Dal diario di un’olandese volante (N. 4 – Resistere oggi)

 di Endriu

Una mattina, mi son svegliato

O bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao

Una mattina, mi son svegliato

E ho trovato l’invasor 

25 aprile la Liberazione

 

Mi fa ancora male la schiena. Gli ubriaconi saranno abituati a dormire in tenda, sulla terra umida, ma io no. Mi sdraio sulla panchina rugginosa, così sento ancora di più il dolore, ma almeno il sole scalda. Ascolto il fruscio dell’erba alta alta. Seguo l’airone che attraversa un cielo indeciso. 

Siamo nella campagna emiliana, sono le sette di mattina ed è il 25 aprile di alcuni anni fa. Deve essere stato il 2006, l’anno dopo che ho conosciuto un’associazione politico-culturale e soprattutto culinaria che stava ristrutturando un vecchio essiccatoio di riso, in un paesino a metà strada tra Bologna e Ferrara. Vogliono farne una nuova Casa del Popolo, alla faccia di Rifondazione Comunista che li sbatté fuori dalla vecchia Casa del Popolo dall’altra parte del paese, anni fa, per venderla a un albergatore. Così hanno comprato questa enorme casa rossa, di quel rosso tipico delle vecchie case da contadini che ogni tanto si intravedono dalla A13, perse nella velocità e nel cambiamento dei nostri tempi moderni. Per pagare il mutuo hanno fatto una specie di festa dell’Unità, d’estate, ed è lì che ho conosciuto questa piccola comunità. Circa un anno dopo mi hanno convinto a passare la notte del 24 aprile in campeggio con loro, al vecchio Casolare Antifascista, sempre lì nella bassa bolognese. In realtà, il Casolare non c’è più: quattro anni fa i fascisti, si presume, gli hanno dato fuoco, nella notte del 24 aprile. Da lì è nata l’idea di fare una specie di presidio antifascista, alla vigilia del 25, che è poi diventata una serata di sballo piena di musica, birra e salsiccia ai ferri. Ma il vecchio Casolare non c’è più. È rimasta solo una piccola casetta per gli attrezzi, che ora è piena di fotografie di partigiani. Ci stava dietro un vecchietto, l’ultimo dei partigiani rimasto, che da quest’anno non c’è più. 

In giro c’è ancora tutta la robaccia della festa di ieri sera. Sento il puzzo del vino da poco con cui ci siamo ubriacati. Mimmo – una specie di caso sociale adottato dai volontari della Casa del Popolo – ha svegliato tutti, stamattina, con la sua tosse tossicomane e il chiasso delle cinghie e dei braccialetti da cane cattivo (è un metallaro). Sembra sempre che si regga in piedi un mostro preistorico! Poi un altro giro di tosse e la terra trema. Come se non bastasse arriva la Terry che comincia a cantare Bella Ciao, giusto per ricordarci che oggi è il 25 aprile. 

O partigiano, portami via

O bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao

O partigiano, portami via

Che mi sento di morir 

casone dei PartigianiDunque è il 25 aprile e siamo al Casolare dei Partigiani. Qui di notte viene la nebbia fitta e non è l’Italia solare degli opuscoli e delle pubblicità di Transavia ma è l’Italia dei contadini, dei partigiani, delle mondine, quelle di una volta che facevano le staffette, trasportando armi nei loro cestini, e quando venne fermata la Giannina, una mattina, disse – furba – che erano delle mele… “Ne vuole una?” Poi sorrise e meno male che il tedesco declinò. Fa impressione, soprattutto quando ci pensi che uno come Zucchetto neanche voleva portare una bottiglia di vino dentro l’Estragon, quella volta che ci suonò la Banda Bassotti: ‘E se mi beccano?! Sono fottuto! Col cazzo che la porto dentro quella bottiglia, vacci te, Nano!’. Ed eccolo lì, nella sua solita maglia a quadretti con camicetta bianca stirata dalla mamma e mi chiedo che cavolo ci fa tra tutti questi comunisti punkabbestia. Ma a questo punto dovrei porre la stessa domanda al Nano, con i suoi pantaloni kaki, la pulitissima camicetta azzurra con sopra un golf color marron, il suo berretto vintage, la erre moscia. Assomiglia un po’ a un mio amico gay, dal punto di vista del vestiario. Non mi scorderò mai quella volta davanti al Cassero, quando pensava di aver graffiato la macchina e noi tutti intorno a scrutarla, cioè Zucchetto nella sua maglia a quadretti, il Drogato con la mia felpa troppo piccola per cui si vedeva mezza schiena e un po’ il buco del culo, il Nano con quel berretto troppo troglodita che urlava ‘Nooo, non dirrhmi che ho grrhaffiato la macchina, porrrhco dio!’  E tutto ciò davanti al più noto locale gay di Bologna… 

Ormai è un po’ che non li frequento, ma all’epoca ero una new entry alla Casa del Popolo, e conformemente all’antica seppure attualissima tradizione italiana di esibire la propria virilità, i giovani stalloni dovevano portarmi a letto. Prima ci ha provato il Drogato, il bellone del gruppo e quindi destinato, per gerarchia naturale, ad attivare le sue doti da Casanova per primo. Purtroppo per lui, aveva un ego talmente gonfiato che, non avendogliela ancora data dopo tre uscite, ha perso interesse e ha interrotto tutto, senza una parola. Dopo mi sono resa conto che sarà stato per un suo senso inconscio di insicurezza, un suo terrore di non essere abbastanza maschio (a seconda dei parametri italiani, ovviamente) a provocare questa reazione… 

Don JohnsonPoi è toccato a Zucchetto, un ragazzo un po’ scosso, mi sa, dal punto di vista relazionale. Alto, magro e moro, con quegli occhiali alla Don Johnson potrebbe fare anche l’attore. Ma fa un po’ fatica a mantenere una relazione e in effetti, dopo che ci siamo baciati durante una festa alla Casa del Popolo, neanche ha risposto al messaggio che gli ho mandato il giorno dopo. Come se gli avessi chiesto di sposarmi… 

Quando questi due hanno rinunciato è arrivato il Nano, che è talmente sottile nel filare una donna che non mi sono nemmeno accorta di lui. Voglio dire, una volta si è autoinvitato a casa mia e mi ha mangiato tutte le cotolette che avevo preparato la mattina. Abbiamo parlato del più e del meno, poi mi ricordo che si è seduto sul mio letto – probabilmente un’implicita allusione a un suo desiderio di proseguire la serata in chiave sessuale che io non ho minimamente colto, in quel momento! È che non lo consideravo nemmeno come un potenziale corteggiatore… 

Ora io sarò un po’ tonta, o forse ho una visione troppo nordica della cosa, ma potrà una donna pensarci due volte prima di buttarsi a letto con uno, senza che questo debba darle della figa di legno, giusto per non perdere la sua autostima?! In più gli italiani hanno il mito dell’Olanda, che per loro vuol dire sostanzialmente tre cose: Amsterdam, fumo e donne bionde. Anche lì dunque sarò stata una grande delusione, non essendo bionda né avendo mai messo piede in un coffee shop (che sono pieni di stranieri e soprattutto di italiani, tra parentesi). Se i nostri eroi si sono offesi perché non gliel’ho data subito, chiudendo in seguito qualsiasi rapporto con me, beh, io non li rimpiango. 

Infine c’è stato il mio attuale compagno, l’ultimo della gerarchia che ci ha provato. Solo che lui non è maschilista, e non era interessato principalmente a portarmi a letto. La cosa ha funzionato, il che deve aver dato molto fastidio ai Don Giovanni nostrani.

E se io muoio da partigiano,
O bella ciao, bella ciao,
Bella ciao, ciao, ciao,
E se io muoio da partigiano,
Tu mi devi seppellir.
 

mongolfieraAlla fine la Terry ce l’ha fatta a svegliare tutti quelli che si erano trincerati nel sacco a pelo, dopo la malsana esplosione dei polmoni di Mimmo il metallaro. Tutti tranne il Nano che è già lì che sta piegando la sua tenda e contando i suoi cordini, bulloni, chiavi e altri attrezzi che vanno sistemati in un modo che solo lui sa – è un po’ psicopatico, il Nano. Ora bisogna smontare il palco e gli stand, e pulire il prato. Nel pomeriggio, quando la festa procede a pieno ritmo e il terreno è tutto stand, mostre didattiche e bambini con palloncini, e c’è pure una mongolfiera che va su e giù senza partire mai, mentre le nonne distribuiscono crescentine e i nonni salutano altri nonni, beh, a questo punto i compagni hanno fatto il loro lavoro e li ritrovo sdraiati nell’erba, a godersi il sole. È questo dunque il 25 aprile? Montare e smontare, avantindietro con pentole e panchine? Mangiare, bere, vomitare, provarci con qualche ragazza nuova? Tipo il Drogato che ha dovuto recuperare la sua autostima, dopo aver fallito con me, corteggiando altre ragazze conosciute durante altre feste o sparlando di me con i suoi amici. Zucchetto è sempre alla ricerca, chissà se mai riuscirà a trovare qualcuno che non lo spaventi. Il Nano, infine, è riuscito a trovare una ragazza che sopporta le sue pignolerie.  

Sul palco invece i sindaci inaugurano il nuovo Casolare del Partigiano, con lo zio che gira – perso – dietro di lui sul palco, e noi ci pisciamo addosso dal ridere perché è troppo forte, lo zio, chissà che cavolo sta cercando… Ma almeno lui la Resistenza l’ha fatta davvero, altro che il nostro sindaco che quest’anno – nel suo discorso commemorativo – ha parlato del 47° anniversario della Liberazione! 

La sera, infine, si mangia alla Casa del Popolo, tutti distrutti da emicranie, febbre e tosse, ma non importa perché è andata bene, il 25 aprile per quest’anno è finito. 

vecchi partigianiSono passati sei anni e sono cambiate parecchie cose. C’è sempre meno entusiasmo, il vecchio partigiano che stava dietro al Casolare è morto, come lo zio che – anche se non diceva mai un granché, con i suoi novanta e passa anni – ci manca. Al banco delle crescentine la gente litiga (‘C’ero prima io!’), ma forse hanno sempre litigato. Più che altro io non sono più l’olandese da conquistare, e insieme al mio compagno sono sempre più al margine di un gruppo che sta perdendo quel senso di resistenza che ha fatto nascere l’associazione, tanti anni fa. Una resistenza politica e culturale, che non si accontenta della ristrutturazione di una vecchia casa di campagna, a mo’ di rifugio dal mondo brutto e cattivo, ma che cerca di sensibilizzare la gente, di dare un segnale che un mondo – e un modo di vivere – diverso è possibile.

 

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