Libertà a rischio! Italia come la Cina

Quest’articolo è un po’ lungo e a essere sincero, avrei avuto bisogno di molto più spazio per spiegare tutto, ma ci ho provato lo stesso. Se hai qualche minuto, leggilo tutto e se puoi, diffondilo. Credo che sia importante.

regimeIl fatto che il nostro sia un paese che tende al regime censorio è sempre più evidente, l’Europa ci guarda di sottecchi, ridacchia della nostra situazione economica e politica, si preoccupa per la nostra classe dirigenziale, che non si comprende se sia più stupida o più corrotta.

L’Italia è l’unico paese d’Europa in cui dal 2008 è diminuito il numero di connessioni Internet (fonte: Google Public Lab), la cosa è allarmante perché è un sintomo di quanto indietro stiamo andando. Uno dei nostri politici, di cui – per sua fortuna – non ricordo il nome, ha spiegato il fenomeno dicendo che finalmente i nostri giovani hanno capito che ci sono cose più importanti nella vita. Bello! Applauso! Se solo comprendesse che lo sviluppo di un paese passa anche e soprattutto attraverso le relazioni e le interconnessioni web tra le persone, le istituzioni, le università, le aziende e così via.

Voglio però parlarvi di una questione pericolosa che sta passando quasi in sordina e che invece merita tutta la nostra attenzione. Senza rispolverare la teoria della rana e dell’acqua bollente, noi ci troviamo in uno Stato che sta cercando di creare sempre di più un regime censorio e di controllo dell’informazione, compresa quella che passa attraverso il web. Come si fa a distruggere un mezzo come Internet? Tecnologicamente non è possibile, allora si deve creare un nemico e una paura, ecco perché il web è sempre più affiancato alla pedofilia e alla violenza, in questo modo si manipola l’opinione pubblica che in modo impulsivo si schiera con chi vuole farci credere che Internet sia un mezzo pericoloso gestito soprattutto da malati, truffatori e bulli.

In Italia abbiamo appena assistito al processo più fantasioso e discutibile dell’era informatica: il processo ai dirigenti Google, condannati a sei mesi di carcere. I tre dirigenti (David Drummond, George De Los Reyes e Peter Fleischer) sono stati condannati per violazione della privacy per il video pubblicato nel 2006 in cui degli studenti imbecilli picchiavano un loro compagno autistico, mentre un altro genio scriveva sulla lavagna il simbolo SS e faceva il saluto fascista (giusto per togliere ogni dubbio sulla loro stupidità).

Nel Paese primo al mondo per la vendita di telefonini e ultimo in Europa per la comprensione di un testo scritto, assistiamo alla prima sentenza penale – al mondo – in cui viene condannato un provider internet perché qualcun altro (i quattro imbecilli) hanno pubblicato un video violento.

C’è da precisare che Google, avuta la segnalazione dalla Polizia Postale, ha immediatamente rimosso il video, ma i nostri giudici hanno dichiarato che ciò non è bastato, infatti Google avrebbe dovuto chiedere ai quattro furfantelli una liberatoria scritta in cui dichiaravano di avere l’autorizzazione del ragazzo autistico a mettere online il video. Evitate di ridere, perché ora cercherò di mettere in chiaro dov’è il vero problema.

Tanto per cominciare i dinosauri che gestiscono la nostra politica non immaginano che ogni minuto solo su Youtube vengono caricate qualcosa come quasi 24 ore di ripresa, fate due calcoli e pensate a un’ora oppure a un giorno! Essi immaginano (in realtà desiderano e tra un po’ vi spiego perché) il web come l’editoria o la televisione in cui non c’è nessuna possibilità d’interazione e in cui – e soprattutto – è possibile filtrare le informazioni come meglio si crede, ed è qui il nocciolo di tutta la questione: il controllo dell’informazione.

Internet è finalmente il mezzo con il quale ognuno, liberamente e responsabilmente, può esprimere il suo pensiero e opinione su ogni cosa, assumendosene, come è giusto che sia, la responsabilità anche penale e in prima persona per ciò che sta dicendo o mostrando.

La sentenza a cui abbiamo assistito sposta di fatto la responsabilità dal singolo all’intermediario. A questo punto sono a rischio tutti i social network come Facebook, Twitter, Flickr che dovrebbero preventivamente controllare in tempo reale ogni messaggio, immagine o video pubblicati! È chiaro che ciò è impossibile e costringerebbe i provider a effettuare un filtro preventivo che non oso immaginare su cosa dovrebbe basarsi; probabilmente permettendo solo a una cerchia ristretta (decisa da chi?) di pubblicare notizie.

L’immagine del regime inizia ora a prendere un aspetto più a fuoco; ma andiamo avanti.

Il mondo civilizzato ci guarda con disprezzo, perché sta avvenendo un attacco ai principi fondamentali di libertà sui quali è stato costruito Internet, ecco perché i più grandi giornali internazionali – come il New York Times ad esempio – ci accusano di essere una tribù di primitivi fuori dal mondo.

L’acqua in cui noi tutti siamo immersi sta diventando sempre più calda, ma in modo così graduale che non ce ne rediamo conto, salvo poi ritrovarci bolliti da un giorno all’altro. Il 12 dicembre scorso un altro genio (Paolo Romani, ministro con delega alle Comunicazioni) ha presentato alla Camera il suo Decreto legislativo su Internet e TV (volete leggerlo? Cliccate qui) che vorrebbe (non so se ridere o piangere) equiparare il web alla televisione, in modo da controllare e censurare qualsiasi contenuto audiovisivo che non abbia carattere mediamente accidentale, espressione che sfido chiunque a comprendere, ma che di fatto pone qualsiasi video blog a rischio di censura (vedi art.4, comma 1, lettera a). Perché tutto questo accanimento? Solo per tutelare i ragazzi autistici dai fessi di turno? Spero che nessuno sia così ingenuo da crederci, la storiella del sopruso serve solo come giustificazione all’opinione pubblica (creazione del il nemico!), la verità è che le aziende del capo del governo si stanno interessando all’IpTV (televisione sul web attraverso il protocollo IP) e quindi ridurre il materiale sul web (e la concorrenza come Google e Youtube) è un fattore fondamentale per il loro sviluppo e crescita economica.

Il controllo sta avvenendo attraverso una serie di norme che fanno da corollario ai vari decreti (Romani, Carlucci e altri), assistiamo alla loro messa in opera ingrossando le già pericolose leggi vigenti come la difesa del copyright con il Decreto Urbani, l’obbligo di registrazione per i siti web (Nuova Legge sull’Editoria n.62/01), fino a quest’ultima davvero pericolosa in cui si passa dalla responsabilità del singolo (il fesso che pubblica il video osceno) alla responsabilità del mezzo ovvero del provider, mettendo in crisi il principio fondamentale della neutralità della Rete e dei suoi fornitori di servizio.

Ve ne dico un’altra davvero incredibile, stento – mentre scrivo – a credere che a qualcuno sia davvero venuta in mente un’idea tanto balzana: “Diritto all’oblio su Internet” (il genio è l’onorevole Carolina Lussana, legge n.2455 del 20/05/2009, leggila cliccando qui). Dopo la legge sulle intercettazioni arriva un’altra mazzata per l’informazione libera che corre su internet: la legge sul diritto all’oblio su internet per i pregiudicati. La proposta di legge riguarda le indagini e i processi che sono già stati fatti. Vieta anche di pubblicare notizie su indagini già chiuse, su condanne già emesse, su patteggiamenti già concordati, sia che le indagini e i processi si siano chiusi con il proscioglimento, con la prescrizione, sia che si siano conclusi con la condanna o con il patteggiamento, dopo un certo numero di anni. Nessuno potrà più scrivere nulla e chi si è visto si è visto. (fonte: Italianspot.wordpress.com). In questo modo, tra le altre cose, se un politico sta chiedendo il vostro voto, nessuno potrà scrivere che è stato condannato per concussione mafiosa.

Tutti questi decreti, norme e corollari, hanno l’unico scopo di bloccare la Rete, censurarla in modo preventivo. Allo stato delle cose, perfino un video fatto col cellulare e pubblicato sul proprio blog o su Youtube è equiparabile a una web tv ovvero a Mediaset o alla RAI, pertanto sarà necessaria, per la divulgazione e la sua visione, un decreto ministeriale. Siamo all’assurdo più totale! Il nostro paese si avvicina sempre di più alla Cina, allontanandosi dai paesi più sviluppati, civili e democratici del mondo.

Le parole di Marco Pancini, dirigente di Google Italia, sono chiare e preoccupanti: «in questo decreto (Romani) c’è un’equiparazione dei siti web alle tv che ha una conseguenza importante: disapplica di fatto le norme sul commercio elettronico per cui l’attività dell’hosting service provider, cioè del sito che ospita contenuti generati da terzi, va distinta da quella di un canale tv, che sceglie cosa trasmettere. Significa distruggere il sistema internet».

È chiaro che è necessario aprire gli occhi e assumere il fatto che Berlusconi&Co. hanno sferrato un attacco al sistema democratico di Internet, perché è l’unico mezzo che ancora non riescono a controllare, che mette a nudo la propaganda e il lavaggio del cervello che invece avviene attraverso la televisione.

Erano stati destinati 800 milioni di euro allo sviluppo della banda larga in Italia, ma essi sono stati “congelati” fino alla fine della crisi; tuttavia i soldi per regalare i decoder per vedere quell’altra vergogna che è il digitale terrestre, sono stati messi a disposizione senza alcun indugio!

Ecco come veramente si spiega un decremento dello sviluppo delle connessioni internet nel nostro paese.

Internet fa paura a chi desidera il controllo delle informazioni, a chi vuole fare propaganda, a chi vuole corrompere con la menzogna e non essere smentito. AnnoZero in diretta streaming sul web ha fatto ascolti paragonabili a quelli di Rai Due; la televisione sta diventando obsoleta, e quando si tratta di proteggere i propri interessi personali, i nostri politici hanno lo sguardo lungo e si muovono per tempo.

Internet non solo dà la possibilità di scegliere che cosa vedere, scegliendo la fonte delle informazioni, ma permette soprattutto di farla l’informazione, in barba alle censure di regime di cui la televisione è ormai vittima.

I dinosauri della nostra politica hanno paura di estinguersi, perché hanno capito che attraverso il web l’informazione s’infiltra, la verità scivola da mille falle, rivoli e buchi, per questo la “Banda Berluscotti” sta cercando in tutti i modi di fermare e impedire la diffusione democratica di Internet.

È giunto il momento di aprire gli occhi, difendendo il web – ultimo baluardo democratico – difendendo la nostra libertà di espressione, smettendo di essere automi manipolati dalla televisione, iniziando a pensare piuttosto che assorbire idee in modo passivo. È da trent’anni che subiamo passivamente le informazioni e negli ultimi quindici le cose sono drasticamente peggiorate. Il fatto è che non siamo più abituati a discutere in modo intelligente e civile, non siamo più in grado di pensare liberamente e fuori dai condizionamenti, non sappiamo generare opinioni che vengono dalla riflessione e dal confronto, piuttosto che dall’assunzione di frasi fatte e slogan urlati.

Nutro la speranza che qualcosa stia cambiando, ma proprio perché qualcosa sta cambiando grazie a questi nuovi mezzi di comunicazione che la macchina del regime si è messa in moto, già prima di noi, molto prima di quest’articolo.

Diffondete.

Massimo Petrucci
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