Uccidimi, baby!

– racconto di Mauro Cristofani –

 

“È come una brava bambina” disse Jimmy a Rolph Wütherich, meccanico suo assistente. “È una dolcissima ragazza” ripeté pigiando il piede sull’acceleratore. Il tachimetro segnò sessanta miglia all’ora, poi settanta… “Puoi chiederle quello che vuoi, è sempre ubbidiente” gridò Jimmy felice, ma il vento disperse il suono delle sue parole. Sembrava invasato, e Rolph ebbe paura. Ottanta, novanta miglia, ora la Porsche sfrecciava sull’asfalto e pareva un bolide d’argento diretto verso l’infinito. Era costata settemila dollari, e quel giorno per un intero pomeriggio aveva girato nei viali di Hollywood perché tutti la vedessero!

scanner035Novantacinque, cento miglia, oltre ogni limite consentito, ma Jimmy era troppo felice per curarsene. “Rolph senti come va la mia bambina!” il suo era il grido di vittoria d’un bambino incosciente inebriato dalla velocità, o forse solo una corsa consapevole verso la morte.

Mancavano sette miglia a Salinas, dove erano diretti per una gara automobilistica a cui Jimmy aveva voluto cocciutamente partecipare, anche contro il divieto imposto dalla Casa di produzione de Il gigante, il film che stava girando.

Erano le 17,59, all’improvviso apparve una macchina grigia che sfrecciò ma in direzione contraria… L’urto tremendo sbalzò Rolph sul ciglio della strada, ma Jimmy restò incastrato tra il sedile e il volante. Morì poco dopo. Aveva solo ventiquattro anni.

Da soli sedici mesi appariva sugli schermi ne La Valle dell’Eden e Gioventù bruciata, i produttori cinematografici lo valutavano milioni di dollari e due soli film erano bastati a dargli la gloria. Si chiamava James Dean, Jimmy per gli amici.

Da quel giorno, migliaia di lettere continuarono ad arrivare agli uffici della Warner Brothers e a casa dei parenti di Jimmy, e altrettante fotografie “autografate” venivano spedite ogni settimana agli ammiratori. La speculazione commerciale assunse aspetti colossali: un volume di foto intitolato James Dean’s Album venne venduto in ventiquattro ore in seicentomila copie; altre due pubblicazioni, Il vero James Dean e Leggete le sue parole dall’al di là furono vendute ognuna in un milione di copie. Nelle principali librerie degli Stati Uniti furono messi in vendita busti di bronzo e di gesso dell’attore, che le ragazze se lo mettevano in casa tra due ceri accesi. I ceri si davano gratis a chi comprava il busto.

La Porsche dell’incidente, debitamente restaurata, fu esposta sotto una tenda e sulla tenda fu attaccato questo cartello: “Vettura con la quale James Dean trovò la morte. Entrata 25 cents. Con altri 25 cents potete sedervi al volante e appoggiare la testa sul sedile contro il quale Jimmy si ruppe le vertebre cervicali. Con un terzo supplemento vi è consentito toccare le macchie di sangue”. Le quali col tempo andavano scolorendo e ogni tanto gli organizzatori erano costretti a ritoccarle con un po’ di vernice rossa.

Gli abiti dell’attore, ridotti a frammenti minutissimi, furono venduti a prezzi di borsa nera. Subito dopo la sua morte, i ladri si introdussero nel suo appartamento e rubarono persino i calzini, e ogni frammento fu venduto a suon di dollari.

scanner053Nelle colonne pubblicitarie dei giornali, gli spiritisti fecero pubblicare questo avviso: “Ci si congiunge ogni giorno con l’anima di James Dean”, e ad ogni seduta partecipavano almeno trenta persone. Quando il medium chiedeva: “Jimmy se ci sei batti un colpo!”, ogni presente cominciava a fare domande tipo “È vero che ti sei ucciso?”, “È vero che non amavi le donne?”, “Hai perdonato la Pierangeli che ti fatto tanto male?”, e via dicendo.

Fu fondato un Club delle Inconsolabili capeggiata dalla signorina Betty Burr. Questa lettera firmata da trecento ragazze, per fortuna giunse in mano alla Polizia: “Il 30 settembre, anniversario della morte di Jimmy, sceglieremo una scogliera isolata e, al volante dell’auto dei nostri genitori, ci getteremo in mare tutte insieme”. La pazzia fu sventata, ma strane cerimonie furono celebrate sulla strada dell’incidente e nel cimitero di Fairmount sulla tomba di James Dean, dove avvennero parecchi suicidi simbolici.

E pensare che l’attore, da vivo, non aveva avuto fortuna con le donne. Natalie Wood, sua partner in Gioventù bruciata, aveva preferito ridurre la loro relazione in un’amicizia platonica; Ursula Andress, una stella della Paramount, lo piantò per John Derek, il bello con le basette e Anna Maria Pierangeli lo lasciò alla vigilia delle nozze per mettersi col cantante Vic Damone.

Dean era stato un ragazzo soprattutto infelice, diviso fra pulsioni contrastanti: il piccolo Jimmy che era stato privato della mamma, morta quando lui aveva solo nove anni, perennemente alla ricerca dell’affetto del padre, che viveva lontano da lui, avrebbe sempre cercato questi affetti anche nel corso dei pochi, sfortunati – o semplicemente inconclusi – amori che la cronaca ufficiale gli attribuiva. Molti di quelli che lo conoscevano bene hanno affermato che Jimmy era gay, e che la macchina hollywoodiana ha ovviamente voluto e dovuto coprire l’incresciosa (soprattutto allora) questione, con flirt inventati e pensosi silenzi, costringendolo a una penosa vita di simulazione. La fragilità, l’aggrovigliamento emotivo, la struggente sensibilità della faccia di Dean sono la migliore argomentazione a favore di una sua profonda incertezza circa se stesso. I suoi sentimenti, il suo modo di sentire, e il mondo.

Così come Hollywood fece sparire la foto in cui si era fatto fotografare nudo, seduto su un ramo, con gli attributi virili in bella mostra, la macchina dello show-business badò a tenere accuratamente nascosta la sua ambiguità sessuale.

Jimmy era molto affezionato a Rolph Wütherich, il suo meccanico di fiducia che era un vero esperto di automobili da corsa; lo pagava bene e non si cimentava in una competizione senza di lui. Quel venerdì 30 settembre, mentre scanner038pranzavano al Farmer Market, gli confidò: “Ho dato via Marcus”. Marcus era il gatto siamese che gli aveva regalato Elizabeth Taylor, Jimmy gli era molto affezionato. “Povera bestia, mi voleva bene senza chiedermi nulla” aggiunse. “Ma con la vita che faccio, una sera potrei anche non tornare a casa”.

Alle due del pomeriggio si misero in viaggio. La giornata era luminosa, la strada sgombra. Alle cinque Jimmy e Rolph si fermarono a bere un caffè in un bar dell’autostrada. Nel bar c’era il figlio di Barbara Hutton, proprietario dell’aereo sui cui era morto, pochi mesi prima, il giovane attore Bob Francis. Parlarono, fra l’altro, di Carmen Miranda, che era morta poco tempo dopo Bob. “È un’annata tremenda” commentò Rolph. Jimmy fece una risatina: “Il terzo sarò io”.

Ripartirono, Jimmy aveva voglia di correre e pigiò subito sull’acceleratore. Due poliziotti li fermarono. “Corri meno, ragazzo!” disse uno a Jimmy, vivrai di più!”.

Ma Jimmy tornò a correre. “Vai vai mia brava bambina!” gridava ubriaco di gioia.

E alle 17,59 arrivarono a quell’incrocio fatale, fra la Highway 45 e la Highway 66. Vide l’auto grigia che gli veniva incontro, vicina sempre più vicina… E fu la fine. La sua brava bambina, stanca dei suoi comandi gli s’era improvvisamente ribellata, e con un ultimo capriccio lo aveva condotto alla morte.

 

Si ringrazia Micaela Lazzari per l’editing

Latest posts by (Collaborazione esterna) (see all)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *