Franti c’est moi?


Primi anni ’50, frequento le elementari a Benevento. Il mio compagno di banco S. B., detto “Bovolone”, è grande e grasso, con occhi bovini azzurro slavato, capelli biondicci stopposi, l’aria torpida e assente, è il primo della classe, anche perché è il nipote del sindaco e il figlio di un imprenditore edile che in quegli anni stava ricostruendo Benevento dai danni di guerra.

All’epoca si faceva anche il compito in classe di disegno: la mia tragedia, ero totalmente inetto e incapace.

Quella volta bisognava fare il disegno di un oggetto solido, non ricordo quale.

Bovolone oltre a essere il più ricco e il primo della classe, era anche un chiattillo inenarrabile e quando si faceva compito in classe, si metteva di traverso con il grasso braccio sul foglio per impedire che qualcuno copiasse.

Quella volta tentai di gettare più di una volta lo sguardo sul compito di Bovolone che prima mi diede una gomitata nel fianco, poi urlò a pieni polmoni: “Maestro!! ABBATE COPIA!”

Non rammento come finì. Ricordo solo che ebbi un brutto voto in Disegno.

Ma rammento cosa successe a Bovolone un po’ di tempo dopo.

Il nonno gli comprò una bicicletta da corsa come quella di Fausto Coppi.

Bovolone, ovviamente non avendo il fisico adatto, finì in un campo di granoturco, distrusse la bici e si ruppe entrambe le braccia.

Esiste la giustizia divina.

Ma oltre alla giustizia divina, la vendetta è un piatto che va mangiato freddo.

A quei tempi dopo la licenza elementare per frequentare la scuola media era necessario sostenere un esame di ammissione.

E Bovolone capitò, guarda caso, seduto nel banco vicino al mio.

Ricordo ancora il compito d’italiano: Parla del tuo personaggio preferito di Cuore di De Amicis.

Bovolone oltre al disegno, alle raccolte di figurine e a sfoggiare la nuova bicicletta, questa volta da passeggio e con le rotelline, non aveva interessi di studio. Ma doveva frequentare la scuola media, lo aspettava un destino di geometra nell’impresa di costruzioni di famiglia.

Cuore lo conoscevo bene, dopo la dettatura del tema inizio a scrivere di getto.

Bovolone al contrario rimase immobile a guardare il soffitto.

A quel tempo, inizi anni 50, non c’era ancora la televisione e leggevo tantissimo.

E tra i tanti libri anche la lettura edificante di Cuore.

Quei personaggi e quelle storie non è che mi convincessero molto: i buoni poveri erano sfigatissimi e facevano quasi sempre una brutta fine; i buoni ricchi invece erano generosi, disponibili ed altruisti. I cattivi invece erano sempre puniti per le loro cattiverie ed erano quasi sempre poveri.

Già allora mi resi conto che nella vita le cose non funzionavano come raccontava De Amicis.

Non mi rendevo conto se fossi povero o ricco. Ma mi rendevo conto che quelli ricchi – e ce n’erano tra i miei compagni che avevano più giocattoli di me, non erano per nulla altruisti.

Anzi il contrario.

Il tema lo feci come si aspettavano gli insegnanti, parlando bene di Garrone, un ripetente dalla testa grossa che invece di spaccare la faccia a quella testa di cazzo di Franti gli dava lezioni di morale.
In meno di un’ora finii il tema.

Intanto Bovolone continuava a guardare il soffitto senza scrivere nulla.

Quando capì che avevo finito, mi lanciò uno sguardo di disperazione e questa volta sottovoce: Abbate fammi copiare, ti regalo tutte le figurine che ti mancano nell’album dei calciatori.

Io generoso: “Non ti preoccupare, tutto gratis.”

E su un foglio bianco scrissi velocemente tutto quello che pensavo per davvero di Franti e di Garrone.

Sorridendo da infame, lo allungai a Bovolone che lo ricopiò in bella, senza neanche rendersi conto di ciò che stava scrivendo.

Per certi versi anticipai l’elogio dell’infame Franti di Umberto Eco.

Anche se stavolta l’infame fui io e il povero Bovolone ingoiò amo e lenza.

La commissione, come avevo previsto, apprezzò il mio elaborato.

Quello di Bovolone non ricevette il medesimo apprezzamento, si vede che nella commissione di esame non c’erano dei simil Umberto Eco.

Difatti quando uscirono i “quadri” in corrispondenza del suo nome c’era una scritta rossa: NON AMMESSO.

Dopo lo persi completamente di vista.

Qualche anno fa lessi di lui: “costruttore edile e politico di piccolo cabotaggio – e non è il caso di precisare di quale partito, condannato per corruzione, concussione, truffa a danno dello stato, e appropriazione indebita”.

E’ stato per diverso tempo ospite delle patrie galere, poi è stato affidato ai servizi sociali e chissà se ha ancora l’abitudine di urlare: “Maestro! Abbate COPIA!”

Ringrazio per l’editing Maria Laura Villani

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2 Replies to “Franti c’est moi?”

  1. Eh, come ti capisco! Facevo anche io parte della categoria dei poveri che non “dovevano” permettersi il lusso di andare alle medie!
    Ma il mio papà, operaio con una grande passione per i libri, voleva, per i figli che ne avessero voglia, un futuro sui libri.
    Io ero tra quelli. Non solo ho fatto le medie, ma anche le magistrali e l’università!
    Una “amica” col papà impiegato, appresa la notizia della mia iscrizione alluniversità, mi ha apostrofato:”Ma come, non puoi, tuo papà fa solo l’operaio!”
    Io gli studi li ho finiti, lei ha dirottato per un semplice corso di steno-dattilografia.

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