La forza della debolezza: San Paolo

 

di Margherita Merone

 

San Paolo 

 

In base ai dati che abbiamo dagli Atti degli Apostoli, Saulo, nome ebraico, nacque a Tarso, in Cilicia, nell’anno 8 d.C.; aveva anche un nome greco-romano, Paolo, studiò a Gerusalemme alla scuola di Gamaliele, famoso maestro della Legge. Apparteneva alla corrente religiosa dei farisei, disponeva della cittadinanza romana e praticava il mestiere di tessitore di tende. Si legge che dopo aver assistito alla lapidazione di Stefano approvandola, da fervente ebreo osservante della Legge iniziò a braccare quelli che credevano in Gesù Cristo.

Ma la vocazione sulla via di Damasco portò Paolo, che fino a quel momento aveva perseguitato la chiesa di Dio, a fare di Cristo il centro della sua vita, annunciandolo a tutti, in particolar modo ai pagani. Sconvolto dall’incontro con Cristo, “Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in Lui” (Fil 3,8), inizia a predicare il Vangelo, con la parola e la testimonianza della sua vita.

Dei ventisette scritti del Nuovo Testamento tredici portano il suo nome. Sette sono le sue lettere autentiche, chiamate “protopaoline”, la prima lettera ai Tessalonicesi, lo scritto cristiano più antico, la prima e la seconda lettera ai Corinzi, la lettera ai Filippesi, a Filemone, ai Galati, ai Romani. Le altre si attribuiscono a discepoli posteriori e sono chiamate pseudoepigrafiche o “deuteropaoline”, la lettera ai Colossesi, agli Efesini, la seconda lettera ai Tessalonicesi, e le tre lettere pastorali, due a Timoteo, una a Tito. Non si presenta mai nelle lettere col suo nome ebraico ma sempre come Paolo.

Paolo era convinto di agire secondo la volontà di Dio quando perseguitava i seguaci di un gruppo di giudei che credevano Gesù come “il Messia” e si vantava del suo zelo nel difendere la Legge e le tradizioni dei padri, infatti così si definiva: “Quanto alla Legge fariseo, quanto a zelo, persecutore della chiesa, quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile” (Fil 3,6). Incontrare Cristo sulla strada di Damasco gli cambiò la vita, facendolo rinascere, come si evince leggendo i tre racconti riportati negli Atti, dove viene descritta la luce in cui venne avvolto e nella quale sentì la voce di Cristo che gli chiedeva: “Saulo, perché mi perseguiti?”. Battezzato da Anania, fece vera conoscenza di Colui di cui aveva sicuramente sentito parlare dalla parte avversaria ma che solo da quel momento divenne il centro e il fine di tutto il suo apostolato.

Pur non facendo parte dei Dodici e senza aver ricevuto da loro il vangelo era stato chiamato all’apostolato e lui stesso si definisce apostolo, direttamente perSan Paolo grazia di Dio. Avviene un totale cambiamento di prospettiva, una svolta nella scala dei valori; il fondamento base della sua nuova esistenza non è la Legge ma Cristo crocifisso e risorto e unica condizione è la fede, dono di Dio. Come si sentiva? “Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).

L’annuncio cristiano si faceva strada tra i pagani. Gli Atti mostrano come dopo la morte di Stefano, a Gerusalemme tutti quelli di cultura ellenistica che credevano in Cristo venissero perseguitati senza pietà. Molti cominciarono a fuggire nelle regioni vicine spingendosi fino a Cipro, alla Fenicia, ad Antiochia, dove si iniziò ad usare il termine “cristiani” per indicare i credenti in Gesù Cristo. E Paolo, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio, che riguarda suo Figlio Gesù Cristo, inizia l’opera fondando comunità, predicando tra i gentili, “La parola della Croce”, Cristo crocifisso, “scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani ma per coloro che sono chiamati sia giudei che greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio” (1Cor 1,23-24).  

La missione di Paolo si può suddividere in quattro viaggi l’ultimo dei quali è quello che lo porterà a Roma dove troverà la morte. Passò da Antiochia a Cipro, spingendosi fino a Perge, Antiochia Di Pisidia, Listra, Derbe, non mancò di attraversare la Siria e la Cilicia, la Frigia, la Galazia. Arrivò in Macedonia, a Filippi, a Tessalonica, ad Atene. Stette più di un anno e mezzo a Corinto e due anni ad Efeso. Non fu una vita facile, fra imprevisti, aggressioni, mortificazioni. Sempre di corsa, instancabile, retto da una forza che non era la sua.

C’era chi si opponeva con violenza alle sue parole, generalmente i giudei e chi, come i pagani, le accoglievano con gioia e le diffondevano. Senza dubbio fu un’attività apostolica molto intensa, Paolo non doveva avere molto tempo per sé. Non lasciava mai le comunità che si stavano formando senza essere certo che la fede fosse forte e si preoccupava di lasciare sul posto qualcuno dei suoi compagni di missione, oppure istruiva alcuni della comunità scelti da lui come collaboratori. Utilizzava poi le lettere per tenersi costantemente in contatto con le comunità e intervenire in caso di problemi.

Il suo progetto missionario era far conoscere Cristo dove non era stato ancora annunciato, era una necessità che gli si imponeva e così si esprimeva: “Se lo faccio di mia iniziativa ho diritto alla ricompensa ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato” (1Cor 9,17).

Accusato da alcuni giudei si salvò grazie all’intervento della guardia romana. Fu portato a Roma avendone pieno diritto come cittadino romano. Gli furono concessi gli arresti domiciliari, che gli permisero di continuare ad insegnare su Cristo con ardore e franchezza per due anni fino al martirio con la pena capitale.

Sono sempre stata affascinata dalla figura straordinaria di Paolo, un uomo che viene descritto fragile e delicato di costituzione, una debolezza che apparizione agli apostolinascondeva un gran coraggio e quella forza che gli derivava dall’essere rivestito di Cristo, che gli permetteva di parlare di Lui che aveva visto per grazia anche senza essere stato uno degli apostoli che lo avevano toccato. Questa forza gli permetteva di affrontare qualsiasi ostacolo, di predicare su Colui che improvvisamente aveva fatto irruzione nella sua vita e l’aveva sconvolta del tutto.

Scrive: “Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10).

 

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