L’incarnazione


di Margherita Merone

 Dio incarnazione

È la sublimità del versetto del prologo del vangelo di Giovanni, “E il Verbo si fece carne” (Gv 1,14), che mi ha condotto a considerare seriamente il problema che ha sconvolto la chiesa dei primi secoli, che si è trovata ad affrontare, spesso con grandi difficoltà, sia per motivazioni linguistiche che dottrinali, la questione Gesù Cristo, uomo-Dio, o meglio l’incarnazione, il paradosso dei paradossi.

Il linguaggio cristiano della “incarnazione” trova nel vangelo di Giovanni l’espressione più ricca e completa. Nel suo vangelo l’appellativo di Logos viene inteso non secondo la concezione filosofica greca come “ragione”, piuttosto secondo la tradizione biblica come “Parola”, parola creatrice e rivelatrice. Siamo davanti alla proclamazione dell’incarnazione della Parola. Che cosa risalta nel suo vangelo? Il realismo della condizione umana terrena di Cristo.

Per comprendere meglio il realismo della condizione di esistenza del Logos – il Verbo appunto che dalla condizione di preesistente presso il Padre entra nella condizione umana – il versetto del prologo andrebbe tradotto seguendo letteralmente il greco “il Logos carne divenne”. Può sembrare strano ma in queste tre parole si trova la singolarità della fede cristiana.

Dal punto di vista retorico siamo di fronte a un ossimoro, termine che definisce l’accostamento diretto e immediato di due termini tra loro contrastanti, in questo caso, Logos e carne. Si nota subito che il predicato, carne, è posto prima del verbo, così da evidenziare con intensità maggiore il predicato come modalità del soggetto. È il termine carne a essere enfatizzato e con un fine ben preciso. Il Logos, secondo quanto si legge in Giovanni, era fin dal principio presso Dio, era presente prima che tutte le cose fossero create, era Dio. Per mezzo di Lui sono state fatte tutte le cose e andando oltre, è connesso con la vita e la luce. La Parola, nella tradizione israelitica, viene personificata, è la parola con cui Dio creò il cielo e la terra.

Il concetto di carne è molto interessante, è tipicamente biblico–semitico e sta a significare una visione olistica dell’uomo, precisamente l’uomo nella sua interezza, nella sua condizioneGesù incarnazione creaturale, fragile e mortale. Non ha propriamente un’accezione totalmente negativa ma indica comunque la distanza dal mondo divino.

Ecco quindi chiaro che le due parole non hanno un aggancio tanto da poter convivere l’una accanto all’altra, piuttosto si escludono a vicenda essendo l’una l’antitesi dell’altra. Allora il motivo della loro unione va oltre, il significato trascende il contrasto. Infatti è in questo che la fede cristiana si distingue perché riesce a guardare oltre, in alto, ad annullare qualsiasi distanza, a tenere insieme ciò che potrebbe sembrarci assolutamente impossibile: il paradosso ci lascia senza parole. Il Logos non ha assunto una carne preesistente ma l’ha posta in essere, è diventato carne, fragile, debole, un vero uomo. Così si esprime tutto il realismo della nuova condizione d’esistenza del Verbo che è “venuto nella carne” (1Gv 4,2).

Fu il concilio di Calcedonia nel 451 a offrire un chiarimento di natura concettuale e linguistica affermando che Cristo è una persona in due nature. Le due nature, la divina e l’umana, sussistono senza confusione né mutamento, l’una accanto all’altra ma non sono divise né separate l’una dall’altra bensì congiunte nell’unica persona del Logos divino. Proprio da questa unione dipende l’opera salvifica di Cristo, vero Dio e vero uomo.

Nel mondo moderno il concetto di persona è stato valorizzato ma ha perso valenza ontologica. La persona non è vista tanto come un essere che ha consistenza ontologica propria e allo stesso tempo è relazione ma come un soggetto di autocoscienza e libertà. Cristo incarnandosi ha reso sublime la persona umana e come ci ricorda la Costituzione Gesù e Mariapastorale sulla chiesa nel mondo contemporaneo “Gaudium et spes”, è entrato nella storia del mondo come l’uomo perfetto, ha svelato pienamente l’uomo all’uomo e gli ha fatto notare la sua altissima vocazione. Tutte le verità trovano in Cristo la loro sorgente e toccano il vertice. Egli ha assunto la natura umana senza annientarla ma al contrario l’ha innalzata a una dignità sublime.

Qualsiasi parola è superflua, credo fermamente alle parole di papa Francesco: “Ciascuno di noi ha nel cuore il desiderio dell’amore, della verità, della vita… e Gesù è tutto questo in pienezza!”

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One Reply to “L’incarnazione”

  1. Brava Margherita hai centrato di nuovo l’obbiettivo, in questa civiltà dove la”carne” è merce di scambio Dio l’ha innalzata assumendola e rivestendosi di essa.

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