La “generazione” dei santi

di Cinzia Randazzo

 


Nel Dialogo con Trifone, di cui si è già avuto modo di parlare, un aspetto interessante riguarda il fatto che i santi non “generano per la maledizione” perché sono benedetti dal Signore, e con essi anche la loro discendenza. Sembrerebbe un controsenso che i santi non possano generare, invece la cosa si spiega facilmente.

L’espressione “generare per la maledizione” dà, infatti, adito alle seguenti interpretazioni:

1) La parola “maledizione” nel linguaggio veterotestamentario implica la condizione dell’allontanamento da Dio. Un esempio significativo è la maledizione di Caino – come quella di altri personaggi biblici – al quale la maledizione impedisce di vivere in sintonia non solo con Dio ma anche col suolo, dal quale egli trae i frutti per il suo sostentamento. Caino, benché maledetto da Dio insieme alla sua discendenza, genera materialmente, mentre Abele, il fratello ucciso da Caino, no. Egli non genera secondo la carne, perché è stato ucciso dal fratello, ma continua a generare nello spirito coloro che lo imitano, in quanto modello visibile della sua unione spirituale profonda con Dio. Non a caso Abele è annoverato tra coloro che furono graditi a Dio a motivo della sua fede e resta tuttora un’eccelsa figura di uomo capace di generare uomini valorosi nella fede.

2) In ordine al concetto di “generazione” occorre affermare che la discendenza di Caino non si sia prodotta secondo il beneplacito del Signore, ossia non sia avvenuta per onorare Dio, ma semplicemente per dare vita, dal punto di vista carnale, a una vera e propria discendenza.

Ignazio, nella sua Lettera a Policarpo, spiega che le nozze e, conseguentemente la generazione dei figli, debbano avvenire secondo il Signore e non secondo la concupiscenza. Si tratta qui più di un’ammonizione che di una realtà fattuale: egli esorta che la generazione materiale sia propagata secondo il Signore e non semplicemente per procreare, includendo nella procreazione un certo appagamento dell’istinto sessuale.

 

Col termine “generare”, sembrerebbe che Giustino voglia indicare che i santi nel millennio a venire generano per l’onore di Dio, ossia per compiere unicamente la sua volontà, e quindi non propagano una generazione materiale, bensì spirituale, dove l’elemento vincolante non è il produrre figli carnali ma il produrre figli che adempiano la volontà di Dio. E una tale generazione può avvenire solo in senso spirituale, non carnale, perché nella realtà concreta e quotidiana la generazione materiale, all’interno della vita di coppia, avviene principalmente per assicurarsi una vera e propria progenie, per i propri tornaconti di tipo patrimoniale, sociale, e via dicendo.

Posponendo la parola “maledizione” alla “generazione”, Giustino fa intuire a Trifone che chi è “generato per la maledizione” è colui che è generato lontano da Dio, nel senso che non vive spiritualmente unito al Padre, sebbene viva nella carne. Collegandoci, pertanto, con l’episodio di Caino e Abele, possiamo affermare che se Giustino dice che i santi non genereranno per la maledizione, ciò significa che, come Abele, i santi non generano in senso materiale perché sono uniti spiritualmente a Cristo, si prodigano e sono di esempio anche a coloro che vogliono intraprendere la strada della salvezza; cosicché coloro che imitano i santi nel regno millenario ne divengono a loro volta discendenti “spirituali”. Con ciò Giustino si pone in diretta sintonia con la concezione lucana della risurrezione della carne.

 

In relazione a tale episodio, Ignazio di Antiochia spiega agli Smirnesi che Cristo apparve con un corpo di carne, ma spiritualmente unito al Padre:

«Sono convinto e credo che dopo la risurrezione egli era nella carne. Quando andò da quelli che erano intorno a Pietro, disse: “Prendete, toccatemi e vedete che non sono un demone senza corpo” (Lc 24,39). E subito lo toccarono e credettero, al contatto della sua carne e del suo sangue. Per questo disprezzarono la morte e ne furono superiori. Dopo la risurrezione mangiò e bevve con loro come nella carne, sebbene spiritualmente unito al Padre».

Si può concludere pertanto che per Giustino la generazione dei santi non sia riferita tanto a quella materiale, ma a quella spirituale, dal momento che essi, benché vivano in un corpo, sono i discendenti spirituali di Cristo perché a Lui sono uniti sia spiritualmente sia materialmente.

 

 

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