La morte di Gesù


di Margherita Merone

 Guttuso Crocifissione dettaglio

“Pilato disse ai Giudei: ‘Ecco il vostro re!’. Ma quelli gridarono: ‘Via! Via! Crocifiggilo!’… Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso” (Gv 19,14-15). Pronunciata la sentenza, tutto segue il suo corso doloroso.

Perché è morto Gesù? Per la risposta dobbiamo risalire alle parole che pronuncia ai discepoli nell’ultima cena, quando prese il pane e disse: “Questo è il mio corpo, che è dato per voi”; poi prese il calice: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi” (Lc 22, 19-20). Gesù ci ha redenti offrendo se stesso.

Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza. L’uomo non si accontentò di questo, e facendosi centro di se stesso, peccò e si allontanò da Dio. Dio nella sua grazia infinita non ha abbandonato l’uomo, non l’ha lasciato nell’angoscia, non si è limitato a guardarlo dall’alto con lo sguardo tenero, pieno d’amore, ma come si legge nel prologo del vangelo di Giovanni, “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Gesù che era Dio e uomo, prendendo su di sé i nostri peccati, ha percorso tutto il suo cammino terreno fino alla fine, fino alla morte in croce. Se fosse stato solo un uomo non avrebbe potuto farlo. Così ha rivelato l’amore totale di Dio per gli uomini; solo attraverso Cristo possiamo apprendere che Dio ama perdonando.

Gesù fu tradito da Giuda, fu arrestato e condannato. Più volte i Vangeli ribadiscono che Pilato non trovò in Gesù alcuna colpa tanto da meritare la condanna a morte ma alla fine lo mandò ugualmente al supplizio. La crocifissione, descritta da Cicerone come “la più crudele e raccapricciante delle punizioni”, veniva riservata ai criminali senza cittadinanza romana, ai ribelli contro lo Stato, agli schiavi, ai delinquenti che si macchiavano di orrendi delitti. Era una morte lenta e dolorosa. Il prigioniero condannato veniva spogliato, legato a unGuttuso pilastro e riceveva non più di 40 colpi con il “flagrum”, una frusta composta da un’impugnatura dalla quale partivano dei lacci che terminavano con pezzetti di ossa o denti acuminati di animali. Ogni colpo lacerava profondamente la carne e lo scopo era quello di fargli perdere sangue, provocargli un dolore insopportabile, portarlo al collasso circolatorio, ridurlo quasi in fin di vita. Gesù, dopo aver subito tutto questo, venne rivestito di un mantello scarlatto, gli misero in testa una corona di spine, lo coprirono d’insulti e di sputi. Trasportò il “patibulum”, il palo orizzontale della croce fino al luogo dell’esecuzione, il Golgota, dove si trovava conficcato nel terreno lo “stipes”, il palo verticale della croce. Il “patibulum” poteva misurare fino a 2 metri e arrivare a pesare più di 60 chili. Quando Gesù raggiunse il Golgota fu spogliato dei suoi indumenti,  gettato a terra e inchiodato alla croce. Posero al di sopra del suo capo il motivo della crocifissione, “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei”.

Ogni evangelista descrive la passione di Gesù evidenziando aspetti diversi. In Marco, il contesto è ostile, alla fine è il centurione a riconoscere in lui il Figlio di Dio. In Matteo, sono rilevanti i segni di quanto accadde, il terremoto, il velo del tempio che si squarcia in due, i sepolcri che si aprono, alcuni giusti che resuscitano e appaiono a Gerusalemme, per far riconoscere Gesù quale Figlio di Dio. In Luca, Gesù perdona i suoi crocifissori; emerge la dolcezza, la tenerezza, il modello di martire paziente, l’incarnazione vivente della misericordia di Dio. In Giovanni, Gesù sulla croce è colui che ha vinto, è il re. Il Crocifisso è la gloria, la presenza di Dio in mezzo agli uomini.

Erano le 9 di mattina quando fu crocifisso. A mezzogiorno ci fu il buio su tutta la terra fino alle 3 di pomeriggio, quando il grido di disperazione di Gesù (“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, perché Egli era il Figlio di Dio) ci manifesta la situazione di sofferenza non solo fisica ma anche psicologica: da una parte egli si è visto tradito da uno dei suoi discepoli, preso dal suo popolo eletto, accusato ingiustamente e condannato a morte. Dall’altra, in senso teologico, egli mostra la fiducia nel Padre, l’abbandonarsi completamente in Lui, come aveva fatto Masaccio Crocifissionein tutta la sua vita. Gesù gridò di nuovo e morì. Il corpo fu avvolto in un lenzuolo e deposto nel sepolcro, l’entrata sigillata con una grossa pietra, ma il terzo giorno fu l’angelo a comunicare alle donne che erano andate alla tomba, ormai vuota, “So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È Risorto” (Mt 28, 5).

Dio ha così tanto amato il mondo da donare e sacrificare il Figlio unigenito, immagine della sua sostanza, perché chi crede in lui abbia la vita eterna. Davanti a questa smisurata carità e misericordia, all’amore di Cristo, alla sua morte preziosa, alla travolgente bellezza della croce, mi sento piccola e ho bisogno di dire anch’io come Gesù, “Padre mi affido a te, consegno nelle tue mani la mia vita!”.

 

 

In alto (dettaglio) e a destra, Renato Guttuso, Crocifissione

Qui accanto, Masaccio, Crocifissione

 

Editing by Gamy Moore

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