Storia ufficiale delle librerie – Capitolo 3

Con l’avvento di una scrittura unica e riconosciuta da tutti, il mondo conobbe finalmente uno sviluppo straordinario. Un modo comune di comunicare permise la rapida diffusione della cultura e delle conoscenze di ogni popolo.

L’aumento della conoscenza permise anche di combinare nozioni diverse e giungere a scoperte fondamentali: un esempio su tutti è la ruota e il carro trainato dai buoi.

Come tutti sanno, la ruota fu inventata da Girolamo Ruota, ciabattino in quel di Corza: un giorno gli cadde per terra il Corzino (tipico formaggio della zona, stagionato 36 anni in cave di tufo sotto mucchi di letame). Questo cominciò a rotolare giù per la strada, sempre più veloce, fino al ciglio del burrone e oltre. Girolamo restò senza pasto ma fece una scoperta sensazionale: il Corzino andava stagionato su forme quadrate.

Comunque, il Girolamo descrisse la sua avventura su un libro (al tempo erano la novità e allora tutti volevano scriverne uno) e quando questo cominciò a circolare furono molti a provare a far rotolare le cose più strane: chi una sedia, chi un tavolo, chi la suocera. Si arrivò alla conclusione che rotolavano meglio le cose di forma rotonda, e in onore a Girolamo si decise che “un oggetto tondo di qualsivoglia diametro e spessore convenuto si chiamerà Ruota”. Il Copyright scade fra poco, a proposito: chi volesse proporre un nome diverso può farsi avanti.

Trovato il nome, ora bisognava trovare un applicazione per la ruota: molti pensarono bene di appenderle ai muri, disegnarci dei cerchi concentrici e tirarci contro delle piccole frecce, o “freccette”. Altri ci misero una base sotto e ne fecero dei meravigliosi tavoli rotondi.

Ma fu in quel di Funzik, a giorni di distanza da Corza che si scoprirono tutte le potenzialità della ruota, e questo grazie a Spunzik, un giovane fattore della regione.

Funzik era uno dei centri agricoli più attivi della zona, e disponeva di tutte le tecnologie più avanzate: zappe in ferro, rastrelli in erice e aratri trainati da buoi. Ma aveva una pecca: era distante dal mercato.

Per spostare le mercanzie invece si utilizzavano dei carri trainati da asini. Ma i carri non erano come quelli che conosciamo noi, erano più delle slitte: avevano insomma sotto dei grandi pattini e questo rendeva particolarmente difficile e duro il tiro da parte degli asini, tanto che i fattori dovevano sempre spingere gli stessi animali e arrivavano al mercato tanto sfiniti che non riuscivano mai a contrattare i migliori prezzi.

Spunzik era un giovane curioso e intelligente: contro il parere dei suoi si ostinava a leggere libri di tutti i tipi e aveva addirittura imparato a scrivere. Il padre guardava con diffidenza questa passione del figlio, lo avrebbe preferito come il cugino, tal Renzik che aveva rotto la clava con la testa e ora era consigliere (il metodo elettivo non era ancora cambiato dalla preistoria).

Comunque, Spunzik lesse un giorno il libro del Ruota e capì! Avrebbe utilizzato la ruota sui loro mezzi di trasporto e questo avrebbe sicuramente facilitato tutto. Così messosi d’impegno costruì prima le quattro ruote e poi le montò sotto l’asino. Tutti concordarono sul fatto che ora era più semplice spingere l’asino e che indubbiamente si trattava di un gran passo avanti. Il padre diede addirittura una clavata sulla spalla del figlio (segno di gran rispetto al tempo). Restò però a lungo nell’aria l’impressione che si potesse far meglio.

I tempi erano comunque pieni di eccitazione: eravamo al culmine della civilizzazione greca che presto sarebbe stata sostituita da quella romana.

Come detto, tutti volevano scrivere. Dappertutto. Fateci caso: ogni volta che c’è uno scavo archeologico saltano fuori tavolette, colonne, muri pieni di inscrizioni. Ora, ma ditemi voi che senso aveva scrivere tanto e poi sotterrarlo?

Si scrivevano libri di tutti i tipi: manuali di cucina, resoconti su guerre, racconti di viaggi, trattati di politica. Certo, a volte si esagerava. Un esempio? Gli spartani.

Voi dovete sapere che gli spartani erano pochi, molto pochi. Molto meno anche dei trecento raccontati nella famosa storia. Gli spartani in realtà erano 3: Telesio, Antiocchio e Gladia. I tre erano studenti presso Tesone, un filosofo minore, noto soprattutto per la teoria della Retzina (“La libertà sessuale di una donna dipende direttamente dalla quantità di Retzina ingurgitata”). Solevano (i tre) trovarsi a discutere delle teorie del loro mentore presso la taverna di “Ciccio Pan e Satziki”, dove i maschi ormai si erano indebitati fino al collo a furia di offrire Retzina a Gladi nella speranza di vedere quella famosa libertà sessuale di cui il Tesone parlava.

Per venir fuori dai guai e guadagnare un po’ di soldi i tre cominciarono a inventarsi storie di guerre e di combattimenti truci, sanguinolenti, barbari. Siccome non sapevano chi usare come nemici decisero di prendersela con Atene, null’altro perché era l’unica altra città che conoscessero (erano un pelino ignoranti in geografia).

Fu così che nacquero gli eroi spartani, le ideologie guerresche, i 300 e il grido “SPAAAAAAAAAAAAAAARTAAAAAAAA!!” e tutto il resto.

Ovviamente ad Atene non restarono con le mani in mano e alcuni seguaci del filosofo Tassone (nemico giurato di Tesone e redattore della filosofia della zucchina “Di notte, mentre dorme, metti in mano alla tua donna una zucchina lunga almeno una spanna: se non mostra sorpresa vuol dire che ti tradisce con Omongo dal Congo”).

Così cominciò la guerra tra Spartani e Ateniesi: da una parte gli spartani si spacciavano per terribili guerrieri, dall’altra gli ateniesi esaltavano tutta la loro cultura conoscenza.

Eppure, tra le righe, si può leggere la verità: quell’amicizia virile (e oltre…) decantata dagli spartani lasciava trasparire che la fuga di Gladia e Omongo aveva avvicinato non poco Telesio e Antiocchio; e  Ulisse che torna a casa giusto in tempo per sconfiggere i Proci sembra un avvertimento alle compagne ateniesi su certe frequentazioni non proprio segrete come esse speravano.

Come la tradizione ci insegna, il tutto si risolse con l’occupazione romana, allorquando i grandi poeti e scrittori greci scoprirono che i Romani erano grandi combattenti, appassionati di circo, amanti della buona tavola ma ignoranti come capre.

Fu allora che l’invasione romana subì una contro invasione alla rovescia: i Greci cominciarono a scrivere testi in latino, inventando storie inverosimili di amori e guerre dove i Romani facevano sempre una gran figura. Ben presto cominciarono ad aprire le prime librerie greche vicino al Colosseo, dove si organizzavano serate di lettura e combattimento (l’autore del libro meno apprezzato era gettato in pasto ai leoni).

I librai divennero presto personalità importantissime e rispettabili perché con le loro pubblicazioni non solo intrattenevano, ma educavano anche la gente.

I libri erano la televisione dei giorni nostri: un editore potente poteva muovere migliaia di persone, idee, voti. E su un piatto così importante non poteva certo mancare la religione, che si buttò a capofitto producendo nuovi e vecchi testamenti, profezie, leggi e divieti. La religione principale, detta Pio Dio (o PD) si era divisa quasi subito in tre tronconi principali, tutti con lo stesso Dio.

Comunque, il tutto era più o meno equamente diviso. Almeno fino a quando qualcuno capì quanto importante la questione poteva diventare, e allora decise di spingere sul bue (l’acceleratore, al tempo, non esisteva).

Ma di questo parleremo la prossima puntata.

Con affetto


IK

 


Ma che ve lo stò a dì? Grazie Elvira Alfonsi!


 

httpv://www.youtube.com/watch?v=nicNelT-Fno

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2 Replies to “Storia ufficiale delle librerie – Capitolo 3”

  1. Non sono storie strampalate anangrazia, è la vera storia ufficiale. Quella che studiamo di solito è strampalata!

    Continua a seguire che la prossima puntata promette rivelazioni eccezionali!

  2. Ma come ti verranno in mente queste storie buffe e strampalate…insonnia’? Aspetto il seguito.

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