Il più duro dei duri

E quando, alla fine, legge la lettera da casa, ho pianto. Come sempre, anche se sarà la decima volta che lo rileggo.

Mi direte: “Ma gli uomini non piangono!”

Sentita. È probabilmente la frase che un maschio sente di più, da neonato fino a quando va a stare fuori di casa: “Gli uomini non piangono”.

Hai presente tutte quelle volte che ti viene il magone e vorresti lasciare le lacrime scendere? Tipo quando cadi all’asilo e ti sbucci il ginocchio o alle medie ti fregano la bici? O quando alle superiori quella a cui facevi il filo preferisce il tuo amico perché “Tu sei perfetto da amico e non ti voglio perdere” (mentre intanto la do all’altro) o poi, da grande, quando vai a votare e vedi chi propone il PD?

Tu, maschio, non puoi.

Le donne invece? Cataratte!

Vi chiedete come si formano i mari? Sono le lacrime salate delle donne, altro che sali trasportati dai fiumi!

Pensaci, vai al cinema con la tua fidanzata: la porti a vedere un film con il lieto fine? E lei piange perché le storie che finiscono bene la fanno sempre piangere. Un film con un finale drammatico? E piange perché i finali drammatici la fanno sempre piangere. L’ultimo cinepanettone di Vanzina e Co.? E lei piange perché capisce finalmente con che razza di essere sta perdendo il suo tempo.

Del resto hanno ragione a piangere. Eccome.

Le emozioni partono e le lacrime hanno la funzione della valvola sulla pentola a pressione: via il vapore in eccesso per evitare di scoppiare e creare danni a tutto tondo.

Perché noi maschi piangere niente: tutto a macerare dentro. Perché siamo più duri, più forti, più machi. Più coglioni, ecco cosa siamo!

Probabilmente è grazie al fatto che fin da piccole riescono a entrare meglio in contatto con le loro emozioni che le donne sono migliori dei maschi in moltissime cose. Sicuramente è per questo motivo che loro maturano molto prima di noi maschi. A dirla tutta, non sono nemmeno sicuro che i maschi riescano a maturare mai.

Fino a quando non succede: si rompono le saracinesche, e si aprono anche le tue di cateratte.

Improvvisamente ti commuovi per cose che fino al giorno prima ti lasciavano indifferente: un libro particolarmente struggente, una storia vera finita male, una storia vera finita bene.

Scatta qualcosa. Le difese si abbassano e le saracinesche che tenevano le lacrime sempre dietro, sempre dentro, cominciano a cedere.

Ti ritrovi più fragile, e allo stesso tempo più forte, con più voglia di affrontare la vita e meno voglia di buttar via tempo (e quanto ne buttiamo via comunque, quanto…).

Cosa permette di buttar giù quelle barriere? Può essere un avvenimento tragico, la perdita di qualcuno, un amico, un parente.

O un avvenimento molto bello, che poi è quello che è capitato a me: la nascita di mio figlio.

Certo conta il continuo ticchettare dell’orologio: ti rendi conto che certe cose non le potrai più fare e questo ti pesa, e non poco.

Piangi al primo giorno di scuola di tuo figlio perché capisci che è il primo, irripetibile. Che è iniziata una nuova fase nella sua vita, un nuovo percorso. E anche nella tua.

Piangi quando vedi Toy Story 3 perché capisci quello che Andy sta passando quando lascia i giocattoli: non è da una cosa che ti dividi, è da una parte di te, da una parte della tua vita.

E per quanto tu voglia, per quanto tu provi, quella parte della tua vita non tornerà più. Giustamente. Hai ancora tante cose davanti, tanto da fare, scoprire, cercare. Ma non ci puoi fare niente.

La tua difesa interna è saltata e tu non puoi fare a meno di ricordarti le partite a pallone nel campetto di periferia che erano infinitamente più divertenti di quelle partite che fai ora nel campetto coperto, a giocare a chi arriva prima a 10, e poi a 11 e poi a “Quando la mamma chiama, chi ha fatto più gol ha vinto”. O le domeniche in spiaggia, quando prendi la corriera e vai via con gli amici, da solo, le prime volte. Le gite scolastiche, gli esami, le cotte, le botte, le lacrime e i sorrisi.

Ogni volta che li ricorderai, sentirai salire quel groppo in gola e quell’umido agli occhi, e allora farai finta di sbadigliare per poterti asciugare gli occhi senza far capire a tutti quello che ti sta succedendo.

Così come io non riesco a trattenermi quando lui legge la sua ultima lettera da casa, quella che il padre ha lasciato nascosta nel castello, perché lui la trovasse alla fine del suo peregrinare. Perché tutti noi abbiamo qualcosa che vorremmo aver chiesto e che ora non sapremo più.

Lui è Paperon De’ Paperoni, il più duro dei duri, e sì: piango leggendo un fumetto Disney. Certo, non uno qualunque, ma “Lettera da Casa” di Don Rosa. E se non avete mai letto le storie di Don Rosa, prima di lasciarvi andare a facili commenti, fatevi una cultura.

Tanti parlano di “graphic novel” identificando quella serie di fumetti più elevata, più letteraria, il livello alto della parola disegnata. Certo, queste novels sono molto spesso dei capolavori ed è facile che commuovano fino alle lacrime per le storie sviluppate e trattate.

Ma riuscire a emozionare parlando di paperi, signori, questo è vero Genio.

 

Con Affetto

IK

 

 

 



Tre donne  mi fanno piangere ogni volta che puntano i miei errori: Elvira, Paola e Cristina.




httpv://www.youtube.com/watch?v=0ud-pdJh8S8&feature=related

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8 Replies to “Il più duro dei duri”

  1. Non credo che le donne siano migliori o peggiori degli uomini, sono diverse, tutto qui. Per quanto riguarda il tuo quesito….la risposta te la sei già data: “Perché noi maschi piangere niente: tutto a macerare dentro. Perché siamo più duri, più forti, più machi. Più coglioni, ecco cosa siamo!”

  2. molte lacrime le nascondiamo, oppure il nostro interruttore è solo più lontano e irraggiungibile. c’è da dire che siamo più disposti a piangere per gli altri che per noi stessi. Le donne un po ne approfittano…

  3. Grazie del commento Emilia. Se penso che questo articolo serviva per analizzare i maschi e sta analizzando le donne…

  4. Io credo che le donne non siano più mature,semplicemente,forse, maturano prima, e di conseguenza prima “marciscono”!E’ una presa di coscienza relativamente recente, maturata dall’analisi di numerose donne più grandi di me, più indipendenti, più tristi e forse anche più “rigide” di me…Si perchè io piango, lo faccio per sfogarmi, per esternare un’emozione che non voglio trattenere, piango di gioia, di rabbia…di delusione. Come diceva il grande poeta e scrittore Hesse: “«Le lacrime sono lo sciogliersi del ghiaccio dell’anima. E a chi piange, tutti gli angeli sono vicini.» Bell’articolo Paco! (Anch’io vado a colmare la lacuna sulla lettera).

  5. Grazie Carla e grazie Clessidra. C’è sempre la canzone di Vecchioni a ricordarci che alcune donne puntano a diventare “Sole come un uomo, stronze come un uomo”.

  6. Bello il tuo articolo, Juan. E purtroppo sono anche d’accordo con Maestra Carla. Noi donne dobbiamo trovare una nostra dimensione e il nostro posto nel mondo senza imitare nessuno, io del resto senza piangere non potrei proprio stare… 😉

  7. vado a riempire la mia lacuna (una tra le tante) letteraria.
    Per quanto riguarda la tua opinione che le donne siano migliori dei maschi in molte cose e che maturino prima di loro, mi sto accorgendo, col passare degli anni, che molte donne cominciano ad avere standard di maturazione molto bassi ed abbiano imparato dagli uomini a tenere dentro le emozioni per ottenere risultati concreti discutibili.
    Spero di non aver sollevato un vespaio.

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