La saga di Hashimoto 13: La fine

La più attenta e profonda conoscitrice di Hashimoto poeta nipponico, meglio conosciuto come l’imperatore degli haiku, come ognuno ben sa, è la celeberrima Maria Juana Maroquin della Università di Medellin, che pubblicò anni or sono una validissima sintesi di tutta l’opera omnia hashimotiana dall’icastico titolo: “Haiku, tanka, katana e catene mas que cazz ve fumados”.

L’opera, ora finalmente tradotta in italiano, a cura dell’amico del cuore del maestro, il caro Giovanni Battista Quagliarulo, rappresenta la fonte principale di conoscenza dell’universo hashimotiano.

Tuttavia malgrado l’ampiezza e la completezza delle notizie biografiche, la Maroquin sugli ultimi giorni del poeta è insolitamente reticente.

A cagione di ciò si sono scatenate ipotesi e teorie, ma nessuna di esse è stata confermata da prove documentali.

Finalmente la Maroquin nella rivista Cannabis ha pubblicato un suo studio, dove ricostruisce con l’abituale lucidità e rigore accademico, anche grazie a documenti originali e testimonianze di prima mano, gli ultimi giorni della vita terrena di Hashimoto.

Un altro attento studioso come il Ludiwig Von Kazzemberg, professore emerito a Dresda, autore di un sapido volumetto dal titolo suggestivo: “Hashimoto s’è sciamuto” ha affrontato la questione.

Leggiamo alcuni brani di entrambi gli studiosi.

Col consueto impeto colombiano la Maroquin scrive: “La scomparsa di Hashimoto appare evidente che non sia da attribuire alla frequentazione del poeta con la vezzosa Tashodato, ma al vizio del gioco del nostro poeta e ad un calzone maltese. Chi sostiene il contrario, e cito alla ignominia degli esegeti hashimotiani il pessimo Gennaro Pastoriello ed il suo sodale in bagordi Von Kazzemberg, affermano incommensurabili cazzate. Il P. ed il VK (non meritano che io scriva i loro nomi per esteso) non comprende che queste sono accuse completamente demenziali e, d’altra parte, documenti così semplici, così probanti, così tranquillamente irrefutabili, costituiscono la storia vera ed in essi non v’è traccia alcuna sia di una liaison con la vezzosa Tashodato, sia dell’alcolismo”.

Più tranquillo, ma non meno deciso, Von Kazzemberg: “I filoni della pseudo-storia hanno l’unico scopo di offrire ad avidi lettori la loro razione di misteri e segreti anche se misteri non ve ne sono. La vita di Hashimoto è quanto di più semplice si possa considerare se si guarda oltre la censura del bigottismo imperante. I suoi versi parlano per lui. E’ di palmare evidenza che l’eccessivo consumo di sakè l’ha condotto alla demenza. Ed ora è ricoverato nella casa di cura dei Giaggioli&Nasturzi in fiore”.

Le testimonianze dirette e di prima mano ci fanno propendere per la ricostruzione di scuola colombiana.

Faccio copia ed incolla dell’abstract che racconta le ultime ore del maestro.

Hashimoto, dopo l’esperienza con la poesia napoletana e la sua visita alla discarica di Settecainate, per trovare ispirazione con i suoi cari gabbiani, è tornato al suo paesello nativo ed alle vecchie abitudini di sempre: sveglia alle otto del mattino, colazione con gambero rosso del golfo di Shan Kuan Atedhu accompagnato da un uovo di gabbiano cotto sette minuti e quindici secondi. Dopo colazione Hashimoto si reca al circolo “Asso di bastone”, per la solita partita a carte con Pashka Linh Meshapalla, Toth Onn Obujardo e Gejnnar Omb Rujon. Ovviamente, come sempre, il povero Hashimoto perde una cifra ingentissima e per recuperare scommette con i tre che andrà in America e vincerà il premio Oscar.

Ovviamente il primo problema è come arrivare in America: Hashimoto non ha neanche un euro, un dollaro o uno yen.

Insomma il nostro si puzza letteralmente di fame e quindi deve trovare una soluzione e farlo anche in fretta, i tre non sono tanto gentiluomini: o paga il debito o vince la scommessa.

In carenza i tre lo faranno diventare una geisha.

Meshapalla possiede una affilata katana che usa con grande abilità e maestria.

Egli, con un ben assestato colpo, è capace di tagliare mezzo testicolo al malcapitato, senza fargli versare neanche una goccia di sangue.

Da questo singolare talento ha tratto il suo nome.

Numerosi sono tagli operati ai suoi debitori riluttanti.

Meshapalla sorridendo usa dire: “Sono un buono, gliene lascio metà”.

Il nostro si reca al porto di Pzhuoli dove è alla fonda il mercantile Hispaniola, una caretta battente bandiera liberiana che trasporta monnezza napoletana al largo delle Key West che va ad inquinare, grazie ad alcune particolari correnti marine, le coste di quei maledetti comunist di Cuba.

Ecco come SB ha risolto il problema della monnezza napoletana.

Hashimoto, vantando le sue capacità gastronomiche, si offre come cuoco di bordo in cambio di un passaggio fino al porto di Miami.

Il comandante della caretta, Chiatto Maltese, nipote del più celebre Corto, somigliante in maniera inquietante a Giuliano Ferrara ed avido altrettanto, pur di risparmiare lo stipendio di un cuoco, assume Hashimoto.

Ed inizia il lungo viaggio.

Sono in mare da quasi due giorni e sono giunti al largo di Ustica.

Sulla verticale, come al solito, arei da caccia di varia nazionalità giocano al Top Gun, con missili di esercitazione.

Accade spesso, però, che qualcuno preso dalla furia agonistica della competizione, faccia partire un missile vero.

E qualcuno ci appizza la pelle.

Quella sera accadde l’irreparabile.

Ma stavolta gli eroici aviatori non ci azzeccano nulla.

Nessun aereo civile abbattuto e caduto “per danni strutturali”.

Sarebbe stato difficile e imbarazzante fornire decenti spiegazioni su questa singolare coincidenza.

Oltretutto i miglioramenti tecnologici rendono quasi impossibile che un areo si spezzi in due spontaneamente.

Quella sera fu l’ultima di Hashimoto.

Dalla partenza il maestro si è messo all’opera per realizzare la sua celeberrima Suppa ku seppu.

Un piatto apprezzato dai più raffinati gourmet ed inutilmente imitato da Gianfranco Vissani e Gualtiero Marchesi.

Per leggere la ricetta cliccare qui.

E’ giunta ora di cena e Hashimoto entra nel cassero ufficiali per servire la cena al comandante Chiatto Maltese.

Sul palmo della mano destra porta la shupiera, l’apposito contenitore metallico che viene usato per cucinare e servire la Suppa.

Con la sinistra impugna la Katana da seppu, per tagliare al momento dell’impiattamento della Suppa, i 7 tranci di seppu, secondo i rituali dei maestri gastronomi dell’Airone alla fiamma.

Proprio in quel momento imperversa una tempesta con mare forza 7.

Un’onda violenta investe di poppa l’Hispaniola.

La nave beccheggia parossisticamente.

Hashimoto perde l’equilibrio e il comandante Maltese è completamente ricoperto dall’untuoso brodo della Suppa.

La splendida divisa con bottoni dorati e il raffinato pantalone, taglia 62, in purissima vigogna, acquistato prima della partenza dalla esclusiva e particolare boutique “Querelle, tutto, ma proprio tutto per il marinaio”, sono irrimediabilmente rovinati.

E’ nota, in tutti i sette mari, l’iracondia di Chiatto che strappa la katana ad Hashimoto e lo fa a sushi.

Quella notte gli squali al largo di Ustica pasteggiarono alla giapponese, bella novità, abituati com’erano alla cucina marocchina fornita dai barconi.

Stavolta la morale della favola è: “Ci simme fatte male definitivamente cu ‘sta kazze ‘e katana!”

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