Fino alla fine

 

di Andrea Colosimo

 Italia

L’Italia di chi si arrende, dei sacrifici e dei suicidi. Il paese dei vecchi con il futuro assicurato e dei giovani che non hanno manco un passato. Nessuno che parli per darci speranza, nessuno che ci incoraggi ad andare avanti per le nostre strade. Ho sentito esponenti della classe dirigente dire che il popolo italiano deve togliersi la fobia dei ricchi, che gli studenti devono fare qualunque cosa ed abbandonare i propri sogni. Bene, io mi aggiungo al coro di chi si ricorda ancora di sé stesso. Io, che credo ancora in qualcosa di cui io ed io solo sono la variabile indipendente. Io, che ho ancora la libertà di incazzarmi con me stesso, se non riesco a buttare su un foglio schizzi di inchiostro giovane quanto me. A diciannove anni mi chiedo se la voglia di urlare al mondo, a quest’Italia di merda, che c’è ancora chi crede nei propri progetti, sia frutto dell’incoscienza di un ragazzino che non sa come giri il mondo, o di una persona che ha le palle di farsi sputare in faccia da chiunque, prima di poter restituire con il silenzio beffardo di chi non si è fatto mettere in ginocchio dagli altri. Io scrivo e poco m’importa come. Se è l’unica cosa che mi fa venire voglia di esprimermi, se è il miglior modo che ho per rapportarmi con l’esterno, allora io continuerò a pregare che al posto delle mie mani compaiano un foglio ed una penna. Confiderò sempre nel mio sogno, a costo di farmi triturare da quello che mi sta intorno ed arrivare a firmare la prima pagina del mio primo libro col sangue.
Sono un signor nessuno e, da signor nessuno, porto con me la voce di altri signor nessuno.
Stefano, un mulatto dalla bocca larga e la passione per l’assenzio. L’indice usurato a furia di premere un tasto ed immortalare il mondo che gli ruota attorno. La messa a fuoco gli ribolle nelle vene, insieme alla rabbia di chi vuole farcela, di chi ci crede ancora. E se n’è strafottuto se nessuno l’ha mai considerato, se il suo blog è sempre rimasto a secco di visite. E com’era solo prima, forse per abitudine ormai, da solo è arrivato a vedere stampato su una rivista un suo scatto, proprio là, in bianco e nero.
Mattia, alto e biondo e spelacchiato. A vederlo, non si direbbe che ha le corde di una cetra d’angelo intrappolate in gola. Nessuno a credere in lui, forse la nonna e pochi altri. Chitarra in mano, centinaia di fogli A4 sparsi in terra, le lacrime rapprese sotto le palpebre. Ed eccolo a girare con COOLIE nei locali di Torino e provincia, a regalarsi a qualcuno di cui non conosce neanche le fattezze. COOLIE ha inciso.
Ho fatto due nomi, ma sono solo lettere messe in un ordine casuale. Quante combinazioni diverse avrei potuto usare? Quanti sono coloro che lottano ogni giorno? Quanti siamo? CI tagliano le ali, ci dicono cosa dobbiamo fare. In un’epoca all’insegna del “si deve”, “si dovrebbe”, “dobbiamo” e poi nessuno fa nulla. Noi siamo quelli che ci credono, quelli che convinti che questo cazzo di paese abbia bisogno di cultura e gente che sappia venderla, mangiando terra e non vendendo il culo. Uso anche io un “si deve”. Si deve sostenere chi ha un sogno ed ancora di più chi ha la forza di inseguirlo. Fino alla fine.

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One Reply to “Fino alla fine”

  1. Andrea, in questo paese NESSUNO (a parte i VERI ricchi) ha più un futuro assicurato. I vecchi che sono in pensione non sanno se la prenderanno ancora il prossimo anno, o se ne prenderanno metà, o niente. Quelli della mia età (55 anni) con la nuova riforma del lavoro potranno essere licenziati senza giusta causa, e vedrai nei prossimi due anni quanti di noi saranno espulsi dalle aziende e anche dallo Stato, per rimanere senza mezzi di sussistenza, perché l’età della pensione è stata spostata “a babbo morto”. Ah, a proposito di “babbi morti” non abbiamo nemmeno più i genitori a cui chiedere aiuto, se sono ancora vivi li dobbiamo badare.
    Con questo voglio dirti: BASTA FARSI LA GUERRA TRA POVERI. In questo paese di merda l’unica cosa che abbiamo assicurata è L’ASSENZA DI FUTURO, per i giovani, i meno giovani, i vecchi, i più vecchi. Ognuno può vedere a modo suo come affrontare la cosa, scappare all’estero, prendere in mano un fucile, aspettare la fine rassegnati, ma prendiamone atto, siamo tutti nella stessa scialuppa col fondo bucato. Siamo tutti nella stessa merda.

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