Ella Fitzgerald e la paura della morte

 morte

 

Frammenti dal mio diario di bordo in terraferma.

 

Nella campagna calabra a 5 km dallo Ionio, alle tre del pomeriggio, 38 gradi all’ombra… e l’ombra degli ulivi fortunatamente c’è… ascolto Rava-Sellani-Radio days, rimasti per pigrizia nel lettore CD portatile dopo aver contribuito a rendere magica la notte con una mezza luna di ieri…

Sono venuto per scrivere, ma naturalmente, soprattutto, leggo. Dopo aver apprezzato negli stessi posti l’anno scorso Martin Cruz Smith e il suo Lupo mangia cane (e l’ho pure scritto in un articolo sul giallo, qualcuno dei miei pochi lettori magari se ne ricorderà…) aspettando di procurarmi qualcosa di più recente di suo dal mio rivenditore di libri usati di fiducia, ho deciso di rileggermi (adoro rileggere, mi rassicura!) il suo Havana, così da poter dire ogni tanto a me stesso… solo a me stesso, qua Martin Cruz Smith non lo conosce nessuno… Cazzo, ma come è bravo a farti vivere i posti che descrive, la gente e l’atmosfera!…

Certo scrivere è prioritario, ma non tutti i momenti sono buoni… 38 gradi sono all right per un articolo per LetterMagazine, ma non è detto che lo siano per un romanzo, l’anno scorso, come quest’anno, ero nel primo terzo del mio romanzo quando son venuto qua e ho scritto delle pagine molto buone, ma c’erano dieci gradi in meno.

Perché scrivo? Qualche volta, nei momenti peggiori, me lo chiedo… e naturalmente tanti miei colleghi troverebbero blasfemo questo interrogativo… direbbero di sicuro scrivo perché non posso fare a meno di esprimere quello che sento… e fra questi colleghi ci sono anche quei pochi che con più sincerità dovrebbero dire… scrivo perché ormai mi son fatto un nome e qualsiasi minchiata io scriva venderà centinaia di migliaia di copie… e non parliamo poi di quelli che sono in classifica almeno quattro volte all’anno con un libro nuovo… io dubito fortemente che siano autori di tutte le loro minchiate/bestsellers… almeno, ai miei ritmi il tempo per scriverle non c’è… e poi bisogna anche tenere conto che vengono intervistati su tutto, dalla parmigiana di melanzane all’andropausa… un giorno sì e l’altro pure… ma no, non voglio essere così maligno… in realtà se lavori otto ore al giorno, senza che il cervello fonda, magari il tempo di scrivere tante minchiate milionarie lo trovi…

Perché scrivo? Sì, anche io scrivo perché non posso fare a meno di esprimere quello che sento… ma non è solo questo il motivo.

Ma qua per tentare di spiegare forse mi serve un preambolo.

Chissà come si fa a un fare un preambolo nella campagna calabrese vicino allo Ionio… proviamo a mettere un CD di Madaleine Peroux…

Io sono uno scrittore che scrive romanzi dal 1990. Scrivo abbastanza regolarmente di solito, ma se non ho l’idea giusta mi prendo delle pause anche di anni tra un romanzo e l’altro, sono stato anche quattro anni senza scrivere. Ultimamente sono diventato prolifico e ho scritto un romanzo all’anno. I miei romanzi, finora, non sono mai nati lunghi, ma scrivo lentamente con molta cura, ritornando spesso su i miei passi. Se quattro ore di lavoro (il mio massimo, oltre il mio povero cervello non ce la fa più) mi danno una paginetta, mi ritengo più che soddisfatto.

Gli articoli che scrivo, invece, mi prendono molto meno tempo, direi che sono uno scrittore abbastanza veloce e spesso ne scrivo uno a settimana.

Io sono uno scrittore che pubblica poco e vende poco.

Ma se devo credere ai miei pochi lettori quando mi scrivono o quando ne incontro uno, sono uno scrittore bravo. Quei pochi lettori mi dicono sempre del loro piacere a leggere le mie opere. Non molti critici si sono occupati di me, ma quei pochi sembrano condividere in pieno il giudizio dei miei lettori.

Scrivere un romanzo e scriverlo bene è molto, molto faticoso. Per tutto il tempo che lo scrivi, anche quando non sei impegnato a scriverlo, praticamente non pensi ad altro. La gente intorno ti parla e tu rispondi la cosa sbagliata perché in quel momento stai cercando di capire che cosa sta pensando un personaggio del tuo romanzo di quello che gli ha detto un altro personaggio due pagine prima. E la moglie si incazza… come, te lo avevo detto e mi hai detto sì! E sicuramente ha ragione, te lo ha detto veramente e tu le hai risposto pure sì, ma sicuramente non hai ascoltato una parola e quindi stai apprendendo adesso che questa sera devi andare a cena da gente che ti sta sulle palle.

Un romanzo è come un parto, solo che le doglie durano per tutta la gravidanza non arrivano solo alla fine.

Comunque motivi per scrivere ne ho tanti, ma ultimamente se ne è aggiunto uno nuovo.

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Mi sto avvicinando troppo velocemente ai 70 anni… gli anni passano veloci sono certi pomeriggi che non passano mai… e ormai da tempo non passa giorno senza che l’idea che la morte, la mia morte, è statisticamente più vicina, non mi venga in mente. Io lo so che la morte è un fatto naturale, ma il pensiero che stia arrivando non è che mi faccia tanto piacere. Sì, lo so, ho già avuto la mia vita e ho fatto tante cose, ma qualche altra cosa da fare mi resta pure. Io non credo a una vita dopo la morte, quindi per me la morte è la fine.

Ecco, per me scrivere, da un po’ di tempo, è anche la ricerca di una qualche forma d’immortalità. Mi spiego: quando io leggo, e quello che leggo mi piace veramente, mi sento in sintonia con chi ha scritto quelle pagine e quello scrittore per me è ancora vivo, visto che riesce a trasmettermi il suo pensiero e a stabilire un rapporto con me. Sì, è ancora vivo anche se magari è morto da 400 anni.

Ancora di più mi succede con la musica, se io ascolto Ella Fitzgerald cantare per me, non penso che abbia avuto una splendida voce, ma penso che ha una splendida voce. Non importa che da qualche parte in America ci sia una tomba con il suo nome, io ascolto la sua voce e lei sta cantando in quel momento per me.

E naturalmente mi succede con tanti altri, per esempio con Chet Baker quando suona e canta come lo splendido angelo eroinomane che è.

Io spero che tra 50 anni qualcuno, anche una singola persona, legga le mie pagine, le apprezzi e capisca che io le ho scritte per lui anche se, quando le ho create, lui non era ancora nato.

Se succederà, tra 50 anni io sarò ancora vivo.

Ho cominciato questo appunto di pomeriggio con Madaleine Peroux, ma ora che è notte, è la mia amica Ella Fitzgerald a tenermi compagnia.

Per i miei primi cinque romanzi (i primi 3 pubblicati, cercateli sul web se volete) la creazione è stata relativamente facile. Avevo i miei personaggi fissi, il mio commissario Luigi Martino con la sua passione per la musica e i suoi uomini, Di Blasi con le sue citazioni shakespeariane e il fidato Orlando, con la sua poca cultura, ma un sufficiente buonsenso, e queste mie creature dopo poche pagine del primo romanzo hanno preso vita propria e hanno cominciato a decidere loro cosa dire e cosa fare. Io spesso mi limitavo a scrivere quello che loro facevano e dicevano… consiglio importante per gli aspiranti scrittori: create personaggi plausibili e tutto sarà più facile, non cercate eroi del tipo io sono unico

Ma poi dopo il quinto romanzo e diversi racconti ho deciso che almeno per il momento, o forse per sempre, il mio commissario Martino andava accantonato. La sua ultima avventura non era inferiore alle altre, forse era pure la migliore, ed io ho deciso che aveva diritto a una uscita di scena dignitosa, prima che subentrasse l’abitudine e la mediocrità come succede per tante serie.

E qui sono cominciati i guai, perché ho cominciato a scrivere storie in prima persona e sto continuando tuttora.

Se racconti i fatti in prima persona non li puoi raccontare come li racconteresti tu, ma come li racconterebbe il tuo personaggio. Il che comporta che se il personaggio non ti assomiglia (molti ricorrono a un io narrante a propria immagine e somiglianza, ma secondo me così il gioco non vale) devi rinunziare al tuo stile e adeguarti a quello del tuo personaggio. Per intenderci, se narro la storia di un idraulico cinquantenne, scordatevi le citazioni e i pensieri molto elaborati, io devo raccontarvi i fatti come ve li racconterebbe il mio idraulico!

Per il mio primo romanzo con io narrante, un noir che si svolge nel dopoguerra in un paesino della Sicilia, con assassini e tradimenti, ho scelto come protagonista un gatto.
In realtà non è stato difficile mettermi al suo posto per narrare la storia, io vivo circondato da gatti e io stesso sono, in buona parte, un gatto.
È bastato privilegiare per circa un anno la mia natura gattesca rispetto a quella umana. Ne è venuto fuori un romanzo che potrebbe piacere sia agli studiosi dei gatti, svelo molti dei miei segreti, e nello stesso tempo un noir autentico col suo sangue e la sua suspense, adatto per gli amanti del genere. Naturalmente è ancora inedito.

Poi è arrivato il difficile, nel lavoro dopo ero un killer a pagamento, personaggio che non mi assomiglia molto, spero! Ho descritto tutta la sua vita dalla nascita alla morte e tenendo conto sempre di più delle sue esperienze, per un anno sono stato lui, ho pensato come lui, come avevo fatto per il gatto. Ma in quell’anno non ho ucciso nessuno perché la gente ignorava chi fossi e non ho ricevuto nessuna offerta in denaro.

I miei lettori abituali, quelli a cui sottopongo le mie opere prima della stesura definitiva mi dicono che ho scritto il mio romanzo migliore, speriamo che sia vero. Anche questo è inedito.

Anche adesso sto scrivendo in prima persona, ma stavolta sono un personaggio famoso che tutti conoscono, ma non vi dirò chi per non farmi fregare l’idea.

Ma a quanto sembra stavolta non mi sono limitato a pensare come lui. L’altra mattina, guardandomi allo specchio, mi è apparso il viso del mio personaggio. E non si capiva se io guardavo lui o lui guardava me… era difficile essere certi da quale parte dello specchio ci fosse il mondo reale…

 

 

 

 

 

 


Si ringrazia per l’editing Benedetta Volontè.

 

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2 Replies to “Ella Fitzgerald e la paura della morte”

  1. Anche io ho sempre pensato che la vera forma di immortalità sia l’arte. Per poter vivere eternamente non é sufficente, secondo me, essere ricordati o essere stati persone importanti. Per essere immortali, bisogna creare opere (testi, romanzi, canzoni, quadri, sculture) che, anche a distanza di anni, di decenni, di secoli, possano suscitare un sentimento, un emozione in chi legge, ascolta o osserva. Per me miles davis, battisti, michelangelo, leopardi, platone e vangogh non sono mai andati via, la loro anima, il loro pensiero, la loro essenza è nelle loro opere e rinasce ogni volta…

  2. Ok, continua a scrivere e quando avrai pubblicato informami. Anche se sono al confine e fra i monti prima o poi riesco ad avere i tuoi romanzi.
    P.S. sto aspettando che il mio libraio riceva “Il ritorno del diavolo”.
    Ciao a presto

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