Isole solitarie d’inciviltà

inciviltà

La settimana scorsa ho preso l’aereo e sono volato, motivi professionali, in Svizzera.

Quando ho scritto questi appunti, ero in volo, di ritorno verso casa.

In Svizzera ho impiegato molto poco a capire che questo paese funziona come se tutto fosse sincronizzato, come se ci fosse un meccanismo al suo interno dove ogni cosa, ogni persona, ne è un ingranaggio.

Questo meccanismo è il motore della Civiltà.

Ogni cittadino è parte del meccanismo e contribuisce al suo funzionamento. Non a caso ho usato la parola cittadino e non persona o, peggio, individuo.

Da noi in Italia, e maggiormente al Sud, non ci sono cittadini ma individui. Ognuno è chiuso nel suo microuniverso, dove risiedono le sue personali esigenze e tutto ciò che avviene a pochi metri di distanza, non lo riguarda più.

Questi individui concepiscono la cosa pubblica come qualcosa di basso valore poiché hanno la sensazione che essa sia qualcosa di gratuito e pertanto utilizzabile a piacere e senza rispetto. Come dire che la strada è la mia per il tempo che la percorro, dopo di che essa cessa di esistere e non mi riguarda se il mio cane la usa per i suoi bisogni corporei o io come pattumiera per le sigarette o le cartacce.

Individui in cui l’altro non esiste e se esiste allora è un potenziale nemico, oppure, nella migliore delle ipotesi, un competitore con il quale mi devo misurare.

Tuttavia mi sento di assolvere, almeno in parte, questi individui, li assolvo nella misura in cui lo Stato ha le sue colpe a non controllare, a non far rispettare le regole, anche quelle più semplici, quelle che, ingenuamente, ti fanno esclamare: «Va be’, ma che sarà mai?», «È solo questione di due minuti; giusto il tempo di comprare le sigarette!» e magari parcheggi in doppia fila oppure nel parcheggio riservato a un portatore di handicap; sempre che un finto portatore di handicap non ti abbia preceduto.

Tutto ciò è un pensare da individuo piuttosto che da cittadino. Crediamo che questa nostra azione sia qualcosa che riguarda solo noi: «Che sarà mai se in questa città di migliaia di automobilisti io mi fermo in doppia file per due minuti?» Purtroppo questo pensare individuale non è solo il nostro, ma è comune a migliaia di altre persone che, messe insieme, rendono invivibile e congestionato il traffico e l’intera città.

Ecco quindi che serve il controllo da parte delle autorità, in modo che se parcheggio cinque minuti in divieto di sosta e al ritorno trovo una bella multa, la prossima volta ci penso cinque minuti in più prima di commettere l’infrazione.

La civiltà va insegnata e a volte imposta; come da piccolo i nostri genitori c’insegnano le regole (almeno dovrebbero) da adulti abbiamo bisogno dello Stato. Probabilmente avere qualcuno che ci controlli è nella nostra natura, proprio per il fatto che fin da piccoli siamo abituati a sottostare a un tutore: prima il genitore, poi l’insegnante (magari!), quindi lo Stato nelle persone dei tutori dell’ordine.

Crescendo diventiamo adulti e ci illudiamo di poter decidere ciò che vogliamo senza preoccuparci degli altri, diventiamo isole che popolano un oceano sempre più piccolo e non ci accorgiamo che la nostra spiaggia confina con quella del nostro vicino e non possiamo disporne a nostro completo piacimento.

Ecco quindi che, se alla trasgressione non sopraggiunge la punizione, tendiamo a lasciarci andare e da cittadini degradiamo verso gli individui isolati che pensano solo a se stessi, andando a inceppare irrimediabilmente la macchina del vivere civile.

Nella civile Svizzera, ho parcheggiato nelle apposite strisce blu, due minuti dopo è arrivato un ausiliare del traffico che ha controllato che tutto fosse in ordine. Ciò vuol dire che a prescindere da quanto siano civili gli svizzeri, lo Stato controlla che tutti sia regolare. Sono convinto che se non ci fosse questo controllo nel giro di un paio d’anni la Svizzera diventerebbe caotica come l’Italia. Allo stesso modo sono sicuro che se s’investisse sul controllo, iniziando dalle cose più semplici: un semaforo rosso, un divieto di sosta, la guida senza casco, il grado medio del vivere civile aumenterebbe sensibilmente a vantaggio di tutti.

Sono le 9.50, l’aereo da Ginevra è partito alle 9.35 così come si legge sul biglietto. Quando sono partito da Napoli, l’aereo è decollato con 45 minuti di ritardo.

 

Massimo Petrucci
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