La cultura dalla tarda antichità all’età bizantina

 

di Margherita Merone

 

 monachesimo

 

L’argomento può sembrare alquanto noioso ma chi è incuriosito può attingere ad una ricca bibliografia. D’altra parte questo punto di osservazione non mi lascia inerte dato che spesso mi ritrovo a dover spiegare in sintesi queste cose.

Nell’arco di tempo che va dal III al VI secolo è interessante lo sviluppo della letteratura monastica, della poesia liturgica, della storiografia, dell’esegesi, fino a giungere in piena età bizantina.

Il monachesimo come rinuncia totale al mondo risale al III secolo e venne ad identificarsi con la scelta della vita eremitica nel deserto, una decisione difficile e responsabile, con molte difficoltà, dato che il monaco era colui che viveva da solo. Grande figura e modello di riferimento fu Antonio abate, considerato il fondatore del monachesimo cristiano, la cui storia è stata scritta dal discepolo Atanasio di Alessandria. Antonio proveniva dall’Egitto da una famiglia molto facoltosa ma un giorno distribuì tutti i suoi beni ai poveri e decise di ritirarsi a vita solitaria trascorrendo il tempo in povertà e preghiera. Tanti furono i cristiani che seguirono il suo esempio, mossi da un forte desiderio di ascesi e di profondo cammino spirituale ma c’erano anche altre ragioni che motivavano questa fuga, una protesta contro la società greco-romana, il desiderio di fuggire dalla violenza, dalle tasse, dall’ingiustizia. Si rifugiavano nel deserto ancheeremita briganti e disertori. Tradizionalmente si fa una distinzione tra il cenobitismo, la vita comunitaria in un ambiente determinato e l’eremitismo, che prevedeva invece una vita isolata e solitaria. Sia la vita cenobitica che eremitica destarono subito l’attenzione di alcuni scrittori che si dedicarono ad un nuovo genere letterario, comunemente definito col titolo di “Vite dei Santi”. Oltre a queste biografie sorse una nuova letteratura “Detti dei Padri del deserto”, ad opera dei monaci egiziani, che misero per iscritto la saggezza degli anacoreti, dei Padri appunto che vivevano isolati nel deserto. Non mancò la produzione di omelie, non come prediche fatte su di un testo sacro ad opera di un esponente ecclesiastico ma come trattati spirituali scritti da un asceta.

Si diffuse a partire dal IV secolo una produzione poetica destinata alla liturgia con l’intenzione di poter essere compresa da tutti, non solo dai colti, e per questo si cercava di utilizzare un sistema metrico che seguisse l’evoluzione della lingua parlata. Sia la lingua latina che greca si stavano evolvendo, a partire dagli ambienti popolari fino a diffondersi nelle classi colte, per quanto questa evoluzione fosse contrastata dall’insegnamento tradizionale. Si svilupparono preghiere cantate, dato che il canto stava acquisendo grande importanza e si scrissero varie forme di inni. Nell’innografia bizantina si parla di un periodo in cui si costituirono i tropari, inni brevi e preghiere, e di un altro periodo che raggiunse l’apogeo con la creazione del kontakion, che corrisponde più o meno ad un’omelia in versi. Molto famoso è l’Inno Akathistos (non da seduto) che veniva cantato dal popolo in piedi durante le funzioni religiose solenni. L’inno riporta alla memoria l’incarnazione di Cristo dall’annunciazione fino alla presentazione di Gesù al tempio; è un inno a Cristo e a Maria. La tradizione racconta che gli si diede il nome di Akathistos quando Costantinopoli fu assediata: il popolo cantò l’inno per tutta la notte, stando tutto il tempo in piedi e la città fu salvata dall’intervento di Maria.

Nel V secolo fu data grande attenzione alla storia della chiesa e tanti storici greci scrissero opere dal titolo “Storia della Chiesa”, imitando il grande storiografo Eusebio di Cesarea, con la differenza che dove Eusebio tenne in considerazione sia la chiesa d’oriente che d’occidente, gli storici greci rimasero più attenti all’oriente. Il mondo bizantino era saldo, le invasioni barbariche non lo avevano scosso più di tanto, così proponeva una storiografia trionfale che lasciava poco spazio alle tribolazioni che viveva l’area occidentale. Tutto era predisposto per le classi elitarie della società bizantina, infatti gli scrittori erano uomini colti, giuristi, legati alle grandi cariche ecclesiastiche e alla corte. Ma col tempo questo genere letterario perdette la sua fioritura e per più di un secolo non ci fu produzione di storia; in seguito si trasformò cambiando la sua struttura tradizionale.

scrittura Per quel che riguarda la produzione esegetica, dopo la grande esegesi al tempo delle eresie cristologiche, della scuola antiochena, di tipo letterale e alessandrina invece allegorica, ci fu un periodo in cui l’esegesi cristiana tese a ripiegarsi su se stessa, guardando agli autori del passato. Tanta produzione andò perduta ed è pertanto impossibile ricostruirla con sufficiente sicurezza. Nel passaggio dal V al VI secolo si evidenziò il carattere compilativo dell’esegesi, un nuovo genere letterario che voleva essere il più funzionale possibile, andava oltre i testi precedenti ma in senso negativo, dal momento che ogni commento esegetico si riduceva ad una compilazione. Si parla delle cosiddette “catene”, ossia una serie di commenti di pericopi diverse, brevi brani della Scrittura messi una accanto all’altro come a formare una catena.

Arrivati a questo punto ci troviamo al tempo dell’imperatore Giustiniano, nel periodo delle controversie cristologiche. Con lui siamo in piena età bizantina. Non si modificarono molto le coordinate culturali, si conservò l’antico e si attinse al nuovo che giungeva. La cultura in generale era sempre greca sebbene la stessa lingua greca fosse cambiata in relazione ai diversi problemi sia politici che sociali.

Al limite tra l’antichità e il medioevo, la cultura cristiana sarà vista da un altro punto di vista, perché la religione cristiana implica tutto ciò che ha a che fare con l’esperienza religiosa che si basa sulla fede, sulla conversione, su un nuovo modello di vita in contesti differenti, comportamenti che non possono essere ricondotti in modo esclusivo e solamente alla dimensione letteraria perché negli scritti cristiani si parla di Gesù, il Cristo, della sua dottrina, di Dio.

 

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