Reggersi sulle proprie gambe – L’isola degli sfigati

Ottima prova d’attore, nel ruolo di Chuck Noland, per Tom Hanks (già Premio Oscar per Philadelphia e Forrest Gump) che regge la scena praticamente da solo per quasi tutta la durata del film. Merito anche del regista, Robert Zemeckis, che ci ha da tempo abituati all’utilizzo di trame mai scontate e di effetti speciali di grande impatto spettacolare ed emotivo.

Intensa e convincente anche la breve apparizione di Helen Hunt (nel ruolo di Kelly Frears), presente anche quando assente grazie all’espediente della foto-ricordo.

La sceneggiatura è una calibrata alternanza di picchi di tensione (che raggiunge punte estreme nelle drammatiche scene della caduta e schianto dell’aereo nelle buie e fredde acque del Pacifico in tempesta, nonché nei disperati tentativi di Chuck di rimanere a galla e in vita, subito dopo l’impatto e una volta toccata la riva) e di tregue apparenti (preludio di nuove tempeste emotive).

A tratti struggente, senza mai scadere nel patetico, Cast Away racconta la dolorosa odissea di un tranquillo ragazzo di Memphis, vero emblema del tempo produttivo, catapultato all’improvviso in uno scenario apocalittico (una sperduta isola nell’oceano) e del suo ritorno alla vita, dopo incessanti peripezie.

Quattro anni di isolamento totale, di estraneità a tutto ciò che ha conosciuto fino a quel momento: benessere, cultura, affetti. Per certi versi ancora una lotta contro il tempo, da cui non può uscire vincitore, perché ciò che ha lasciato alle spalle continua incessantemente la sua trasformazione, al di là della sua capacità di controllo.

E tuttavia ne risulta rafforzata, attraverso questa incredibile esperienza di morte civile (in patria si dà per scontata, dopo settimane di inutili ricerche, la perdita di tutto l’equipaggio a bordo dell’aereo, quindi anche di Chuck), l’imprescindibile dimensione della socialità inerente all’umano, che prende i contorni di Wilson, un buffo volto impresso nell’orma di sangue lasciata su un pallone.

Wilson non è solo la buona o cattiva coscienza di Chuck, ma l’espressione di quel desiderio di condivisione e complicità di cui ogni uomo ha bisogno, specie in un contesto che ha dichiarato fin dal principio tutta la sua ostilità.

La natura qui non promette gioia, pacificazione, ritorno all’origine, è al contrario una madre cattiva da cui è necessario fuggire, perché ormai le sue leggi risultano distanti e incomprensibili al sentire civilizzato. Sicché è la speranza per Chuck, più che un istinto primordiale di sopravvivenza, a orientare la sfida per la riconquista di un mondo di affetti perduti, unico autentico valore, incrollabile certezza che non si affievolisce, a dispetto delle sorprese che ancora lo attendono.

Ulisse-Chuck non ha più una compagna ad aspettarlo, né può voltar le spalle al tempo (martellante, quasi ossessivo nella pellicola, il richiamo allo scorrere di ore e giorni – fil rouge della filmografia zemeckisiana – attraverso cronometri d’ogni tipo); e se una serie sfortunata di eventi l’ha sottratto al presente, il suo futuro sarà orientato, ora che se ne possono di nuovo ipotizzare i contorni, alla ricerca di una nuova fiamma che, col tempo ormai a favore, infonda in lui rinnovato calore e fiducia, come già successo in passato.

 

PS 1
Accidenti a Zemeckis!
Sempre avuto terrore di mari, fiumi, laghi.
Non bastava Steven Spielberg con Lo squalo, ci voleva pure il suo aereo che sprofonda nelle buie e fredde acque dell’oceano, e poi l’isola di Monuriki, sperduta e ostile…
Si può esser più crudeli?


PS 2
Propongo di far precipitare da un aereo in fiamme i concorrenti de L’isola dei famosi, e poi vedere chi si salva, in un mare in cui siano stati introdotti piranha in quantità. Al o ai superstiti invece dell’isola deserta si fa trovare un casting director che li obblighi a sostenere altre prove drammatiche con la supervisione di Dario Argento.
Che dite, non sarebbe più interessante?

Forse frequento troppo la mia amica DdP.

 

httpv://www.youtube.com/watch?v=PJvosb4UCLs

 

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Cast Away, Usa, 2000, regia di Robert Zemeckis

Gamy Moore
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