I quattro Vangeli


di Margherita Merone

 

evangelisti  

 

Il termine Vangelo ha origine dalla parola greca evangelion, in latino evangelium, e significa buona notizia. Questo lieto annuncio riguarda la vita e la predicazione di Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato. Ai tempi di Gesù il termine vangelo era utilizzato dagli imperatori romani per i loro proclami, ciò che dicevano era automaticamente considerato foriero di una notizia buona e di valore. Ma il vero Vangelo è quello di Gesù Cristo.

I Vangeli, scritti tra il 60 e il 100 d.C., che fanno parte del canone delle Sacre Scritture, ossia dell’elenco completo degli scritti sacri, sono quattro, quello di Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Il fatto di avere solo quattro vangeli si deve alla Tradizione Apostolica che ha portato la chiesa a giudicare che solamente questi dovessero far parte dell’elenco dei libri sacri. Questa Tradizione è la trasmissione di quanto gli Apostoli hanno ricevuto da Cristo, compiutasi con la predicazione, la testimonianza, il culto. Gli Apostoli hanno poi trasmesso ogni cosa ai loro successori, i Vescovi, e sarà così fino alla fine dei tempi.

Cosa sappiamo degli autori dei Vangeli? Marco all’inizio venne identificato come “quel ragazzo che aveva addosso soltanto un lenzuolo” (Mc 14,51), l’unico a seguire Gesù che era stato appena arrestato, gli altri erano fuggiti, lasciandolo solo. Discepolo di Pietro, accompagnò in un viaggio Paolo e Barnaba. Il suo è ritenuto il vangelo più antico, scritto all’incirca trent’anni dopo la morte di Gesù; ha un tono narrativo, ricco di particolari. I destinatari erano i cristiani di Roma.

Matteo, noto anche come Levi, di mestiere pubblicano, ossia esattore delle tasse, era un apostolo. Chiamato da Gesù, immediatamente lo seguì. Si capisce che il suo vangelo era diretto agli ebrei per via delle numerose citazioni dell’Antico Testamento. È ricco di parabole e grandi discorsi di Gesù.

Luca, discepolo di San Paolo, suo compagno in alcuni viaggi, è lo stesso scrittore degli Atti degli Apostoli. Il destinatario è un certo Teofilo del quale non si sa molto, a parte la traduzione del nome (=amico di Dio). Nato ad Antiochia di Siria, era un medico. Il suo vangelo ha al centro l’attività di Gesù a Gerusalemme, l’amore per i poveri, il riscatto degli uomini.

Giovanni è considerato l’Apostolo più vicino a Gesù, “quello che Gesù amava” (Gv 20,2), autore anche di tre Lettere Apostoliche e dell’Apocalisse. Il suo vangelo è diverso rispetto agli altri, ha pochi miracoli, meno parabole, non c’è l’istituzione dell’Eucaristia, né il Padre nostro o le beatitudini. Ci sono espressioni nuove per indicare Gesù, come, ad esempio, Verbo di Dio.

Spesso gli amici, quelli più curiosi, mi chiedono in che modo si sono formati i Vangeli. È il caso di considerare tre tappe, la prima riguarda la vita di Gesù e ciò che ha insegnato. Va precisato che Gesù non ha scritto nulla, ha parlato con autorità, ha scelto chi voleva accanto a sé, ovvero i dodici Apostoli. Sono loro che lo ascoltavano, non lasciavano cadere nessuna parola, imparavano a memoria quello che sentivano dal loro Maestro, abitudine comune del tempo; eraall'opera più facile spesso che metterlo per iscritto. Possiamo considerare come seconda tappa la tradizione orale, dal momento che gli Apostoli, dopo che il Signore ascese al cielo, trasmisero tutto quello che aveva detto e fatto, i gesti e le parole, illuminati dallo Spirito Santo. In definitiva non seguirono che il comando del Maestro: “Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19-20). Pertanto annunciavano ciò di cui erano stati testimoni durante la loro vita insieme a Gesù, vale a dire miracoli, parabole, racconti, gesti, specialmente a chi non lo aveva conosciuto, o al massimo ne aveva sentito parlare. Tutto questo col tempo ha assunto una forma letteraria precisa. E siamo quindi alla terza fase, quella scritta, a partire dal 60 fino al vangelo di Giovanni intorno al 100 d.C. Mettere tutto su carta fu un’esigenza delle prime comunità cristiane, in ordine alla liturgia, alla catechesi, all’attività missionaria, come annuncio ai non credenti, per la determinazione del comportamento morale dato che venivano a confrontarsi con stili di vita nonché culture diverse, e col tempo per difendersi dalle accuse ed eventuali fraintendimenti che giungevano sia da parte degli ebrei che dei pagani.

Dalla trasmissione manoscritta in greco, lingua popolare del tempo (60 d.C.), si passò alla traduzione in latino nel II-III sec. e dal 1516, con l’invenzione della stampa, a quella stampata. Si è passati dall’annuncio predicato al testo scritto. Fu San Giustino nel II sec. a scrivere in una sua opera che le memorie degli Apostoli erano chiamate Vangeli.

Spesso la domanda provocatoria si appunta sulla storicità dei Vangeli; c’è ancora chi pensa a racconti mitologici. Riportando con fedeltà le parole, i detti, le Gesùopere di Gesù, alla luce della sua morte e risurrezione non v’è alcun dubbio per non considerarli storici, ogni cosa provenendo da coloro che sono stati testimoni oculari, sotto la guida dello Spirito Santo.

Ma cosa insegnano i Vangeli? Le verità necessarie per la nostra salvezza. I quattro vangeli si completano a vicenda, mettendo in evidenza ognuno alcuni aspetti della vita di Gesù; proprio in quanto non identici sono storici. Gesù Cristo è il contenuto centrale, è colui che rivela il Padre, con le sue parole, i suoi gesti, i miracoli, la morte, la Risurrezione.

Spesso apro il Vangelo per studiarlo, altre volte solo per contemplare ogni frase detta da Gesù con la speranza di capire di più. A dire la verità ho sempre pensato che quanto ha detto è ragionevole, un tesoro prezioso da proteggere, da testimoniare, da mettere in pratica. La fede cristiana non è una religione del Libro ma della Parola di Dio, non è “una parola scritta e muta ma il Verbo incarnato e vivente” (S. Bernardo di Chiaravalle).      

 

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