A scoprire il mondo

Avete presente la legge sulla privacy? È quella legge che vi costringe a mettere qualche decina di firme su un formulario che dice più o meno: “Per tutelare la vostra privacy, vi chiediamo di firmare qui sotto per permetterci di usare i vostri dati personali per farne quel cavolo che vogliamo. Ovviamente potete rifiutarvi di autorizzare l’uso dei vostri dati, nel qual caso lasciate lì i documenti e accomodatevi alla porta, perché quello che volete, non ve lo diamo”.

È stato un grande passo avanti nella civiltà: prima della legge, i vostri dati venivano usati così come ora, ma senza chiedervelo.

Ora, io non so se la legge serva o meno, ma so chi l’ha inventata: un padre. Probabilmente 2 figli maschi. Tendo a pensare anche ad un appoggio esterno da parte dei produttori di penne a sfera, ma di questo non posso essere certo.

Da dove nascono le mie certezze? Io HO due figli. Maschi. E la vita mia e di mia moglie, da 6 anni a questa parte, è scandita dalle parole Perché? Come? Cosa?

Sto parlando con mia moglie in salotto della spesa da fare? Mio figlio dalla camera “Cosa dite?”

Sto leggendo le ultime notizie sul giornale? Arriva il più piccolo, si siede in braccio, punta il dito sul giornale, e dice “Tos’è quello?”. Ha ancora qualche problema con la C, lo so.

Sto guardando internet? Il grande legge e chiede: “Perché parlano di me?” Lui si chiama Dario, ed erano i giorni di Re Silvio e la corte di Palazzo Grazioli (con miss D’AdDARIO).

Sto leggendo un fumetto in bagno (non fate tanto gli scandalizzati, che il bagno è diventata la sala di lettura dei giorni nostri) e arrivano dentro a cercare qualsiasi cosa o a domandare le cose più impensabili.

Insomma, se avete figli, la vostra privacy è finita. Terminata. Scomparsa.

E cosa volete farci? È il percorso della vita. I bambini sono spugne, hanno quel qualcosa che noi abbiamo perso, o stiamo perdendo piano piano: la voglia di imparare, la capacità di assorbire nuove informazioni e il bisogno di riceverne sempre di nuove.

È questo che li spinge, mentre stanno passeggiando nel bosco, a raccogliere delle piccole palline rotonde lasciate lì da qualche lepre e a domandare curiosi: “Mamma, cosa sono queste?”

E ancora è curiosità il provare a infilare un uovo, intero, in bocca: è interessante capire se ci entra. Interessante anche aver visto cosa succede quando l’uovo parte sparato fuori dalla bocca e si spiaccica contro il pavimento. Meno interessante la reazione della mamma che aveva appena pulito il pavimento.

I bambini sperimentano di continuo, qualsiasi cosa: da nuovi salti giù dalla montagnola del parco scuola, a nuovi tuffi a bomba nella piscina piena di gente; dai nuovi aerei di carta costruiti sottobanco mentre la maestra spiega, ai nuovi rapporti di forza con i bulli da sconfiggere e le principesse da salvare.

Non c’è nulla che possiamo fare, come genitori, se non assecondare i loro esperimenti, cercare di spiegare sempre, sempre tutto quello che chiedono. È importante spiegare le cose, per evitare che cerchino di provare le cose più pericolose da soli, correndo rischi che non sono pronti ad affrontare.

La curiosità è un’arma a doppio taglio: è necessaria averla per imparare, per progredire. Senza la curiosità non ci sarebbero le invenzioni, le scoperte, la scienza.

D’altro canto la curiosità porta a provare sempre nuove sensazioni, nuove emozioni, nuove sfide sempre più difficili: saltare da una montagna con il paracadute in mano, nuotare con squali bianchi, provare droghe, ascoltare per intero la canzone di Emanuele Filiberto. Tutte cose potenzialmente pericolosissime, per il fisico (le prime) o per il cervello (le ultime).

Tutto questo è molto ben spiegato in un piccolo libricino che dovrebbe essere obbligatorio a scuola, un libro che attraverso lo schema della favola spiega molto bene le due facce della curiosità.

Il problema è: da che età si può leggere? Tenendo conto che io l’ho letto in età adulta e ora non riesco più a prenderlo in mano, direi il prima possibile, ma non prima dell’adolescenza (attorno ai tredici, quattordici anni).

Il libro di cui parlo, spero lo abbiate capito, è Il Piccolo Principe , e il motivo per cui non riesco più a prenderlo in mano è perché ho pianto troppo, una volta finito.

 

Con Affetto

 

IK

 

Giudizio di Il Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupéry, Bompiani, 2000: provate bimbi, sperimentate. Ma state distanti dalle vipere, per piacere.

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6 Replies to “A scoprire il mondo”

  1. Bello il tuo articolo.
    Sei partito dalla legge sulla privacy,per arrivare ai bambini.E,se ad infrangere la legge,sono loro,ben venga perchè possono riaccendere in noi la curiosità,il desiderio di sperimentare,la voglia di imparare cose nuove.Assecondare i bambini nella ricerca del nuovo,è fondamentale per la loro crescita e da stimolo per noi adulti.I bambini hanno cento e più linguaggi.Impariamo da loro.Io sono un'educatrice asili nido oltre che mamma e i bambini sono gli unici che riescono ancora a stupirmi.

    1. Grazie Antonella. Mi sono sempre domandato come fate, voi educatrici, a mantenere un minimo di lucidità dopo aver passato un'intera giornata con i bambini all'asilo.

      Scivimelo, sarebbe interessante pubblicarlo!

  2. Molto carino, è proprio così!!! Quando hai un figlio, devi conquistarti la privacy con le unghie e con i denti… I bimbi esigono un'attenzione continua e sono in grado di cogliere qualunque sfumatura dei nostri discorsi: inutile parlare in codice, non li freghi! E ascoltano attentamente la tua stentata e arzigogolata spiegazione sul "perchè quella signora ha la pancia" che si dilunga su semini e ovetti, per poi stroncarti con un semplice "ma no, è incinta, me l'ha detto Mario all'asilo !" .
    Riguardo al Piccolo Principe io credo , per esperienza diretta e poi di madre, che il libro usi un linguaggio un po' difficile per i bimbi piccoli, anche nel disegno. E' un libro che piace tanto ai grandi per le sue sofisticate metafore, ed è diventato un "cult", per ogni genitore colto. Comunque meglio quello che la TV!

  3. Ritratto splendido, vero; solo chi ha provato con i figli e li ha seguiti in questo modo può capire e ritrovarsi.
    Ho due figli, maschio e femmina, ma non cambia nulla. E' stato così. Al punto che, ad un ennesimo perchè del grande, non potendone più, ho sbottato :"E basta, perchè!" Lui, imperturbabile:" E perchè, basta perchè!?"
    Ho notato, però, che con la seconda le cose sono state più facili. Uno perchè(!) i genitori sono meno ansiosi e due perchè il più piccolo assorbe dal primo.
    Provate a rispondere alle domande del grande sull'apparato sessuale e sulle sue funzioni ( succede di solito in quinta).
    Il piccolo nella stessa stanza pare interessato a tutt'altro, ma ha le antenne ben ben dritte e voi prendete due piccioni con una fava.
    A me è successo così, con molti sudori!

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