In Italia stampa “parzialmente libera”!

Freedom House 2011 Italia

Ho sempre pensato di vivere in un paese democratico, mi sentivo abbastanza sicuro che le informazioni e la stampa fossero libere, così come accade in quei paesi come gli Stati Uniti oppure l’Inghilterra, tante per citarne un paio. Ho scritto “abbastanza sicuro” perché a vedere ciò che sta accadendo negli ultimi anni tra telegiornali che si concentrano sempre più su matrimoni reali, veline e costumi da bagno, e giornalisti che fanno plastici di ville maledette e si preoccupano di quale sarà il prossimo tormentone estivo, avevo intuito che qualcosa stava andando per il verso sbagliato.

 

Ho scoperto che dal 1941 esiste un’associazione fondata da Anna Eleanor Roosevelt, first lady degli Stati Uniti e moglie Presidente Franklin Roosevelt, una donna che s’impegnò molto per la difesa dei diritti civili; quest’associazione prende il nome di Freedom House (http://www.freedomhouse.org), organizzazione non governativa che si occupa di fare ricerche su temi come libertà politica, democrazia, diritti umani.

 

Così sono andato a vedere cosa si diceva del nostro Paese e mi sono subito rincuorato poiché era elencato tra i paesi liberi; stavo quasi per chiudere quando ho guardato meglio ed ho notato che c’erano diversi livelli d’indagine, uno dei quali riguardava la libertà di stampa. Non c’ho pensato due volte ed ho cliccato per apprendere il risultato e… son rimasto di stucco.

 

Vedere confermati i propri dubbi aumenta il senso d’inquietudine, l’Italia è annoverata tra i paesi parzialmente liberi, in compagnia, tra gli altri, di India, Sud Africa, Turchia e Mongolia (vedi la cartina in alto, paesi in giallo).

Ma poi, mi sono detto, alla fine perché ti sorprendi se quasi la totalità dell’informazione televisiva e della stampa è nelle mani di un’unica persona?

 

Sono andato ancora più in profondità per comprendere i motivi di quel “parzialmente libera”, tra le diverse preoccupazioni espresse da Freedom House, si legge (riporto degli stralci che ho tradotto dall’inglese):

 

  • Il 2004 Legge Gasparri sulla radiotelevisione è stato fortemente criticato per le disposizioni che hanno permesso il primo ministro Silvio Berlusconi per mantenere il suo controllo del mercato privato dei media, in gran parte attraverso la sua proprietà del Gruppo Mediaset.

  • Nel giugno 2008, il Parlamento ha approvato una legge che imporrebbe pesanti multe o pene detentive per i giornalisti che fanno uso di trascrizioni di intercettazioni senza l’autorizzazione di un giudice. […] L’International Press Institute ha osservato che il disegno di legge potrebbe limitare ai giornalisti la capacità di fornire al pubblico informazioni vitali.

 

Continuando a leggere apprendo che i giornalisti si troverebbero ad affrontare fino a tre anni di prigione e gli editori potrebbero essere multati fino a € 465.000 se fanno riferimento alle indagini preliminari della polizia, riportando sui documenti ufficiali prima che le indagini siano terminate oppure pubblicando intercettazioni trapelate dalla polizia. La Federazione europea dei giornalisti ha anche criticato il disegno di legge, affermando: «I giornalisti non dovrebbero nascondere le informazioni, se la fonte è pubblica o privata, e le loro fonti devono essere protette».

Di fatto hanno affermato che «il disegno di legge di Berlusconi è contrario alle convenzioni internazionali e alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo».

 

Freedom House continua ricordando come nel 2009 la moglie di Berlusconi, Veronica Lario, aveva chiesto il divorzio accusando, tra le altre cose, il marito di andare con le minorenni. In quello stesso periodo il Capo del Governo italiano aveva iniziato una guerra contro reporter e giornali italiani e stranieri che indagavano sulla sua vita privata. Addirittura, sfruttando il fatto che “La Repubblica” è nel gruppo “Espresso”, aveva suggerito agli inserzionisti (pubblicità) di boicottare la testata giornalistica (creando un danno economico) solo perché i suoi giornalisti sovversivi stavano scrivendo di lui e delle sue relazioni con ragazze minorenni.

 

Sempre nel 2009, si legge nell’analisi di Freedom House, che un video inchiesta di Erik Gandini “Videocracy”, che indagava «di come in Italia il potere della televisione influenzi comportamenti e scelte della popolazione, essendo essa la principale fonte di informazione per la quasi totalità delle persone» [wikipedia] è stato completamente boicottato sia da Mediaset che dalla RAI (vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Videocracy_-_Basta_apparire)

 

Si legge inoltre che l’Italia soffre di una concentrazione insolitamente alta della proprietà dei media rispetto agli standard europei. La riprova sta nel fatto che Berlusconi è il principale azionista di Mediaset, che possiede i canali televisivi diversi, è il proprietario dell’editore più grande del paese ovvero Mondadori, compresa l’azienda pubblicitaria più potente: Publitalia. Infine “Il Giornale”, di proprietà di suo fratello, è uno dei quotidiani più importanti a livello nazionale, dal quale, molto spesso partono attacchi contro altri giornalisti o testate che si permettono di parlare male del Capo del Governo.

 

L’analisi si conclude con alcune percentuali che riguardano l’accesso ad Internet e di come la Rete si mantenga ancora sostanzialmente libera, ma non evita di aggiungere che più volte il Governo ha tentato di trovare strade legislative per mettere il bavaglio anche a blog e “dissidenti” su Internet.

 

Quello che sta accadendo è sotto agli occhi di tutti: giornalisti della RAI che chiedono le dimissioni perché non è concesso loro di dire la verità, trasmissioni di approfondimento che vengono chiuse perché poco gradite a Palazzo, tagli senza sosta alla cultura e ai finanziamenti per la stampa cooperativa e no-profit.

 

A questo punto credo che Internet sia una fortuna e una brutta gatta da pelare per omuncoli di ogni tipo che, per mantenere il potere e il condizionamento della massa, non si fanno alcuno scrupolo nell’imbavagliare la stampa e l’informazione. Tuttavia questi individui, spesso idolatrati da una grande massa d’ingenue persone, hanno gettato l’Italia al 75° posto nel mondo per quanto riguarda la libertà di stampa, sopra di noi c’è il Benin (voi sapete dov’è? Io no, sono andato a vedere su Google Map), subito dopo l’Italia c’è la Namibia; tutti insieme facciamo parte di quel gruppo di paesi bollati col poco rassicurante Partly Free Press.

 

Potete approfondire l’analisi di Freedom House da qui (in inglese):
http://www.freedomhouse.org/template.cfm?page=251&year=2010

 

Massimo Petrucci
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