Potresti non esistere, lo sapevi? Questione di TV

Parafrasando la locuzione che dà il titolo a questa rubrica, cogito ergo sum (lett. “penso quindi esisto”), un moderno Cartesio oggi direbbe: “sono in tv quindi esisto”.

Un po’ di tempo fa mostrai ai miei genitori il funzionamento della mia nuova telecamera digitale, così iniziai a riprendere un po’ il salotto di mia madre. Collegai i cavi alla tv e mostrai loro la qualità delle immagini. Mia madre a un certo punto mi disse: “Riprendi un altro po’ il salotto, voglio vedere se la nuova disposizione mi piace”.

Rimasi interdetto: che senso aveva quella richiesta? Il salotto ce l’aveva sotto gli occhi tutti i santi giorni, c’era bisogno che glielo mostrassi in tivù? Poi compresi che per lei solo attraverso il monitor quel salotto acquistava una forma in qualche modo “reale”. Mia madre, per verificare la giusta disposizione dei mobili, aveva bisogno di una mediazione televisiva, non le bastava quella reale, quella che le davano i suoi occhi, aveva bisogno che l’immagine passasse attraverso il video e dal video ai suoi occhi, solo così avrebbe acquistato valore di realtà.

È così che funzionano oggi le cose: chi non passa dalla tivù non esiste, il sigillo di una vera esistenza lo si acquista solo apparendo in televisione, altrimenti si fa parte di un mondo non mondo, una specie di pre-realtà, qualcosa che potrebbe essere, ma in fondo ancora non è.

Solo ciò che appare in tivù acquista valore di realtà. Quante volte ascoltiamo frasi come: “L’ha detto la televisione” e non è importante chi abbia affermato quella cosa, ciò che dà peso di verità all’affermazione non è la persona che la dice, ma la televisione stessa. Ecco spiegato come stupidi presentatori si fanno portavoce d’idiozie che subito vengono credute da milioni di persone. In fin dei conti la gente non ha voglia – e spesso nemmeno la capacità – di approfondire le cose, pertanto ci si accontenta delle impressioni, si adottano le ideologie degli altri perché così si fa prima.

Tutto questo fa riflettere anche sul fatto che troppo spesso non conta quello che dici, ma come lo dici, come sei vestito, che sorriso hai, quanto sei fruibile dal grande pubblico.

Parole come “famoso”, “importante”, si confondono con “popolare”, se vai in tivù la gente ti riconosce, sei famoso, sei popolare. Ecco che la gente riconosce per strada mentecatti qualsiasi e magari, se si trova di fronte a Rita Levi Montalcini, pensa che si tratti solo di una povera vecchietta rincitrullita.

È tutto così semplice: apri un pacco e vinci cinquecentomila euro, ti chiudi in una casa e, scoreggiando, vinci duecentomila euro, rispondi a domande del tipo “di che colore era il cavallo bianco di Garibaldi” e ne vinci altrettanto, e se vai a vedere, qualcuno l’ha sbagliata pure la risposta, ma che cosa importa? Tanto siamo tutti un po’ ignoranti, tanto ci si ride su, tanto c’è la televisione che ci rende tutti uguali, fregandoci tutti allo stesso modo: tra una risata, delle belle chiappe e un po’ di pubblicità.

Un pregio però dobbiamo darlo alla televisione: è democratica. Lo è nel senso che rende tutti uguali e pone tutto sullo stesso livello piatto. Così per noi è quasi la stessa cosa vedere un morto in un film o un morto al telegiornale, perché il telegiornale ci parla di Grande Fratello, perché poi c’è il Mulino Bianco che ci ricorda che siamo tutti buoni, che c’è il grano alto e che continuano a coltivarlo come una volta

Salvo scoprire che il grano usato dalla Barilla non è nemmeno tutto italiano, lo sapevi? Oppure che la Chiesa, in un documento ufficiale, ha imposto alle proprie gerarchie d’occultare i reati sessuali per non farli trapelare al grande pubblico, perché fa brutto sapere che ci sono i preti pedofili, perché poi si perde l’8 per mille!

Allora cosa importa se l’Italia è all’ultimo posto in Europa per la comprensione di un testo: ti danno un foglio, lo leggi, ti chiedono: “Che cosa hai capito” e i più rispondono: “Bohhhhh?”.

Siamo all’ultimo posto per l’investimento nella ricerca e poi ce la prendiamo con la Cina che investe il 13% del prodotto interno lordo (noi lo 0,3%, zero virgola tre!).

Ma a noi che cosa importa? Noi siamo primi al mondo per l’acquisto di telefonini, per l’invio di sms, noi abbiamo il “pallone” e siamo i campioni del mondo, abbiamo le veline, il grande fratello, abbiamo il televoto!

…e intanto il mondo rotola, il mare sempre luccica, domani è già domenica! E forse forse nevica…

Massimo Petrucci
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5 Replies to “Potresti non esistere, lo sapevi? Questione di TV”

  1. Questo analfabetismo di ritorno non riguarda solo i giovani…
    Tempo fa apparsero sui giornali gli strafalcioni commessi da aspiranti magistrati…
    E parliamo di laureati!

  2. (…continua) In primis la televisione che gioca sulla curiosità della gente, sulla frustrazione di chi è obbligato a non poter scegliere, sullo scarso interesse dei giovani che sprecano tempo in giochi elettronici, telefonini e che commettono i più elementari errori di grammatica già a quindici anni!Errori che si porteranno dietro per tutta la vita, ma che la stessa televisione non denuncia. La realtà filtrata dallo schermo, sempre più grande nelle dimensioni e sempre più piccolo nei contenuti, è talmente falsata da offendere la comune intelligenza della gente…Poi il mio pensiero và a tutti coloro trovano in questo mezzo un modo per evadare, per non pensare, per sorridere in qualche modo…ed ogni mio discorso svanisce nalla nebbia.

    1. Interessante il tuo commento, Emilia. Sembra quasi lo sfogo di chi ha compreso che il gioco non valga più la candela.

      L'Accademia della crusca ha esaminato 6000 temi d'italiano relativi agli esami di Stato di quest'anno. Erano tutti temi "promossi", eppure l'Accademia ha considerato che il più della metà andavano invece bocciati, non tanto per il contenuto, ma per la modalità con la quale questo stesso contenuto andava spiegato.

      S'evince, dall'analisi dei temi, che ai ragazzi non mancano le idee, quello che manca è lo strumento linguistico per esprimerle. La cosa, a mio avviso, è interessante. La questione è comprendere le motivazioni che stanno dietro questa lacuna.

      Tra le altre cose, credo che a scuola l'ora d'Italiano dovrebbe tornare ad essere più incentrata sulla grammatica e sullo scrivere, piuttosto che parlare solo di attualità o narrativa in genere. Si aggiunge, inoltre, che questi ragazzi hanno un vocabolario sempre più striminzito, la gran parte costituito da frasi e slogan prefabbricati.

      Di tutto questo, la scuola ha le sue colpe, prima ancora d'Internet e Facebook. Molti degli insegnanti di oggi, sono quei ragazzini svogliati e poco attenti di ieri.

  3. Difficile essere brevi…Ma l'argomento è per me molto interessante.
    Mi trovo quotidianamente in prima linea per la difesa della parola, della comunicazione, del giusto valore,
    dell’equilibrio, della verità…Sia essa bella, brutta, spiacevole, gratificante, triste, deludente.
    Da qui la mia continua voglia di non fermarmi alle apparenze…di non ascoltare solo quello che passa, di non vedere solo quello che ci viene mostrato. Questa è la libertà che cerco io e che a mio avviso dovrebbero cercare e comprendere le migliaia di persone che si informano solamente attraverso i canali standard, quelli più conosciuti, più pubblicizzati, quelli che sanno vendersi meglio!
    Ora, il discorso si amplia inesorabile… Vorrei solamente che ci fosse una presa di coscienza sul monopolio totalizzante che i mezzi di comunicazione hanno su di noi, spettatori impassibili di una visione che di reale forse, ha solo i colori…

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