA, Dipartimento antidroga americano) che le hanno sterminato la famiglia.

Costoro, per svista imperdonabile, si lasciano sfuggire colei che li potrebbe smascherare.

Tutti faranno, non meno di Léon, una brutta fine, ma almeno la bambina sarà salva e si spalancherà per lei una nuova vita.

Léon ha le movenze e il volto (dolce, un po’ scimmione un po’ babbeo), di un indistruttibile Reno.

Fra i poliziotti spicca un ancor giovane e sempre convincente Gary Oldman, il paranoico ed intrippato Stanfield.

La ragazzina, precoce dodicenne, per molti versi smaliziata e adusa a vari tipi di angherie, ha i tratti acerbi e talentuosi di una futura star, Natalie Portman.

Ma ora voi vi chiederete: cos’è che tiene insieme i due Léon, il film d’azione, non privo di dolcezza e a tratti di poesia, ed il temibile felino dal mantello simile alla lince?

La stessa, identica modalità di intendere la vita, graffiare per difendersi, e ndo cojo cojo…

E lì non è Suspiria ma Profondo Rosso
almeno finché lui non molla l’osso
è certo, non son baci di passion
fan meno danni i killer di Léon!

httpv://www.youtube.com/watch?v=6kpTIgCEHzI

 

Avvertenza: Léon di Luc Besson ve lo consiglio; l’altro NOOOO!!!

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Léon, Francia-Usa, 1994, regia di Luc Besson

Gamy Moore
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