Da Amleto a Riccardo

Amleto

Qualche mese fa ho pubblicato in questo sito l’inizio del mio nuovo romanzo, SENZA NOME.

Adesso quel mio lavoro è finito, ci ho messo poco più di 5 mesi a scriverlo, e sto per iniziarne uno nuovo, che si chiama DA AMLETO A RICCARDO.

Vi propongo la prefazione, al solito del tutto provvisoria.


Forse una prefazione


Certo cominciare un’opera dicendo che non so perché la sto scrivendo e non so se la finirò non è il massimo per uno scrittore.

E io sono uno scrittore. Ho scritto da sempre, anche se non era sicuro al principio che sarei riuscito a pubblicare qualche mia opera, dal momento che detestavo e detesto l’idea di pubblicare a mie spese, convincimento che rende necessario un editore che creda, per passione, rare volte, o per interesse, in quello che tu hai scritto.

Il mio primo romanzo è venuto tardi, venti anni fa, quando avevo già 48 anni. Ma da allora fino ad oggi, in questi venti anni, ne ho scritti sette più due raccolte di racconti. E fino ad adesso ne sono stati pubblicati tre.

Magari non sono molti i romanzi che ho scritto, specie tenendo conto che io scrivo solo romanzi brevi, ma non sono nemmeno pochi.

Ho scritto tardi il mio primo romanzo perché venivo da tanti presuntuosi tentativi abbandonati dopo poche pagine, che spero di aver distrutto… dovrei andare a cercare tra le mille mie carte… erano sempre storie vagamente autobiografiche che, seriamente, dovevano aiutare i miei lettori a capire il mondo. E da anni avevo smesso di provarci, forse dentro di me, sapevo già che non avrei mai scritto un romanzo.

Abitavo a Milazzo e ogni giorno viaggiavo per Messina per andare a lavorare. Una sera decisi di andare al cinema – da solo, la mia seconda moglie quando non lavorava e non litigava con me, dormiva – a vedere Il mistero Von Bulov con Jeremy Irons. Andare al cinema mi è sempre piaciuto.

E mentre vedevo sullo schermo una storia, seguendone pure la trama, dentro la mia testa prendevo appunti per un’altra storia che con il mistero Von Bulov non c’entrava niente. La mattina dopo preparai una scaletta e cominciai subito a scrivere.

E stavo scrivendo un giallo, idea che prima di allora non mi era mai venuta in mente. Andavo a lavorare di pomeriggio a quei tempi, così scrivevo di mattina, quando mio figlio di due anni, il mio, adorato ancora oggi, Aurelio, me lo permetteva giocando nel box oppure dormendo.

Finii di scrivere un anno e mezzo e due romanzi dopo. Romanzi con gli stessi personaggi principali, personaggi che erano, dopo solo una quindicina di pagine, diventati vivi e così i loro dialoghi se li scrivevano da soli. Da allora ho sempre scritto gialli o noir, negli ultimi tempi specialmente noir.

L’idea di scrivere questo romanzo mi è venuta ieri sera, un piovigginoso 17 ottobre 2010, vedendo Che tempo che fa, mentre Fabio Fazio intervistava Ilaria Cucchi che parlava della morte del suo povero fratello. Come al solito quello che stavo vedendo non c’entrava niente con quello che quel momento progettavo di scrivere, ma mi arrivavano idee mentre seguivo con attenzione l’intervista.

E dire che la situazione era la più imprevista perché mi venisse in mente una idea del genere. Stavolta mi era venuta l’idea di scrivere… ORRORE!… di un periodo della mia vita. E poi, pochi minuti prima, Fabio Fazio aveva intervistato uno scrittore americano che aveva detto che non sentiva la necessità di scrivere un’opera autobiografica, perché tanti frammenti della sua vita li aveva già sparsi nelle sue opere, cosa che del resto avevo sempre fatto pure io, e io ero d’accordo con quello scrittore americano… e lo sono ancora.

Per questo affermo onestamente, in questa, che forse è una prefazione, che, a differenza di quello che mi capita da venti anni, non sono sicuro che questa mia opera sarà finita. Anche se depone bene il fatto che la mia idea sia sopravvissuta alla notte. Spesso non succede. Le idee che mi vengono la sera non sempre mi sembrano così giustificate la mattina. È come quando mi facevo le canne. I pensieri profondi che annotavo la notte, la mattina li ritrovavo sotto la forma di banali minchiate.

Oddio, forse minchiate non lo dovevo mettere. È che ho appena finito di scrivere, in prima persona, la storia di un killer a pagamento e mi devo essere immedesimato nel personaggio. Del resto se vuoi scrivere in prima persona devi essere quel personaggio per buona parte del tuo tempo. E se pensate che sia difficile diventare un killer aspettate di sentire questa: nel mio romanzo precedente, sempre un noir, il primo scritto in prima persona… il primo scritto in prima… insomma suona un po’ male… nel mio romanzo precedente ero un gatto.

Ecco, prima ho usato l’avverbio onestamente e ora sto già imbrogliando col darvi l’idea che per me sia più difficile essere un gatto che un killer a pagamento.

Io ho una ventina di gatti, vivo con i gatti e spesso davanti alla televisione la sera tardi sono coperto dai gatti, sono un poco gatto pure io. Quindi, probabilmente, mi è stato più facile ragionare come un gatto che come un killer, anche se come killer… magari anche senza farmi pagare… qualcuno da ammazzare, se ci penso sopra, potrebbe venirmi in mente.

Comunque mi è venuta questa idea e come diceva anche lo scrittore di ieri sera, perché scegli quando scrivi di raccontare una storia piuttosto che un’altra è un mistero per l’autore stesso.

Io per esempio ho una storia da raccontare, la vita e la morte sul rogo, arso come stregone, di un mio omonimo, Giovanni Merenda detto Merendin. Mentre scrivo un nuovo lavoro so perfettamente che la prossima storia che scriverò sarà questa. Poi finito quel lavoro, arriva ad intrigarmi una storia non prevista e il povero Merendin, già sfortunato di suo, deve aspettare il suo turno.

Quindi stavolta niente gialli o noir, ma la storia di due anni e mezzo della mia vita. Quei due anni e mezzo in cui ho pensato… e forse lo penso ancora… se le cose fossero andate in un modo differente… che il mio avvenire era nel teatro, nel mettere in scena lavori teatrali.

Vorrei tornare ancora brevemente sull’onestamente di cui sopra. Probabilmente qualche cosa me la ricorderò male e qualche altra so già di essermela scordata. E qualche episodio magari lo cambierò leggermente, non raccontandolo come è successo, ma come avrebbe potuto succedere perché suona meglio. In fin dei conti sono uno scrittore non un cronista, o almeno quello che dovrebbe essere un cronista perché oggi… con i tempi che corrono – bella frase fatta! – i cronisti non sempre…

Ecco quello che vorrei dirvi è di non fidarvi troppo dell’onestamente.

Vi avviso pure che ho deciso di cambiare tutti i nomi, anche se i protagonisti di certo si riconosceranno. E io potrò sfacciatamente rinnegare, senza essere creduto, le somiglianze.

Che il dio degli agnostici me la mandi buona!


www.giovannimerenda.it
http://giovannimerenda.blogspot.com/


Si ringrazia per l’editing Benedetta Volontè




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2 Replies to “Da Amleto a Riccardo”

  1. Ciao.
    i miei primi due romanzi sono editi da Sellerio:
    IL SEGNALE 1999
    L’ESILIO 2001
    si possono ordinare in internet credo, se non sono esauriti, ma puoi chiedere anche al tuo libraio se riesce a farseli mandare.
    L’ultimo:
    IL RITORNO DEL DIAVOLO 2010 editore Scrittura&Scritture.
    Qua grandi problemi di distribuzione. Ma si trova in internet o telefonando all’editore che lo manda contrassegno 081/5449624.
    Dopo che li leggi scrivimi e dimmi che ne pensi.
    Un caro saluto.
    Giovanni Merenda

  2. sei davvero simpatico, mi hai incuriosito. Vorrei leggere qualcuno dei tuoi romanzi, li trovo in libreria? La Casa Editrice qual’è? (apettando Merendin).

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