Approccio storico a Gesù

 

di Margherita Merone

 

Gesù storico

 

La questione del Gesù storico inizia nel periodo dell’Illuminismo, dal momento che nella chiesa antica non c’era alcun problema (il Gesù della storia era identificato con quello della fede, una tale differenza era inconcepibile). Per “Gesù storico” si intende l’intera storia di Gesù fino alla risurrezione e per “Cristo della fede” quanto avviene dalla risurrezione in poi. Fu importante a quel punto, se non necessaria, una ricostruzione sul Gesù storico, perché il Cristo professato come Signore, titolo post-pasquale, è Gesù di Nazareth.

Il periodo della ricerca sulla vita di Gesù, la Leben Iesu Forschung ebbe inizio nel 1700 proseguendo fino al 1988, con strascichi al presente. Tutto cominciò nel momento in cui Lessing, filosofo e scrittore tedesco, pubblicò nel 1774 il settimo frammento di uno scritto del filosofo illuminista Reimarus, dal titolo Il fine di Gesù e dei suoi discepoli. Con lui iniziò la prima ricerca sul Gesù storico, la Old Quest. Egli negava la divinità di Gesù, lo considerava un uomo ebreo che parlava del Regno di Dio, che comunicava una morale elevata ma che purtroppo alla fine visse la brutta esperienza della morte in croce. Affermava poi che i suoi discepoli con “un’astuta invenzione” avevano trafugato il corpo inventandosi la risurrezione. Per questo motivo, separò il Gesù della storia dal Cristo della fede.

La ricerca storica risentiva molto del razionalismo, delle “scienze della natura” e delle “scienze dello spirito”, della corrente del deismo inglese che parlava di un dio impersonale, architetto del mondo, piuttosto che un Dio personale. Così Cristo non era più visto come il Figlio di Dio entrato nella storia ma era considerato secondo il punto di vista della Teologia liberale del XIX secolo, per la quale il criterio della verità di un dogma non era la Scrittura ma la ragione, in tutte le sue più svariate manifestazioni. Pertanto tutto quello che nella Scrittura era impossibile comprendere, in base ai dettami della ragione, non era considerato vero ma puro mito. Non si parlava di una Rivelazione soprannaturale ma di una realizzazione dell’essenza umana. Gesù non era il Logos che si incarna ma un uomo che predicava una morale eccelsa, fortemente religioso, spirituale nel suo rapporto con l’Assoluto, che parlava di un Regno al di là della storia, di pace e di giustizia. Era anche visto come un eroe morale o un poeta della religione, secondo il modello romantico.

Alcuni dei principali esponenti della teologia liberale furono Strauss, Harnach, Kähler. Strauss, nella sua biografia di Gesù dava un’interpretazione mitica, considerava Cristo il prototipo dell’uomo ideale ed i suoi miracoli eventi naturali poco compresi e raccontati male. Harnach vedeva Gesù un uomo di grande elevatura morale che annunciava il Regno di Dio, un buon borghese e Kähler sosteneva che era impossibile una ricerca sulla vita di Gesù perché i vangeli non erano delle biografie neanche si potevano considerare testi storici, solamente testimonianze di fede. Per la teologia liberale i dogmi della chiesa non erano che il frutto di un processo di ellenizzazione del cristianesimo.

Fallita la prima ricerca ci fu un intermezzo in cui fu posta in luce una Teologia kerigmatica, dove il kerigma è l’annuncio della morte e risurrezione di Gesù Cristo, in cui non si guardava alla storia di Gesù quanto appunto al Cristo predicato dagli apostoli. Figura di rilievo fu Bultmann, teologo protestante, che sosteneva l’impossibilità di attingere al Gesù storico, dando consistenza all’evento solo nel kerigma.

La reazione al suo pensiero partì da uno dei suoi allievi più vicini, Käsemann, che diede il via alla seconda ricerca, la New Quest, con un ritorno al Gesù storico. Egli sosteneva che il Cristo predicato dopo Pasqua era in continuità col Gesù storico, perché senza un tale collegamento il cristianesimo si riduceva ad un mito astorico. C’è identità tra Gesù terreno e la sua predicazione e il Cristo della fede predicato dalla chiesa, pertanto non si può parlare né di mito, tantomeno di gnosi o di varie ideologie.

Non si fermò la ricerca anzi proseguì con la terza ricerca, la Third Quest in cui si diede un rilievo maggiore alla prospettiva storica piuttosto che a quella teologica. Gesù fu collocato nell’ambiente storico, economico, sociale e religioso in cui visse, in modo da realizzare una ricostruzione quanto più possibile approfondita sulla sua vita e sul suo ministero. Anche i miracoli, negati o demitizzati furono rivalutati dal punto di vista storico. Una figura rilevante è Sanders che fondò la sua ricerca sui fatti che considerava incontrovertibili e sui quali si poteva costruire un profilo storico su Gesù, come il battesimo, laimmagini di Gesù predicazione, la chiamata dei dodici, la crocifissione.

La modalità con cui affermiamo che un detto o un fatto della vita di Gesù è storico è dato dai criteri di storicità, fra i più importanti il criterio della molteplice attestazione in base al quale si ritengono autentici fatti o detti di Gesù confermati da più fonti, attestati quindi da più autori che non si conoscono tra loro, come le parole di Gesù nell’ultima cena e l’evento della crocifissione. Secondo il criterio della contraddizione o dell’imbarazzo è ritenuto storico ciò che poteva provocare imbarazzo in una comunità cristiana, rispetto a quella giudaica ed ellenistica, come il battesimo, che lasciava intendere che Gesù fosse un peccatore o quando mangiava con i pubblicani e i peccatori. C’è ancora il criterio della discontinuità, che si riferisce all’originalità degli atteggiamenti di Gesù proprio nella mancanza di una continuità con il giudaismo: un esempio è ancora il battesimo o la scelta degli apostoli, e anche il modo speciale in cui si rivolge al Padre. Segue il criterio della continuità che ci presenta Gesù inserito nella Palestina del suo tempo e ciò viene considerato criterio di storicità e il criterio della continuità nella discontinuità, in quanto Gesù era un uomo ebreo che frequentava la sinagoga, pregava Dio ma per alcuni suoi modi di agire non era in continuità con il giudaismo del tempo. Interessante è il criterio del rifiuto e dell’esecuzione in cui viene valutato l’atteggiamento di rifiuto dei suoi conterranei che lo condannarono e lo misero a morte. Pertanto si ritiene autentico il rifiuto di quanto Gesù disse e fece durante la predicazione, che lo portò ad essere processato e crocifisso. È certo che questi elencati sono solo dei criteri, una metodologia di studio, non si può dare loro una valenza oggettiva assoluta, ogni studioso propende per un criterio o per un altro.

La ricerca su Gesù non potrà mai finire, perché sapremo tutto di Gesù il Signore a tempo debito «adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia» (1Cor 13,12); adesso ogni nostra conoscenza è imperfetta ma un giorno conosceremo perfettamente!

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