Lady Constance Lloyd, L’importanza di chiamarsi Wilde

 

Recensione di Marco Candida

 

In Angloliguria Massimo Bacigalupo parla di scrittori e intellettuali vissuti per lunghi o brevi periodi in Liguria. L’elenco (43 nomi) annovera intellettuali notevoli quali Byron e Shelley (che ci lascia pure le penne, annegando nel Golfo di La Spezia), Pound ed Hemingway, e così via.

Non stupisce dunque la connessione tra Lady Constance Lloyd e la terra ligure. Interessante però questa figura di moglie di un omosessuale – cosa che fa di Oscar Wilde probabilmente un bisessuale, anche se, se uno si scopre omosessuale, probabilmente ciò annulla la sua precedente eterosessualità, ponendolo di fatto in una posizione di omosessualità pura; ma non è detto, bisogna rifletterci. Interessante perché Lady Constance pare assommare in sé alcune caratteristiche delle donne intellettuali del tempo. Ad esempio, la sua vicinanza a Wilde (due figli insieme può giustificare la parola vicinanza), la pone in una posizione particolare rispetto al tema della sessualità. Certo, non può definirsi bisessuale (bisessuale praticante, non alla Wilde) come Colette; ma essendo stata sposata a un uomo che si è dichiarato omosessuale e per la sua omosessualità è stato condannato, ella si trova in una posizione per così dire interlocutoria rispetto ai temi della sessualità.

Constance Lloyd non si schierò dalla parte del marito. Chiese di rinnegare i diritti parentali, e altro. Non ingaggiò una battaglia per i diritti degli omosessuali nella bigotta società vittoriana del tempo. Ma si trovò lo stesso in una posizione particolare rispetto alle tematiche legate alla sessualità. Poi, era impegnata in movimenti femministi, e qui vengono in mente Colette o Simone De Beauvoir. O Virginia Woolf. Anche Mary Shelley fu libertina, e la sua vita fu trafitta da continue perdite e tragedie. Insomma, tutto sommato, come scrittrice e giornalista, Constance Lloyd non fu nemmeno troppo radicale rispetto ad altre scrittrici… ma fu moglie di un autentico colosso quale Wilde. Anche Simone De Beauvoir stava con Jean Paul Sartre e Mary Shelley con Percy Shelley. Con una differenza, però. Mary Shelley pubblicò Frankenstein in forma anonima e con la prefazione di Percy Shelley – nome più spendibile, secondo gli editori. Dovette aspettare anni prima di vedere il suo nome sulla copertina del romanzo. Invece, Constance Lloyd, dopo la condanna del marito per omosessualità, chiese e ottenne la revoca di ogni diritto del padre sui figli. Ciò in parte mostra che se Mary Shelley dovette soccombere al maschilismo del tempo, Lady Constance, invece, riuscì a servirsi del maschilismo del tempo, avendo la meglio, in un certo qual modo, sullo strapotere del marito sulla moglie. Lady Constance ha fatto nero il maschietto del suo tempo: non una cosa da poco, in fin dei conti. Il maschilismo si arresta difronte all’omofobia. Come si fa a vincere il maschilismo imperante nella bigotta Inghilterra vittoriana? Servendosi dell’omofobia. Tramite l’omofobia, una donna poteva vedersi riconoscere diritti che di solito le venivano negati.

Se Madame Bovary fosse riuscita a dimostrare Charles Bovary omosessuale, probabilmente Flaubert non avrebbe subito alcuna censura. Se Anna Karenina fosse riuscita a dimostrare l’omosessualità del marito, la storia con il conte Vronsky sarebbe apparsa la sola soluzione plausibile. Dunque, il libro di Laura Guglielmi invita a varie riflessioni (e approfondimenti), anche grazie alla qualità di una scrittura vivace, scorrevole, che attiva facilmente l’interesse, intrigante. Altra notazione intrigante è che nel romanzo di Laura Guglielmi si racconta nel dettaglio un tratto della personalità di Wilde ossia il suo essere mondano e scialone. Wilde era uno spendaccione. Cosa interessante perché, benché il biopic sia di Lady Constance, alla fine, è l’ingombrante figura di Wilde ad allargarsi in modo allarmante rubando, imprevedibilmente, spazio alla moglie. Wilde sembra il protagonista vero del romanzo. È con lui, con questo tratto così umano della sua personalità che tendiamo a identificarci un po’ tutti. E sì, Lady Constance si batteva per i suoi diritti, e nella moda propugnava il diritto a vestirsi con spacchi vistosi… ma tutto ciò non può competere contro lo sperpero di denari operato da Oscar Wilde. Lì Wilde dà la zampata, molto più che con la faccenda tragica (e che oggi ci pare eccessiva, decisamente ridicola) della sua condanna per omosessualità. Lì fa la differenza. Un uomo che aveva fatto di sé un capolavoro assoluto. Un personaggio assai stratificato. Pieno di genio e pieno di umanità.

 

Laura Guglielmi, Lady Constance Lloyd, L’importanza di chiamarsi Wilde, Morellini Editore, 2021

    

Gamy Moore
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