Le do del lei? No, preferisco il voi… e tu?

lei, voi, tu

Una cara amica mi scrive per chiedermi di aiutarla a comprendere se l’uso del “voi” e del “lei” sia una questione di regionalismo o una faccenda puramente dialettale. La cosa ha incuriosito anche me, cosicché ho iniziato ad indagare. Volete sapere chi è… l’assassino? Allora proseguite nella lettura.

Come sempre dobbiamo comprendere la storia per decifrare il presente. Nel Medioevo in Italia c’erano due pronomi allocutivi: il “tu” e il “voi”. Il primo era usato tra confidenti e pari grado, mentre il “voi” era dato a persone importanti. Nella Divina Commedia (Inferno, quindicesimo canto) Dante Alighieri scrive: «Siete voi qui, ser Brunetto?», siamo tra il 1307 e il 1321. D’altro canto l’origine del “voi” è molto antica e proviene dal latino “vos”.

Il “lei” si presenta nella nostra lingua tra il 1500 ed il 1600, di solito accompagnato da un ulteriore formalismo: Vostra Signoria; ecco il femminile. Da questo momento in poi l’uso del pronome allocutivo “lei” ha preso sempre maggior uso a discapito del “voi”.

Se non siete paghi e volete saperne di più non smettete di leggere; ne “I promessi sposi” la cosa è davvero divertente!

 

Uso dei pronomi allocutivi ne “I promessi sposi”

Ne “I promessi sposi” (1827), Alessandro Manzoni usa tranquillamente sia il “tu” che il “voi” che il “lei”: ad esempio i bravi usano il “lei” per rivolgersi a Don Abbondio, quest’ultimo parlando alla sua Perpetua le dà del “voi”, che invece gli dà del “lei”. Anche Renzo e Lucia danno del “lei” a Don Abbondio, mentre tra loro si danno del “voi”. La mamma di Lucia, Agnese, si rivolge alla figlia dandole del “tu”, Lucia invece le dà del “voi”. Mamma e figlia, però, danno del “lei” a Padre Cristoforo che invece parla loro con il “voi”. Don Abbondio quando si rivolge al Cardinale Federico usa il “lei”, l’altro gli risponde dandogli del “voi”.

Da quest’analisi viene da pensare che il “lei” sia una forma di cortesia di più alto grado rispetto al “voi”, questo va anche a giustificare l’affermazione di Stendhal ne “La Chartreuse de Parme” (siamo nel 1839) in cui, in una riflessione, rimprovera l’uso del “voi” nei confronti di Fabrizio del Dongo, da parte di un funzionario, Stendhal afferma che si tratta di maleducazione considerato che ormai in Italia questo pronome è riservato alla servitù. Attenzione però, le cose non stanno proprio così.

Sempre Alessandro Manzoni, quando descrive l’incontro tra l’Innominato e il Cardinale Federico, due persone di rispetto, li fa parlare tra loro con il “voi”. Forse la scena più emblematica, in cui si ha un cambiamento di pronome ad uso quasi di “spada” per meglio ferire l’altro si ha quando ci troviamo di fronte a due persone di alto rango: Don Rodrigo, un nobile, e Fra Cristoforo, un prelato. Secondo i canoni di cortesia dell’epoca avrebbero dovuto usare entrambi il “lei”, ma dopo un inizio formale, quando i toni iniziano ad accendersi, Fra Cristoforo passa al “voi”: «la vostra protezione», e Don Rodrigo attacca addirittura con il “tu”: «come parli, frate» (VI 13).

 

All’inizio era il verbo… no era il tu!

Torniamo di nuovo alla genesi, fino al terzo secolo dopo Cristo esiste solo una forma allocutiva ed è il “tu”, usato con qualsiasi persona alla quale ci si rivolge: semplice e democratico. La cosa però durò poco, infatti in meno di duecento anni s’iniziò a usare il “vos” nei confronti dell’imperatore.

Su questa storia del “vos” ci sono interessanti spiegazioni che sfiorano la leggenda. Una di esse prende il nome de “La teoria dei due imperatori”, ed è ad opera di Brown e Gilman, introdotta nel saggio The pronouns of power and solidarity. Il concetto di base è questo: per molti anni l’Impero Romano fu diviso di fatto in Impero Occidentale (Roma) e Impero Orientale (Costantinopoli), quindi a governare il vasto Impero Romano c’erano due imperatori, pertanto le parole rivolte all’imperatore non potevano che essere indirizzate a due persone, appunto “voi”.

Un’altra teoria è quella della “pluralità dell’imperatore”: egli, considerato che non rappresentava solo se stesso ma tutta la comunità (Aira, 239), soleva usare, per riferirsi a se stesso, la prima persona plurale: nos (latino che vuol dire “noi”, il famoso plurale maiestatico o, per dirla in latino, pluralis maistatis); di conseguenza rivolgendosi all’imperatore non si poteva che usare il vos. Oggi il plurale maiestatico non è più usato né dai sovrani né dai papi (fu papa Giovanni Paolo I, papa nel 1978, a mettere fine al suo uso), però c’è ancora qualcuno che non resiste all’uso, una nuova forma d’imperatore: i rettori universitari! Essi infatti scrivono, negli atti ufficiali, Noi Magnifico Rettore… e mi trattengo, per decenza, dalla pernacchia.

Tornando alla storia, dagli imperatori ai pontefici il passo fu breve, dopo di che dal latino vos si pervenne all’italiano voi usato non solo nella cancelleria pontificia, ma anche per persone di rango nobiliare, nell’aristocrazia e, chiaramente, nella letteratura con autori come Dante e Petrarca.

 

Il “lei” di origini forestiere

A questo punto qualcuno di voi si starà chiedendo da dove sia venuto quest’uso smodato del pronome allocutivo “lei”; vediamo di chiarire questi dubbi.

Il “lei” ha origini forestiere, è una contaminazione spagnola che risale al periodo che va dal 1500 al 1600, ma ci sono anche studiosi come Gian Luigi Beccaria e Bruno Migliorini che ne danno origine italiana, senza però cancellare completamente l’influenza spagnola, nel senso che proprio sotto questa dominazione venne spinto l’uso del “lei” tra persone di alto rango.

Tuttavia, dalla fine del 1400 in poi la “questione degli allocutivi di cortesia” divenne fonte di scontri tra letterati e studiosi e, visto che ne stiamo parlando, forse la sua forza non si è ancora esaurita. Per un lungo periodo si cercò di evitare l’uso del “lei” almeno in letteratura, se ne può prendere atto da una lettera di Giacomo Leopardi a Pietro Giordani (siamo nel 1817).

 

L’uso dei pronomi allocutivi nel Novecento e differenze tra Nord e Sud Italia

Abbiamo fatto un po’ di storia, ma ora cerchiamo di capire cosa è accaduto nel secolo scorso e in che situazione ci troviamo oggi.

Fino agli anni Trenta del Novecento, si è continuato a usare il sistema detto tripartitico ovvero l’uso del “tu”, del “voi” e del “lei”. Prese maggiore uso il “tu”, che non era usato solo con gli inferiori di rango, ma anche per i migliori amici, compagni di scuola e familiari. Roselli nel suo articolo Tu, lei e voi spiega come agli inizi del Novecento l’uso del “lei” fosse più diffuso al Nord mentre al Sud si preferiva il “voi”. Con il fascismo si decise per un ritorno alle origini, in particolare alla tradizione romana. Mussolini impose una specie di purificazione della lingua eliminando anche tutti i forestierismi, vi porto qualche esempio: in luogo di “bar” fu imposto “mescita” (ma anche più fantasiosi barra bibitario), al posto di brandy (ma anche di whisky) venne imposta “acquavite”, ma anche “tramezzino” al posto di “sandwich”, e – fate attenzione che questa è bella – “bevanda arlecchina” al posto di “cocktail”.

Il “lei” venne invece abolito (aborrito) perché, come abbiamo visto, di origine spagnola. Al suo posto tornò in voga il “voi” latino. C’è una data precisa in cui fu condannato a morte il “lei”: 15 Gennaio 1938, con l’articolo Abolizione del ‘lei’ scritto da Bruno Cicognani per il Corriere della Sera.

 

La situazione attuale

Con la caduta del fascismo il (povero) “voi” ha pagato un dazio non giusto, ma considerato che era stato praticamente imposto per motivi ideologici, è stato messo da parte per avversione politica. Al suo posto è stato rispolverato il “lei”, anche se il “voi” non è completamento morto.

Se vi state chiedendo se sia giusto usare il “voi” o sia meglio il “lei” oppure viceversa, sappiate che la grammatica moderna è flessibile, pertanto è possibile utilizzarli entrambi senza sbagliare. Tuttavia si preferisce il “lei” dove s’impone un atteggiamento reverenziale nei confronti dell’interlocutore.

Nella Grammatica italiana con nozioni di linguistica, di Dardano e Trifone a pagina 168 si legge:

  • Confidenziale
    • Singolare: tu
    • Plurale: voi
  • Reverenziale
    • Singolare: lei (raro ella)
    • Plurale: loro (oppure voi)

 

Il “lei” è diffuso in tutt’Italia, mentre il “voi”, anche se lo si può ascoltare in tutta la penisola, ha maggiore frequenza in Abruzzo, Marche, Umbria, Puglia, Campania e Calabria (cfr. Rohlfs, 181 da un’analisi del 1967).

 

In definitiva possiamo dire che non esiste una vera e propria regola che impone l’uso del “voi” al posto di “lei” o viceversa, come non esiste una regola per l’uso del “tu”, tutto dipende da un’appropriata analisi della situazione e del rapporto che si ha con l’interlocutore.

Finisco quest’articolo con una curiosità che riguarda il web. Su Internet è molto frequente l’utilizzo del “tu” anche tra persone che non si conoscono, pensate ai forum, alle chat, ma anche allo stesso Facebook. Molto spesso anche i messaggi sui siti istituzionali danno del “tu”, prendiamo ad esempio i siti delle banche, ne riporto qui qualche esempio:

  • Banca Mediolanum: “stai comodo e decidi tu”, “puoi scegliere liberamente”
  • Unicredit: “costruisci il tuo futuro”, “richiedi subito”
  • Fineco: “il tuo consulente di fiducia”, “scopri subito”
  • Poste Italiane: “chiedi informazioni”, “scopri l’offerta”

A questo punto mi chiedo se Internet non porterà anche a una mutazione del linguaggio relativamente ai pronomi allocutivi e che non si tenderà a una progressiva diminuzione dell’uso del “lei” e del “voi” per tornare a un antico uso del “tu” per ogni occasione.

Massimo Petrucci
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4 Replies to “Le do del lei? No, preferisco il voi… e tu?”

  1. Mi auguro che si darà del “tu” a tutti un giorno perché è : inconfondibile (se dico : “lei cammina”,sto parlando di una donna,o sto usando il pronome di cortesia?).A me questo dualismo non piace perché confonde le idee,e fa perdere un pó il suo significato al pronome “lei”.Inoltre aiuta a non utilizzare il pronome “le” (complemento oggetto).Insomma se proprio si vuole utilizzare un pronome di cortesia meglio “Voi”,che è meno problematico,ma ancora meglio nessuno dei due non essendo necessari alla comunicazione. Il rispetto è dato dalle parole che utilizziamo,e non dal pronome

  2. ‘Barra’ [o, meglio, ‘barre’] al posto di ‘bar’ e ‘bevanda arlecchina’ [ma anche solo ‘arlecchino’] al posto di ‘cocktail’ sono intuizioni splendide che andrebbero incoraggiate per amore della nostra lingua e per difesa della nostra immaginazione (nessuno ride sentendo pronunciare ‘bistecca’ o ‘autista’, giusto?).
    Ma se c’è ancora chi non sa che ‘web’ e ‘Internet’ possono essere tradotti semplicemente con ‘rete’ e ‘interrete’… In fondo il provincialismo, si sa, è sempre stato un difetto degli italiani.

  3. …ho letto quasi tutte le informazioni che ho trovato sui diversi siti web pero ancora non e chiaro se e corretto o incorretto usare Voi come allocutivo di cortesia, per rivolgersi a una singola persona, con la quale non si è in confidenza…
    Per esempio ha chiamato un cliente che non conoscevo e chi si e presentato con il nome della Sua azienda ( io lavoro in un call-center per un negozio B2B) ed i miei colleghi mi hanno detto che dovevo parlare con il cliente alla terza persona singolare quando ha chiamato usando ,, ha ricevuto “… e non non alla seconda ,,avete ricevuto..” come ho parlato io..

    Come e corretto? Chi ha ragione?

  4. in alcuni paesi dell’Irpinia, specie tra i contadini si dava il tu a tutti. La mia nonna materna usava così.

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