Il nostro tragico universo


Uno sguardo tragicamente ironico sulla vita

di Sabrina Glorioso 

 
scarlett thomas

 

È un giorno come un altro, fuori piove, entro in libreria e mi dirigo al mio angolo prediletto (per la cronaca: tutto su fantasy, paranormal, e nulla che abbia a che fare con la grigia realtà), ma ecco che inciampo casualmente su un’autrice a me conosciuta, Scarlett Thomas, il titolo del suo romanzo m’intriga, e così mi immergo in un testo a tratti filosofico, esistenzialista, paradossale, tutto e il contrario di tutto. Parlare di un libro che sfugge a un genere predefinito non è sempre facile, così ne parlerò come di un viaggio, un viaggio letterario alla scoperta di tutto e di niente. La mia guida è Meg Carpenter, a volte mi è d’aiuto, altre d’intralcio, altre ancora la odio affettuosamente per quella sua immobilità fisica, mai intellettuale. Più volte nel corso della lettura avrei voluto urlarle: “Perché diavolo non lasci quel fallito di Christopher e quella maledetta casa umida che peggiora la tua asma? E perché non finisci quel romanzo che ti porti dietro da tutta la vita invece di ricominciare da capo ogni volta?”

Meg non è un oracolo, ma mi risponde a modo suo, lo scopro andando avanti nella lettura, convincendomi che non voglio essere come lei (forse un po’ lo sono?). Non possiede ricette per la felicità, né rimedi per curare i mali della gente comune, è abituata a subire la vita, e a guardarsi dal di fuori col microscopio, vivisezionando ogni azione, gesto o pensiero, ogni volta razionalizzando l’infinitesimale. Più di una volta mi picchia sui nervi, ma poi, a mente fredda, mi spinge a riflettere sulla vita e i suoi significati (sempre che ne abbia).

Le elucubrazioni di una trentottenne inglese di provincia hanno inizio quando si trova a recensire, più per caso che per sua scelta, un libro di pseudoscienza che vagheggia di un universo in cui tutti siamo immortali senza saperlo. Così La scienza dell’immortalità di questo fantomatico Kelsey Newman diventa il pretesto per una serie di riflessioni. Secondo lo studioso gli uomini sono condannati a vivere per sempre in questo che definisce Secondo Mondo, replica perfetta del primo, creato da un sofisticato sistema computerizzato alimentato dall’energia cosmica; quando l’universo collasserà, il Punto Omega, con la sua infinita energia, riporterà tutti in vita e creerà un paradiso perfetto in cui tutto è possibile, tranne morire. Da brava scettica, Meg non crede in niente che non sia accertabile scientificamente, eppure guardandosi intorno si rende conto che piccole magie si compiono nel quotidiano.

Possiamo affermare con assoluta convinzione che nella vita esistano delle certezze? O piuttosto la vita è un sistema instabile, imperfetto, fatto di variabili infinite che combinandosi tra loro danno luogo a ciò che chiamiamo esistenza? Leggendo mi rendo conto che il confine tra realtà e immaginazione è molto più labile di quanto si pensi, e l’universo oltre che assurdo e incomprensibile il più delle volte, è anche ironicamente tragico.

Dopo una serie di peripezie che coinvolgono i suoi amici più cari, e fortuite coincidenze che finalmente le danno un segno positivo, Meg arriva a questa conclusione: “Non voglio vivere in un universo con un significato prefissato, senza più mistero. L’universo dovrebbe essere insondabile. Voglio un universo tragico, non uno ordinato e ben fatto con una morale alla fine”.

Meg è eternamente incompiuta come il suo romanzo, come a nostro modo lo siamo tutti. E forse, ma solo forse, è meglio non avere certezze e pensare che tutto sia irripetibile, che vivere per sempre sarebbe una noia insopportabile.

Non so che cosa mi aspettassi esattamente da questo libro, ma più leggevo più mi rendevo conto che dentro c’era tutto il contrario di ciò che avrei voluto trovarci, eppure credo sia meglio così, restare sorpresi, quando si intraprende un viaggio, è sempre una felice scoperta.

 

 

Scarlett Thomas, Il nostro tragico universo, trad. it. di Carla De Caro, Newton Compton, 2011 

 

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