Distanti colloqui

 

 racconto di Mauro Cristofani 

Tu – Non so se ci siamo mai incontrati. Forse è accaduto tempo fa, immagini un po’ cancellate e forme da ricostruire. Nella tua città ho insegnato, arrivavo di corsa e me ne andavo di corsa. Dopo la foto che m’hai inviato mi resta la sensazione di conoscerti, è l’espressione del viso che non mi sembra estranea. E poi sia tu che io siamo dei vagabondi che girano per le strade, non è difficile esserci sfiorati, magari senza guardarci, ignorandoci per distrazione o disinteresse nell’attesa che un destino pigro ci obbligasse finalmente a guardarci negli occhi dicendoci “ecco ho scelto voi due, approfittatene perché non ci sarà un replay”.

Io – Bella l’immagine dove sorridi. Quel sorriso io l’ho già visto da qualche parte, tu mi hai già sorriso così. Ho fame di sapere sempre più cose di te, le nostre email sono leggermente oblique ma in questa storia c’è un certo fascino avvolgente.

Tu – Ho il passo svelto e vado in giro con una borsa nera a tracolla. Se mi avessi incontrato alla stazione gli orari erano 14,30 oppure la sera verso le 20. In questo periodo abito da solo. I miei segreti sono quelli di pulcinella, ma tengo moltissimo alla riservatezza. Sono sempre tra le parole e la comunicazione. Dopo il lavoro tratto la mia vita con una protezione estrema, ricerco l’autenticità. Certe cose te le ho raccontate di getto, verità che non conosce nemmeno mio fratello e la tua indiscrezione sarebbe un tradimento che non potrei perdonare. Per il resto non metto condizioni, mi piace “altro” da me e non ho paura delle sorprese, mi ci nutro. Sono un finto estroverso e mi piace dare l’idea di custodire interessanti segreti, invece è solo pudore. Ho pochissimi amici selezionati che morirebbero per me e io per loro, è già successo e mi sono sentito più fortunato di un re.

Io – In questi giorni sto come il tempo, un po’ rannuvolato, non so bene perché ma per me è normale. Esco poco e rimando cose, non mi va di vedere gente. Ho qui tutto quello che mi serve, il mio tavolo da lavoro i miei dischi di vinile e i vecchi film in bianco e nero. Quando rispondo al telefono mi fa però piacere risentire la mia voce, pronto sono qui e sono vivo grazie ci vedremo all’inaugurazione della mostra alla lettura del nuovo libro alla performance musicale… e so che non farò il minimo sforzo per andarci. Devo scuotermi dall’apatia, mi prometto di uscire, più tardi vado fra la gente e sarà una scossa salutare.

Tu – Mi sento rinato, quasi non ho più tempo per pensare. Riempio d’azione la mia vita, finito il tempo in cui chiedevo consolazioni e imploravo consigli, faccio una dopo l’altra tutte le cose che mi piacciono recuperando i giorni persi, con la mente sempre impegnata a confondere intenzioni e sensazioni. Il bisogno di dormire accanto a una persona che mi osserva mentre dormo che mi prende le mani e poi le bacia sono immagini che rifiuto, come se mi obbligassi a farne a meno. Da un lato soffro come un cane bastonato e dall’altra mi sento più forte. Un’amica m’ha detto che sono diventato quasi bello e io ci voglio credere. Finora non m’ero mai piaciuto, mi sono sempre visto sbagliato e indegno, ah genitori maledette eredità che non si scelgono. Ma è vero che ho una luce in più, con te mi piace ammetterlo.

Io – Bello è quello che senti e come lo fai capire. Ci fa belli il sogno di tutti quelli che conoscono i dintorni dell’amore, più importanti, completi e rasserenanti dell’amore stesso. Io non ti riempirò mai di lacrime e parole, non ti userò per farti perdere il riflesso di questa bella luce. È un privilegio scriverti. Hai spezzato il cerchio che mi isolava impedendomi di ricevere il calore della vita, quello necessario a vivere con coraggio agguantando al volo l’ottimismo, quello che non fa sentire la solitudine fisica come uno spauracchio insopportabile. Vorrei incontrarti nell’estate che finisce quando tutto si dissolve e si rigenera, quando piangere è una cosa dolce che fa bene.

Tu – Grazie amico grazie di cuore. E la tua foto poi, e poi quelle mani… Mi vengono in mente le tue mani, perdona la sensuale franchezza. Mi piace pensare che le nostre email abbiano qualcosa di intrigante e mi piace dare forza all’intenzione di non perderti, così come sei e senza cambiare niente.

Io – Quella foto era un po’ di me, forse un biglietto di transito per la seduzione. Un passatempo che può diventare l’anticamera di piaceri sconosciuti, sapendo che il rischio è di restare troppo compresi in vacue emozioni. Il mio cuore avrebbe invece bisogno d’un giusto ammorbidente ma le tue foto “forti” non me le mandare, ho lo stomaco delicato.

Tu – Non ho paura di deluderti e nemmeno del contrario, ma se dovessi deluderti non penserei mai di perderti. Vorrei credere di poterci ridere su visto che ci siamo già presi la libertà di fraintenderci, e non è da tutti. Comunque prometto che a costo di non incontrarti mai non sciuperò le intenzioni preziose che ora ci scambiamo. Ho intuìto subito che eri una persona speciale e la cosa mi ha spinto a essere senza freni, anche con i freni bene in vista. Tu nell’isolamento totale, io nel collasso di troppa gente. Praticamente la stessa cosa.

Io – Ci stiamo condizionando l’un l’altro. È piacevole e allo stesso tempo mi preoccupa perché ho uno spirito molto indipendente, ma se immagino che tutto ciò possa interrompersi vedo davanti un vuoto. Vorrei trovarti, sentire vicino la tua fisicità, abbracciarti forte come tu fossi un altro me a cui non potrò che voler bene. E non importa il colore degli occhi o il numero delle scarpe che portiamo, ma essere quelli che si sono regalati l’anima. Rimandare un nostro incontro è mitizzarlo, caricarlo di un’attesa esagerata, col tempo procederà tutto per accumulo minacciando di soffocare la spontaneità dei gesti. Ma temo anche che trovandoci finisca la magìa fantasiosa e impalpabile che abbiamo creato così bene. Stai su col morale, mi fa male la tua malinconia e ti prego, facciamo sparire le ombre che ci dividono.

Tu – Tutto ora è chiaro sarai mio amico sempre, così come mi appari e forse come sei. Pensarlo mi fa star bene. La sento una cosa sana, che garantisce il rispetto a entrambi. Ora so che ci siamo incontrati nella nostra vita, ero là dietro la porta dischiusa tu hai bussato tante volte e io ti ho sempre aperto con le braccia tese. Mi piace pensarlo per dare forza all’intenzione di non perderti, così come siamo e come ci siamo scelti.


Si ringrazia Micaela Lazzari per l’editing

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