di Margherita Merone
In principio Dio creò il cielo e la terra. Subito dopo ha creato esseri viventi capaci di vivere nell’acqua ed altri di volare sopra la terra liberi nel cielo. Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Secondo l’ordine della creazione sono stati creati prima gli animali, secondo la loro specie, e dopo l’uomo: «Dio creò l’uomo a sua immagine». Questo è quanto leggiamo nel libro della Genesi (1,20-28).
E di questo il Creatore ne restò soddisfatto. Benedì tutti gli animali, poi l’uomo e la donna: «siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (Gen 1,28). Successivamente, Dio ha condotto gli animali all’uomo perché voleva «vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome» (Gen 2,19-20), e l’uomo così impose determinati nomi a tutti gli animali. Questo è un dato rilevante perché fa comprendere chiaramente che attribuire un nome agli animali è dargli un’identità unica, specifica e che l’uomo è chiamato a prendersi cura della creazione di Dio.
Nella Lettera Enciclica Laudato si’ papa Francesco scrive: «Noi non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data» (n.67) e chiarisce che soggiogare e dominare non devono essere interpretati come sfruttare e distruggere, bensì come coltivare e custodire; ogni essere vivente ha un posto preciso nel mondo. Gli animali non vanno maltrattati, fanno parte del progetto di Dio. Sempre nella Scrittura, leggiamo che il Creatore ricorda a Giobbe che sono gli animali le prime creature «che ho creato al pari di te… è la prima delle opere di Dio» (Gb 40,15-19). Nel libro della Sapienza è scritto: «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli, infatti, ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra» (1,13-15).
Mi chiedo a questo punto: perché si abbandonano, si maltrattano, si uccidono tanti animali? Anch’essi sono creature di Dio e portatrici di salvezza. Ogni anno migliaia di animali vengono abbandonati, tantissimi i cani randagi che un tempo vivevano in famiglia. Molti di loro finiscono uccisi travolti da una macchina, altri subiscono maltrattamenti o muoiono di fame, solo una piccolissima percentuale riesce a sopravvivere trovando rifugio in qualche centro gestito da persone di buon cuore che, evidentemente, hanno compreso quanto è stato comandato da Dio nell’atto della creazione. A volte è difficile soddisfare tutte le emergenze, questa piaga proprio non si riesce a fermare. Per i gatti abbandonati o randagi la sorte è anche peggiore; piuttosto che voltarsi dall’altra parte facendo finta di niente, pensando che tanto la cosa non lo riguardi, chiunque dovrebbe almeno contattare le associazioni dedite a questo scopo. A volte non si può fare molto, ma è sempre meglio che non fare proprio nulla. Forse tanti non sanno che abbandonare un animale è un reato* che prevede l’arresto o una grossa multa. La stessa pena è prevista per chi ha in casa animali che non vengono trattati secondo la loro natura, o che vivono in condizioni di sofferenza.
Il fenomeno dell’abbandono si aggrava nel periodo estivo, in coincidenza con ferie e vacanze; chi ha con sé animali e vuole partire sa bene che deve organizzarsi per tempo. Chi ha dei cani ha il vantaggio che da alcuni anni in moltissimi hotel, villaggi e appartamenti è consentita la loro presenza e ciò agevola ovviamente chi non ha nessuno cui affidarli. Esistono naturalmente strutture in grado di prendersene cura nel modo più adeguato. È sempre bene evitare che gli animali restino soli in casa per lunghi periodi. Lo stesso discorso vale per chi ha uccelli o qualsiasi altro tipo di animale. Prendere con sé un animale significa assumersene la responsabilità, esattamente come avverrebbe per un essere umano. Gli animali non sono e non devono essere considerati un peso, sono al contrario una benedizione di Dio, un dono; non va lesa in alcun modo la grandezza e la dignità che sta alla radice del loro esistere. Attraverso la Natura e tutte le sue creature si arriva a scoprire Dio.
Tutti gli animali vanno rispettati, il rispetto è segno di civiltà. I cani – si dice – sono i migliori amici dell’uomo. Nel libro di Tobia il protagonista si mette in cammino per un lungo viaggio accompagnato da un angelo e da un cane: «Il giovane partì insieme con l’angelo e anche il cane li seguì e s’avviò con loro» (Tb 6,1). Nel Nuovo Testamento è Gesù a dare importanza e rispetto a tutti gli animali: prova tenerezza nell’immagine dei cagnolini che mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei padroni (Mt 15,27); ci invita a «guardate gli uccelli del cielo» (Mt 6,26), cavalca un asino per entrare a Gerusalemme (Gv 12,14), è Lui il Pastore che chiama le sue pecore, ciascuna per nome (Gv 10,3) e per loro è pronto a dare la sua vita (Gv 10,11). Gesù è l’Agnello di Dio che ha salvato il mondo dal peccato (Gv 1,29). Sempre nel vangelo i cani sono spesso meglio degli esseri umani e aiutano chi ha bisogno: nella parabola del ricco e del povero si parla di un mendicante, di nome Lazzaro, che era coperto di piaghe e cercava di sfamarsi con quanto cadeva dalla mensa del ricco, mentre i cani venivano a leccargli le piaghe (Lc 16,20-21). Gesù parla anche degli animali considerati, nell’immaginario comune, da sempre pericolosi – come le vipere o i lupi – ma anch’essi parte integrante della creazione.
Non credo serva aggiungere altro, gli animali sono doni di Dio e l’uomo è chiamato a essere il loro custode, a prendersene cura e ad amarli, come fa il Pastore Gesù con le sue pecore.
*L’Art. 727 del codice penale recita che “chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con ammenda da 1.000 a 10.000 euro”.
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