Una serata “ar dente”

 

Roma, mercoledì 3 agosto, ore 18.

La Lancia Y nero metallizzato è in garage, al chiuso, da molte ore. Doverosa premessa.

Temperatura esterna reale 34°-35°. Percepita… Meglio non saperlo. Però si cuoce. Sento infatti già odore di bruciato. Saranno i miei neuroni, quei pochi in circolo in questa maledetta estate più africana che italiana, che non accenna a dileguarsi. E come potrebbe, visto che siamo solo al 3, eh Paolè?

Scienziati fate qualcosa! Anticipate l’autunno, se potete.
Lo so, vaneggio. Ho chiesto invano ai santi di abolire il caldo torrido d’estate, ma evidentemente le mie rime non convincono. E Pietro e Paolo, beh, anche loro con ‘sto caldo saranno al mare. Troppe richieste tutte insieme, sai che stress pure loro?

 

Unica certezza, la meta prevista. Lenola (provincia di Latina). Tempo di percorrenza: solo un’ora e mezza, come andare in autobus da un capo all’altro di Roma, che sarà mai.

“Momento…” chiede affacciandosi timidamente uno dei neuroni più freschi perché nordici. “Ce la faremo con questa vecchia carriola?”

“Vecchia carriola lo dirai alla tua padrona, non a me” replica abbastanza seccata la carrozzeria, “che il motore tira ancora che è un piacere.”

Scusiiii!, penso fantozzianamente e strascicato. Meglio tacere, che col caldo pure le auto sono suscettibili. E magari ci lasciano a terra per dispetto. Però, sai com’è, l’età di un’auto si evince non solo dal libretto…

 

Abbozzo anch’io, dopo l’indomito neurone, una mezza perplessità verbale, avendo appena sentito dal guidatore che andrebbe usato il liquido refrigerante, poiché si accende troppo spesso la ventola.

“Comprato stamattina.”

Ascolto. E mi rincuoro.

“Manca l’imbuto”, sento poi aggiungere. “Per stavolta faremo senza.”

Mi deprimo, ma taccio per paura della carrozzeria. Ci arriveremo? penso di nascosto.

Rispolvero vecchi rimedi.

“A Pietro e Pa’, che ce la date un’occhiatina? Qui comincia l’avventura dei signor Bonaventura.”

E intanto la nave, pardon l’auto, va.

“E il percorso? Sappiamo almeno quale strada s’ha da fare?”

“Nessun problema”, sostiene il navigatore umano, “ho qui con me il fido consigliere Google. Raccordo più autostrada, poi vediamo.”

E se lo dice Google, chi sono io per smentirlo? Io poi, il navigatore online, sul cell, mica lo uso mai. Sono una vecchia carriola!

 

Va detto, a onor del vero: nessun problema all’avvio, tranne che di traffico. Ammazza se c’è traffico…
120 all’ora in autostrada, nonostante la triplice affluenza, come la chiamo io, e passa la paura. Vostra forse, perché la mia, non so perché, ricorda quella di quel papa che baciava la terra appena sceso dall’aeroplano.

 

Camion sfrecciano veloci fino a Ceprano (peccato, faceva rima e non è poesia) e pare che mezza Roma sia sempre e comunque in movimento sia in entrata che in uscita.
Era Ceprano o Ceccano? Come al solito mi confondo, perché oltre ad essere una vecchia carriola sono pure un po’ cecata, come diceva la Marchesini. Bei tempi quelli.

 

Supero, una dopo l’altra, le ansie che la sbarra del Telepass non si alzi nonostante il bip. Ma mi confida il navigatore umano che anche a lui viene il timore di andarci a sbattere contro. Allora non sono solo io a soffrire di queste paranoie. E mi ringalluzzisco.

Arrivati a un bivio le paranoie tornano ad affacciarsi. Perché non c’è neanche un’indicazione per Lenola? Leggo solo altri nomi.
Siamo sicuri che il navigatore Google abbia capito, o rischiamo di arrivare a un’altra Lenola, magari creola dalla bruna aureola?
Sì, lo so, quella era una canzone, ma trovare una rima più adatta a queste temperature mi riesce difficile.

 

E intanto di cartelli con su scritto Lenola non se ne parla.
Si arriva invece a una serie di strade, stradine e sterrati che ci spingono di colpo in una dimensione parallela. Dove siamo finiti? A me tutto paiono tranne che strade transitabili. I rami degli alberi si intrecciano in alto a formare cupole, sembra un continuo senso unico ma qui in teoria si circola a doppio senso. Però non si intravede un’auto manco a pagarla. Se ci si ferma qui la macchina siamo fritti. Già eravamo bruciati. Ci sarà campo in questa zona? Boh!

No, non ci posso credere, di lontano si scorge un’altra macchina. Allora non siamo sul set di un film distopico o dell’orrore. Tranne che magari non venga fuori da questi boschi un orso.

 

“L’orso non è possibile”, osserva saggiamente l’orso guidatore. Orso per carattere e abitudini.

“Ma i daini, magari sì, insomma guarda i cartelli! E pure le mucche.”

“Io mi preoccuperei più della caduta massi, hai visto l’indicazione?” aggiunge l’altro.

Guardo, e penso che più che massi, qui possono caderci i rami o addirittura gli alberi sulla testa.

 

Dopo una serie di tornanti e curve a cielo aperto, col sole che si prepara a tramontare, intravediamo la luce! Sembra palesarsi la meta del consigliere Google che, insomma, ci ha fatto avventurare fra i meandri – è il caso di dirlo – di una natura rigogliosa e solitaria, premiandoci alla fine.

Di fronte a noi si staglia finalmente il Parco Mondragon, nel cui Anfiteatro si svolgerà la prima di cinque serate dedicate all’Arte della parola e delle immagini: la 24ª edizione del Festival Internazionale Inventa un Film di Lenola, una vera e propria istituzione e tradizione per la città. E non si dica mai che la provincia è da meno della metropoli, perché qui le sezioni messe a concorso e la partecipazione da tutto il mondo nulla hanno da invidiare alle kermesse organizzate altrove.

E così, dopo una discreta scorpacciata di corti e premiazioni a tutto schermo, si passa alla Poesia, e ai prodi che come noi si sono cimentati con la penna, ma anche sulle strade interne che conducono in quel di Lenola. Esperienza non meno esaltante.

 

Fa ancora caldo alle ore 23, ma il venticello che a 24 gradi ci accarezza qui, nel cuore di una serata all’aria aperta, ha il sapore di una serenità, e normalità, che si credeva persa, dopo tante necessarie costrizioni. Ed è bello notare che oltre alla luce dei lampioni e delle stelle, la notte si riempie di flash volanti che pensavamo meri ricordi; anche se la Natura, in assenza degli umani, sa come riparare i guasti che le procuriamo.

La Natura è stata al centro di molte riflessioni e composizioni, nei corti come in Poesia. Così come il concetto di naturale, sovrastato oramai da ‘quel’ culturale che sta rendendo impossibile vivere felicemente atti e situazioni che dovrebbero accompagnare l’esistenza, tutta presa e chiusa nel suo egoismo, nella fabbricazione di inutili bisogni e automatismi, volti per lo più alla distruzione anziché alla conservazione, cura e valorizzazione, della vita (fisica e psichica) sulla Terra.

 

23,30. Peccato non potersi trattenere oltre, Roma è lontana e occorre riprendere la via di casa.
Data l’ora tarda, meglio non avventurarsi troppo e lasciare che a consigliare la via migliore sia un residente del posto. Messo a nanna Google navigatore, si imbocca la direttrice per Frosinone, che ci proietta nel mezzo di una Vallecorsa assonnata; di lì, fra un occhio che si chiude per il caldo e la stanchezza, Roma appare sempre più vicina, e pronta ad addormentarsi insieme a noi.

È stata una toccata e fuga, Lenola 2022, ma una piacevole scoperta, da approfondire. E chissà che il prossimo anno anche Google non ci rimetta lo zampino. 

 

PS

Dimenticavo… Al ritorno viaggiavamo con un infiltrato a bordo. La targa del Secondo Premio per una piccola poesia dal cuore ardente, non a caso intitolata S’io fossi foco.

Vi pare di averla già sentita in giro? Forse, perché senz’altro conoscete il Cecco.
Ma poiché di sicuro non vi è nota la mia, ve la propone YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=q_axc5SKbpc&t=18s

Come dite, preferite cercarla voi su Google?

 

 

Gamy Moore
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