Una brutta avventura

una brutta avventura gatto nero

La gita alla Torretta mi fece venire voglia di esplorare posti dove non ero mai stato e cominciai a spingermi lontano da casa. Qualche volta mi accompagnava ilgattoneroconmezzacoda, altre volte mi avventuravo da solo.

Un pomeriggio, un tardo pomeriggio poco prima di sera, odorai nell’aria l’arrivo di un temporale di primavera, ma ero troppo lontano da casa per sperare di arrivarci prima della grande acqua che viene dal cielo. Nel cielo che si scuriva, le luci dei lampi e i rombi dei tuoni si facevano sempre più vicini.

Poi l’acqua arrivò ed era tanta; in quel momento ero in una piazza abbastanza grande priva di ripari. C’era un grande edificio con una larga porta aperta e mi ficcai dentro correndo.

Arrivai nello slancio al centro di una grande sala che doveva occupare di sicuro quasi tutto lo spazio. C’era poca luce che veniva dalla porta e da alcune fiammelle fioche di candele.

Intorno a me in alto c’erano degli uomini grandi… enormi… come non ne avevo mai visti. Ma erano degli uomini strani che degli umani non avevano l’odore e che stavano tutti fermi in un modo non naturale.

L’unico odore che sentivo era un odore penetrante che non conoscevo e che veniva dal fondo dove qualcosa stava bruciando su tavolo con sottili spire di fumo.

La sorpresa di trovarmi in quel posto incredibile mi fece dimenticare la mia prudenza di gatto e restai al centro della grande sala senza cercarmi un riparo. L’odore che veniva dal fumo era molto penetrante e mi impedì di sentire un altro odore che si stava avvicinando e che conoscevo bene.

Una spaventosa figura nera si precipitò su di me agitando un lungo bastone che finiva in qualcosa che subito riconobbi essere una scopa, urlando fuoridiquibestiacciaaaaaaaaa.

La scopa mi colpì, facendo entrare il dolore nelle mie ossa e facendomi volare verso un lato della sala. Ero stordito e la figura nera urlante mi stava di nuovo assalendo.

Trovai, non so ancora adesso come, le forze per scappare di nuovo al centro della sala evitando di farmi chiudere in un angolo, poi inseguito da quella creatura spaventosa scorsi una piccola porta che si apriva su un lato della sala e mi precipitai là dentro. Riguadagnare l’uscita sarebbe stato molto meglio, ma il mostro nero mi chiudeva quella strada e non ero, in quel momento, in grado di pensare con lucidità una tattica per aggirarlo. Entrato di corsa in quella stanza, capii subito di non avere scampo.

La stanza era piccola, c’erano solo un armadio grande e un tavolo al centro e nessun posto dove nascondersi. Il maledetto umano dalla lunga veste nera mi fu subito dietro gridando nonmiscappipiùvediadessocosatifaccio e mi ritrovai dove non avrei mai dovuto essere: in un nudo angolo senza riparo.

Si farnetica delle sette vite dei gatti, in realtà noi gatti siamo ragionevolmente deboli. In questa mia lunga vita ho visto spesso morire in poche ore gattini che il giorno prima giocavano tranquilli. Ma forse questa leggenda deriva dal fatto che noi gatti in una situazione di pericolo, anche di un pericolo mortale, non ci diamo mai per vinti.

Ero in quell’angolo scuro, un piccolo gatto rosso di pochi mesi e di poco peso, il mio probabile assassino incombeva enorme su di me con la sua letale scopa che avrebbe presto frantumato le mie fragili ossa e mi escludeva, col suo corpo e la sua larga veste nera, lo spazio per scappare di lato.

Raccolsi tutte le mie forze e attaccai. Il mio grido di guerra: mieeeeuuuuuuuuu e gli saltai sulla spalla, mentre lui era chino verso di me per chiudermi ancora di più gli spazi per la fuga, affondando le unghie dove mi ero posato e con la zampa libera cercando e trovando il suo viso con le mie piccole e affilate lame.

Mentre quell’essere perfido urlava il suo ahiaaaiiiiii!!!!!, saltai per terra dietro di lui, correndo come non avevo mai corso, fuori da quella stanza e poi fuori da quel posto orrendo. Trovai a bagnare la mia riacquistata liberta un’acqua fredda e abbondante, ma non mi importava.

Corsi a casa e arrivai fradicio.

La baronessa… macosatièsuccessopiccolinomio… mi asciugò personalmente con uno scialle di lana. Ci vollero parecchi minuti perché trovassi la forza di smettere di tremare e di fare le mie riconoscenti fusa.

Adesso so che quel mostro orrendo era qualcosa di simile al buon don Ferdinando, che viene a bersi il bicchierino di rosolio, seduto nella poltrona accanto a quella dove io riposo nelle braccia della Baronessa. Il buon don Ferdinando che, ne sono sicuro, mai si sognerebbe di farmi del male.

E adesso so pure che esistono altri luoghi simili a quello dove ho vissuto la mia tremenda avventura e questi luoghi si chiamano chiese.

E, per quanto posso aver capito, in queste chiese ci abita qualcuno che nessuno ha mai visto e che tutti credono che esista.

Ecco, son queste contraddizioni che mi rendono certo che non sarà mai possibile capire del tutto gli esseri umani.

Ce lo vedete voi un gatto, anche il più stupido, credere che un altro gatto esista e che non solo nessuno l’abbia mai visto, ma non sia possibile vederlo mai?

 

 

 

 

 

 

 

Da LA VENDETTA opera inedita

 

 

www.giovannimerenda.it

http://giovannimerenda.blogspot.com/

 

 

 

 

 

 

 

 


Si ringrazia per l’editing Benedetta Volontè.

 

 

 

 

 

 

 

 

Latest posts by Giovanni Merenda (see all)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *