Sono uno scrittore!

 

 

 

 

 

 

 

Al terzo squillo Carla rispose.

«Stefano! Ciao!»
«Ciao Carla. Ti disturbo?
«No, no. Figurati. Sono in centro, passeggio.»
«È uscito il mio libro!»
«Ma dai? È meraviglioso!»
«Sì! Sono emozionatissimo!»
«Sono proprio vicino alla Feltrinelli. Come si intitola? Voglio comprarlo subito!»
«No… ehm… da Feltrinelli non c’è ancora…»
«Ah! Allora vado alla Mondadori in via Roma?»
«No… ehm… ecco… nemmeno lì c’è…»
«Ah. Beh, in qualche libreria dovrà pur esserci. È un libro, no? Dai, dammi l’indirizzo.»
«Hai carta e penna?»
«Addirittura? Per un indirizzo?»
«Facciamo così, ti mando un sms!»
«Ok! Dai, dai, non vedo l’ora di sfogliarlo!»
«Ciao!»
«Ciao!»

Carla chiuse il telefono e attese. Dopo pochi minuti il bip le annunciò l’arrivo del sospirato messaggio. Fece un clic su “apri” e lesse ad alta voce un lunghissimo testo.

«www, punto…? Un indirizzo internet? Ma che roba è?»

Ecco. Questo è quel che accade ai pesci, sì, pesci che abboccano all’amo dell’Editoria a Pagamento. Qualcuno ama celare il tutto dietro il nome un po’ più chic “Pubblicazione con contributo”. Un fenomeno estremamente diffuso nel paese con meno lettori in Europa, ma che vanta più scrittori del resto del mondo.

La pubblicazione a pagamento consiste nel rivolgersi a una stamperia che si fa chiamare Casa Editrice al fine di stampare su carta (dietro lauto compenso) un centinaio di copie di alcuni scarabocchi prodotti da egocentrici e/o illusi. I testi, che nessuno ha mai letto prima (né, ovviamente, editato), sono poi acquistati in buona parte dallo stesso “autore”, il quale a sua volta cerca di piazzarli agli amici al prezzo di copertina. Le copie rimanenti, sono scaraventate in qualche semi-interrato in attesa che “l’autore” di cui sopra le acquisti a “prezzo di favore” per non vederle finire al macero.

In sostanza, dopo aver speso fior di quattrini per stampare robaccia, “l’autore” si ritrova con 100-200 copie del proprio “libro” a casa sua, nessuna distribuzione, nessuna presentazione e il portafogli vuoto. Sì, perché il contributo di cui stiamo parlando, non è di 50, 100 euro (che sarebbe comunque scandaloso). In alcuni casi, raggiunge e supera i 6-7.000 euro.
NB. Fatevi un giro sul web se non ci credete.

Anticipo subito chi (sentitosi chiamato in causa) risponderà che “anche alcuni grandi hanno cominciato così”. Provo pena per chi si cela dietro queste amenità.

Ora mi/vi chiedo: quale interesse può avere questo sedicente Editore a far sì che il vostro “libro” venda, quando lui è già rientrato delle spese e per giunta, alla grande?

Nessuno. E infatti il vostro “libro”, non solo non si vende, semplicemente non esiste.

Cosa penso di chi paga per pubblicare l’ho scritto in tutte le salse, ma voglio riassumerlo in poche righe.
Credo che chi pubblica pagando, non abbia la minima dignità artistica e, secondo il mio modesto punto di vista, tutto sommato non possieda nemmeno arte. Non starò qui a spiegarvi il perché molti decidono di pagare per pubblicare, anche perché sono certo che se non l’ha già fatto qui, il buon Petrucci lo farà presto.

Con questo articolo non intendo affatto aprire gli occhi a qualcuno, figuriamoci. Sono sicuro che chi decide di pubblicare pagando, sa benissimo quel che sta facendo, ma il suo ego e la voglia di sentirsi “scrittore”, gli impediscono di ammetterlo prima di tutto a se stesso, e poi agli amici.
Dicevo, appunto, non voglio aprire gli occhi a nessuno. Voglio solo che costoro sappiano cosa pensa di loro chi, come me, conosce benissimo certe dinamiche. Per me, in un certo senso, gli “scrittori a pagamento” fanno un bene alla società.

Un amico di Milano mi dice sempre: «Quando incontri un pirla, ti cresce l’autostima». Avrà ragione lui?

Io penso questo: pubblicare pagando una stamperia che si fa chiamare Editore e spacciarsi per Scrittori, è come regalare 30 euro a una prostituta, tornare a casa per farsi una bip! e poi andare in giro a dire “sono un Don Giovanni”.

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29 Replies to “Sono uno scrittore!”

  1. Articolo efficace. L’esempio dei 30 euro convincerebbe persino gli stampatori a cottimo. Tuttavia non sarei così definitivo con i polli. Quelli che tu hai chiamato pesci. Magari è gente che tenta il tutto per tutto. Magari! Anch’io ho le mie ambizioni letterarie. Ma preferirei non pubblicare affatto piuttosto che ricorrere all’Editoria a Pagamento. Poi c’è chi ha i suoi motivi. Io non ne ho. Sarebbe come infilarsi una supposta dove è ovvio vada una supposta.
    Mi scuso per la troppa eleganza!
    Tanto sai qual è la cosa importante? Scrivere!
    Quello che il mio editore non dovrebbe mai sapere? Scriverei anche gratis.
    Ma alla fine io un editore non ce l’ho. Posso ancora permettermi certe affermazioni. Che culo! L’eleganza oggi mi sta piombando addosso.
    Che m’importa che quello che scrivo non lo leggerà mai nessuno?! Che mi frega se oggi alla Mondadori è appena uscito il Best seller di Mister X con tanto di recensione sul Corriere della Sera?! Non sai chi è Mister X? E’ il figlio di Lady B! Il suo romanzo sarà sicuramente più interessante del mio!
    Chiariamoci. Se scrivessi un libro dove racconto delle notti trascorse a concupirmi con X,Y, e Z probabilmente sarebbe un Best Seller. La gente mi riconoscerebbe come uno scrittore. In tal caso mi toccherebbe scrivere il seguito del porno dentro un collegio femminile con tanto di suore, acqua santa e psichiatra. Il posto dove i miei riterrebbero opportuno mettere in clausura la mia esuberanza. E nel secondo volume, per non tradire le aspettative dei miei consumatori, mi toccherebbe raccontare di essere caduta in tentazione appagando la libidine con quel che c’era nel collegio. Vuoi vedere che per essere scrittore devo diventare sgualdrina e omosessuale?
    Voglio dire che nonostante sia difficile pubblicare, è sempre meglio che illudersi.
    Non si è scrittori perché si pubblica. Non si è scrittori perché si scrive o si guadagna scrivendo. Se questo è lo standard io dovrei essere definita uno scrittore solo per il callo che ho all’anulare. Solo per le ore passate nel posto in cui finiscono tutti gli scellerati quando scrivono. Solo per gli alcolici e i caffè consumati davanti ad un pc. Tutte le energie. Tutto il lavoro. Le notti insonni. Rileggere, correggere, lasciare riposare, riprendere.
    Correzione, ricorrezione. Nel tentativo di inseguire la mancata perfezione. Dovrei esserlo solo per le tante delusioni, i tanti ci riprovi. Gentile Autrice il suo manoscritto è troppo breve. Caro editore è un racconto! Lei cerchi di rispettare gli adempimenti formali e di accettare le critiche costruttive. Va bene cercherò di allungarlo. Prima lezione di anatomia: le parole non sono muscoli! I racconti non sono romanzi. Memorandum: non scrivere racconti perché non li vuole proprio nessuno.
    Signorina lo sa lei scrive proprio come uno scrittore, e uno scrittore può piacere e non può piacere. Io sono uno scrittore che non piace. Alla fine mi tocca prenderla con filosofia. Lo sai dove vero? Forse copierò l’idea a Giovanna Arcidiacono. Continuo a spedire sapendo quello che mi rispondono e poi scriverò un bel libro su quello che mi hanno risposto.
    Giovanna non mi farai pagare il copyright?
    Per essere scrittori ci vuole una vita intera. E per la maggior parte del tempo si è disoccupati!

    Mi vado a rileggere Hemingway. Mi sento quasi imbarazzata per aver pensato di poter essere uno scrittore.

  2. Piccola postilla da addetta… 😉 (premetto che non mi riferisco alle persone che hanno commentato ma ragiono ad alta voce rispetto a quanto mi è noto, anche se devo dire circa le tipografie che non fanno libri ma stampati. Cioè cose non commerciabili, perché non hanno isbn né nient'altro che li renda vendibili, quindi figurati se la libreria sceglierà di prenderlo… Se vuoi comprare gli isbn vai a vere quanto costano… se vuoi proprio sapere i costi delle tipografie, vai e fatti due risate 😉 )

    Ragioniamo sul capitolo librerie e "cosa ne è di un libro una volta pubblicato regolarmente".

    Le librerie hanno politiche che non c'entrano con le case editrici. I librai sono commercianti, ragazzi.

    Le librerie non sono depositi o magazzini. Quelle di catena men che meno prendono libri di sconosciuti (editori e autori) e spesso neanche i franchising di catena lo fanno – perché comunque librai veri non ne esistono più (sono pochi e volenterosi, ne conosco tanti ma stanno svanendo) e si dà il caso che il 90% del prodotto degli esordienti sono sciocchezze (a parità di sciocchezze, quelle delle major vendono. A chi non lo so, ma vendono 🙂 ). Inoltre, quando lo fanno (a parte la rara eccezione di un Antonio di Pesaro che ha comprato 70 miei libri di un titolo e 20 di un altro), lavorano su quantità che vanno dalle 2 o 5 copie in conto deposito (per titolo). I libri delle major invece spesso e volentieri li devono acquistare prima, cioè prima di avere i clienti che poi vadano da loro a comprarli… Alcune librerie lavorano al 40 o 50% e ti chiedono di mandargli i tuoi amici ad acquistare. Cioè gli devi fornire il cliente tu.

    1. @Alessandra hai dato una lunga testimonianza della galassia "libro" : molta carne a cuocere.
      Credo però che gli editori a pagamento non ne escono assolti.
      Voglio aggiungere la mia in breve:
      a) non pretendo di vivere di rendita con i diritti editoriali dei miei libri
      b) non mi sottraggo ai miei doveri di promozione
      c) credo che pubblicare con un editore a pagamento non ti porti da nessuna parte
      d) scrivere è un lavoro (se fatto con serietà) e quindi va ricompensato

      1. : – )

        Raffale da me non hai sentito dire che voglio assolvere qualcuno, ma ti prego, basta assolvere gli autori. leggo commenti qui e altrove – oltre a sentire delle scemenze spacciate per cose serie, da tantissime persone, e ho i brividi. per cui, vorrei invitare le persone a non sentirsi in dovere di scrivere e fare altro… in troppi parlano di cose per cui non sono tagliati. basta capirlo. che è il primo passo. ciò che fa un editore, francamente, viene dopo. non possiamo buttarci in avanti per evitare di guardare qui e adesso.
        Tu non pretendi di vivere di rendita eppure lì fuori è pieno di soggetti che lo vorrebbero. gente che i libri a malapena è in grado di scriverli. Io ho pubblicato senza tirare fuori un cent ma non mi sento di dire di essere andata lontano – per quello che mi pare di capire che intendi per "lontano" (e parlo particolarmente dei miei primi due libri, da persona che sì, ha uno spirito e un sentire, non è l'ultima poveraccia della compagnia). Poi, non so… ma cosa vuol dire "andare lontano?". 🙂

        Io credo nelle persone con un avvenire segnato dentro, non con sulla bocca e negli occhi l'immagine del film tratto dai propri libri né basato sullo stereotipo indotto da cinema e tv relativamente a una serie di operazioni come quelle commerciali in cui nessuno mette un euro ma tutti vogliono guadagnare. se ci raccontiamo una favoletta diversa è per ovvie ragioni 🙂

        sarò ingenua, ma sono di una serietà che mi spiace dirlo, io lì fuori non vedo, non sento, non leggo. nè da autrice, nè da editore, nè da agente. so come lavoro io, so che lavoro 18 ore al giorno 7 giorni su 7 con due professionisti che si fanno in 4 e in altri multipli di 4, per fare al meglio un lavoro che è anche una scelta di vita, non un passatempo, e so anche perché ho smesso di lavorare per altri. altri ad esempio non pagavano il mio lavoro. giustamente direi. erano editori cosiddetti non a contributo, tra le altre cose. volevano il mio impegno pieno ma gratis. e poi se ne esce lo "scrittore" dicendo che lui vorrebbe guadagnare… ah ecco. LUI. io che ci lavoro no. lui che a malapena sa coniugare un verbo sì… affascinante direi 😉

        C'è una enorme confusione, chiamiamola anche voluta ignoranza. Se c'è gente che crede di poter pubblicare con Adelphi, che dice che si deve fare gavetta e attendere le risposte inviando agli editori di una lista… non siamo messi benissimo. Conosco anche editor e contro-editor di certe case editrici dai nomi risonanti. spesso non c'è proprio regola, se non quella del "pubblichiamoci tra noi". Una mia cliente voleva essere "raccomandata alla Nottetempo", ignorando innanzitutto che se hanno ripubblicato Tayne sicuramente non avrebbero pubblicato lei, poi che la c. editrice è di una Bompiani e di una Einaudi. Che fanno gli editori per quello e pubblicano Tayne per ottime ragioni. Quindi fare le liste e contro-liste di editori e contro-editori lascia davvero il tempo che trova. L'onestà intellettuale di TUTTI, sarebbe piacevole, alle volte 🙂

        Liste sul lavoro di training autogeno cui deve sottoporsi un autore serio no, non ne ho lette mai in giro. Io ad esempio quando lavoro con gli autori prima voglio conoscerli. Li invito a fare esercizi. E non parlo di cosiddetti esercizi di scrittura creativa quanto di esercizi mentali per agire sul proprio sé.

        allora prima gli autori lavorino bene. non è accettabile pensare che tutti i lamentosi che riempiono i forum abbiano ragione. sappiamo che le case editrici sono sommerse di spazzatura. non diamo la giustificazione a queste persone per favore. è degradante per chi è davvero in grado di apportare contenuti a livello letterario. io difendo questo e solo questo. e sinceramente non vedo lo stesso quando sento (leggo) parlare di editoria. ciò mi rammarica parecchio. penso lo capirai 😉

        Scrivere non è un lavoro. Te lo dice una che scrive anche per lavoro. ANCHE per lavoro. La letteratura non è un lavoro. E' una speranza. Cioè la speranza di farla. Abbiamo elevato la mediocrazia a lavoro ed eliminato l'arte dai nostri interessi – mica per noia… perché coscienti di non essere in grado di proporne.

        Ecco perché io non me la sento di assolvere proprio nessuno – né nessuno può evincere niente di simile dalle mie parole (e se lo fa lo fa per assolvere se stesso) – a partire da chi scrive. Perché mai dovrei farlo?…

        Il mestiere di scrittore esiste se esiste la relativa figura che paga il tuo lavoro. Chi dovrebbe pagarlo, oggi il tuo (dico tuo in generale), quando ci sono autori noti, per quanto cmq prezzolati, che lo fanno fare meglio, da più tempo, con più costanza, e hanno alle spalle una carriera nelle arti? Faccio un po' l'avvocato del diavolo. Io mi trovo in una posizione favorevole ma ho lavorato sodo per ottenerla e mi rimetto in discussione ogni giorno per mantenerla.

        Poi però apri un qualunque sito e leggi che tutti vogliono fare gli editor, i giornalisti (fanno confusione tra giornalista e blogger…), gli scrittori di mestiere. Colpa dei film americani. Hanno raccontato una cosa del tutto improbabile per l'Italia.

        🙂

        1. Non la faccio tanto lunga: quando parlavo di lavoro mi riferivo alla mia esperienza personale. Per me scrivere è "fatica" mentale ed anche fisica, è riflessione, è ricerca, è mettersi in discussione.
          Circa l'andare lontano: che senso ha pubblicare un libro che sarà letto solo dagli amici/parenti!

          1. Raffale… gli intenti intellettuali prescindono la mera questione della pubblicazione. Penso tu ti renderai conto di questo, per cui, "andare lontano" non riguarda l'editore ma te e me, che scriviamo, e il nostro cammino di elevazione personale. Ho degli amici che hanno pubblicato con Electa e la Newton… Sono più sconosciuti di me. I loro pubblicatori sono noti. Non loro. Finiranno al macero a breve. Poi scusa, ma ti pare che da quello che dico io si può evincere che mi interessi farmi leggere da parenti e amici? Orfani e asociali allora sono messi proprio male… 😉

            Non riduciamo – neppure dal punto di vista dialettico – la faccenda a cosa di poco conto.

            Io la faccio lunga perché ho delle cose da dire e mi piace raccontarle per bene. 🙂

          2. Forse c'è un equivoco di fondo: mai detto che tu la fai lunga.
            Sono io che amo la sintesi.
            Alla fine diciamo la stessa cosa.
            Credo comunque che se si scrive in maniera qualitativamente "decente" qualche risultato sia come vendita che come critica si ottiene.
            Non parlo certo di best seller, per questi entrano in gioco altre variabili tra le quali la qualità non è certo al primo posto.

  3. Ma gli autori vogliono la distribuzione, che è anche giusta (non fosse altro per la legge dei grandi numeri… ammesso che poi il libro sia messo in posizione decente, non di dorso) e sbavano per questo, vedersi in vetrina, come se la libreria vivesse per dare mostra di loro e non avesse facoltà di scelta. I librai buoni sono sempre meno, c'è poco dialogo tra le parti, e soprattutto la cosiddetta informazione che tratta l'editoria è frammentaria. Tutti, a sentire le varie parti, hanno ragione del proprio dire e fare. Poi vai a vedere nel dettaglio e magari non è proprio così la canzone… O non del tutto. Conosco gente che lavorava "gratis". Ma ciò voleva dire che di primo lavoro SICURO faceva altro, e come HOBBY faceva l'editore "alternativo" (e autoreferenziale, dato che alla fine pubblicava gli amici); non pagava editor, grafici, illustratori, né garantiva il minimo diritto d'autore. Solo la tipografia, nell'ordine di migliaia di euro, che però lavorava col culo, facendo malissimo i libri. Alla fine quel gruppo di persone ha smesso di fare libri, perché senza entrate, ci sono solo le uscite. Da qualche parte i soldi devono saltare fuori. Sempre. Che siano 10 euro o mille. Infatti, non per niente, un caro editore che frequento molto da vicino, non promette né propone. Sa di non chiedere niente a nessuno e che non ha forze finanziarie adatte, e non va da nessuna parte, in nessuna libreria. Non se lo può permettere. I suoi autori ne soffrono ma se ne devono fare una ragione. Molti altri aspirano ad essere autori di quell'editore perché non chiede loro niente. Però in fondo è un editore, diciamo così perché cmq è iscritto al commercio con quel titolo, intelligente, perché per avere a che fare con la distribuzione reale (che non passa in mano a Ediq e simili) sa che deve spendere tempo, energie e denaro, risorse che forse, per come vanno le cose, anche con autori estremamente sottili e meritevoli, non pagano, non ti consentono di vivere e produrre per investire nel tempo su altri. Un editore che non riceve il resoconto periodico dalla libreria nè il pagamento della fattura, non può fare neanche il calcolo e il pagamento dei diritti d'autore allo scrittore in questione. Ecco perchè forse è più intelligente non andare in libreria. Il distributore i conti li fa presto. Tanto a meno di ordini reali dei tuoi amici o degli amici degli amici degli amici, nessuno gli richiede il libro, quindi in un anno ne vende unicamente 12 – mentre 100 ne ha comprati tu di tua spontanea volontà, al 50%, perché volevi venderli agli amici e farli conoscere a chi non saprebbe comunque della tua esistenza.

    Si parla di editori a pagamento e di finti editori (amici miei… conosco gente che non ha mai chiesto un centesimo a nessuno, che è editore quanto io sono Miss Universo taglia 36…). Non si parla mai di non scrittori – che però si impuntano per pubblicare (e amici, PUBBLICANO ANCHE GRATIS) e poi vanno sui forum a sparlare. Perché l'autore è sempre autoindulgente e si assolve dal dover essere al corrente di certi "dettagli" che si spacciano per "irrilevanti"?

    L'editore non fa beneficenza ma dà da mangiare a parecchia gente. Fino al libraio. Fatevi due conti. o aprite una casa editrice. E attenzione a ricordarci che ci sono editori che lo fanno di primo mestiere, ed editori che lo fanno di secondo o terzo. Troppo facile fare i grandi quando si viaggia già sul comodo – per quanto lecito. Perché se non si deve difendere nessuno non si deve difendere neanche quell'autore che mi interpella come editor e non vuole pagarmi ma vuole lui guadagnare dal suo lavoro. Non ci ha speso niente (neppure a livello intellettuale) ma vuole dei soldi. Tra un po' devo pagarlo io… Nè quella ragazzina che lamenta la mancanza di editori puri ma vuole vivere del "mestiere" di scrittore, senza mai chiedersi "ma io sono davvero uno scrittore?" e "chi dovrebbe pagarmi?". Viviamo in tempi in cui l'aspirazione della massa è vivere di rendita, vincere alla lotteria e avere soldi vita natural durante.

    Alle volte, esagerando, così, per ridere, dico tra me e me "la scuola dell'obbligo ha creato dei mostri" xD

    un saluto ad Alessandro e Luana 🙂

    Alessandra

  4. Io faccio distribuzione e prendo anche gli ordini. Molti devo ordinare copie per i clienti e chiedono con una certa ansia MA LE SPESE DI SPEDIZIONE? SA, IO NON POSSO GRAVARMI… ah ecco… e poi è l'editore lo stronzo… tu non ti puoi gravare per soddisfare un tuo cliente ma io che sto alla fonte e spendo un botto di soldi per 200 autori e 300 librerie posso? Ma com'è 'sta storia? Capite? Ci sono cose che non tornano… L'autore deluso spesso è solo uno che ha scelto male ma può rifarsi. Più merita più potrà rifarsi sentendosi bene con se stesso. 🙂

    Questo è solo un esempio marginale. Ci sono quelli che saldano di volta in volta – e che non dicono L'AUTORE MANDI I SUOI PARENTI… – e quelli che manco dopo una presentazione con vendita diretta di 39 copie o 70, ti danno il dovuto (cioè il libraio becca subito, l'editore anche dopo 12 mesi… e non parliamo di cifre milionarie… per voi è lecito?). Lo stronzo è l'editore se poi non si fanno presentazioni e l'autore non è in libreria… I sacrifici di uno solo per rendere felici tutti. Ma i soldi da dove piovono? Da papà Silvio? Secondo me tanti vorrebbero la botte piena e la moglie ubriaca, preferendo ignorare tante verità contingenti. Ora con la storia delle tariffe editoriali cancellate, sarà più dura per chi era già dura prima. A contributo o non a contributo, è pur sempre un carico di lavoro immane. E so bene che agli autori di solito non frega niente se l'editore alle 3 di notte è ancora sveglio a sacramentare per fare in tempo la spedizione per una presentazione. L'autore vuole passare davanti la vetrina e specchiarsi.

    E tutto ciò solo per fare dei minuscoli esempi di cosa voglia dire lavorare con le librerie. Non diamo la colpa di tutto agli editori se l'editoria è imputtanita. I libri devono essere acquistati non solo ACQUISTABILI.

    Le librerie Coop hanno una commissione che esamina il libro. Ma ci rendiamo conto? Cosa sono? Laureati ad Oxford e premi Nobel per la letteratura? Ho il sospetto di no, ma magari sbaglio.

    Sapete ogni quanto paga una libreria? Io vado in libreria e i libri li pago subito. Non dico "te li pago dopo, tu devi credere in me"… (attenzione: non generalizzo dicendo che le persone lavorano male. in generale le persone lavorano bene… credo. MOLTI, però, lavorano malissimo, o peggio fingono di lavorare, facendo un danno a tutti, fino alla fonte e alle rispettive categorie di appartenenza). Fanno il contrassegno solo di volumi ordinati e se li ordinano sicuramente il merito non è loro, ma dell'autore che si è premunito mandando amici e parenti. Le Feltrinelli poi non ordinano praticamente nessuno al di fuori dei loro "circuiti". Sono centralizzate come la CIA. Ho preso qualche ordine della Feltrinelli, al telefono, e mi sono sempre trovata a parlare con gente che non ha proprio idea di come si fa quel lavoro. Commessi e sub-commessi che – sappiatelo – i vostri e nostri libri non sanno neanche come sono fatti (ma neanche i libri in generale) e quindi figuriamoci se per simpatia e cordialità sceglieranno di prenderli, azzerare i loro guadagni, fare una vetrina fissa e manifesti per la città…

    Un editore dotato di buon senso lavorerebbe unicamente per scongiurare di finire in libreria, perché lui non ha il minimo ricarico. Si paga la spedizione, tiene in giro dei libri anche per anni, forse non li rivedrà mai più (spesso i librai chiudono, perdono i volumi, o fingono…), spesso paga anche il reso, specie quando è costretto a riprendersi il materiale perché il libraio magari è in difficoltà e rischia di perdere i libri se non manda il corriere a ritirarli… Molte volte perde proprio i soldi che gli devono, perché il libraio non paga le fatture (già, perché solo i librai hanno le bollette… gli editori no).

  5. Ptrei anche essere d'accordo con te, e penso che sia facile insultare chi pubblica a pagamento…lo ritengo però poco intelligente…
    Solo perchè una persona paga nella speranza che il suo libro venga pubblicato (ok, speranza vana finchè vuoi…ma le speranze a volte ci tengono in vita) questo deve essere considerato senza talento? Spesso per farsi leggere bisogna avere conoscenze e/o spinte che i "comuni mortali" non hanno…e le delusioni alle quali si va incontro sono forti e tante.
    Te lo dice uno che sta rifiutando un sacco di proposte a pagamento…ma se un giorno volessi fare questa scelta (per diperazione o stanchezza…), non mi sentirei un idiota o uno scrittore scarso…chissà…leggimi e magari ne riparliamo.
    Odio le persone che insultano per partito preso, ne abbiamo anche troppe in Italia.

    1. Marco non credo che qui si voglia insultare. __Si invita a riflettere.__Un libro pubblicato con un editore a pagamento serve solo a soddisfare la vanità dell'aspirante. __Lo leggono solo gli amici, ha una distribuzione quasi nulla e non fa curriculum (anzi il contrario).____Circa ciò che scrivi, mi incuriosisci: dove ti si può leggere?

    2. Trovo curioso leggere messaggi del tipo “Io odio chi insulta”, rivolti evidentemente al sottoscritto (reo di aver insultato qualcuno non si sa bene dove) scritti da chi, poche righe sopra, scrive “chi insulta per me è poco intelligente”.
      Chi insulta per me è poco intelligente.
      Interessante. Vediamo un po’.
      “Poco intelligente” che significa? Facciamo “un po’ stupido”?
      Stupido è un insulto? Direi di sì.
      Dunque: chi insulta per me è poco intelligente -> Poco intelligente è un insulto -> Chi insulta per me è stupido, quindi siccome stupido è un insulto, io che scrivo “chi insulta per me è poco intelligente” sto insultando, ergo: sono stupido.

      Tutto ciò, tralasciando il fatto che IO non ho insultato nessuno, a meno che “scarsa dignità artistica” e “pesce che abbocca” non siano considerati insulto.

      Ma veniamo al succo della questione.
      Per quanto mi riguarda, e ripeto, per quanto mi riguarda (leggi: secondo me) chi pubblica pagando non è poco intelligente o idiota o roba del genere. Ha solo, ripeto, scarsa dignità artistica e, sempre secondo me, pubblicare pagando perché ci si è arresi di attendere la “spintarella” è una banale scusa.
      La Vanity Press, è un fenomeno sottile.

      Infine, una mia personale considerazione che vale per tutti i testi: se nessuno li pubblica, non sono degni di essere pubblicati – fine.
      Naturalmente ci sono rarissime eccezioni, ma in linea di massima sento di poter affermare che un manoscritto non diventa libro nel 98% dei casi perché non lo merita.
      “Non lo merita” non significa “fa schifo”. No. O meglio, non solo.
      Significa diverse cose, tipo: non è scritto bene, non è interessante etc, etc.
      Ma in rarissimi casi, può anche accadere che il manoscritto non abbia avuto la fortuna o (l’autore) la pazienza di trovare l’editore interessato.
      Del resto, nei commenti a questo articolo Massimo Petrucci ha elencato una serie di Case Editrici serie, oneste e valide.
      Sono tutte in attesa di raccomandazioni?

      1. Evidentemente non si è colto il segno di quello che volevo dire…ed è prevalsa la voglia – alla fine – di insultare davvero…
        Essere permalosi comunque non è un delitto…quindi…bravo, hai ragione su tutto…
        Speravo di partire con un dialogo costruttivo, ma evidentemente non tolleri critiche.

        1. No, Marco. Mi sono limitato ad analizzare il tuo testo e, se lo rileggi, ti accorgi che ad insultare Marco, è stato Marco, nel tentativo di offendere me dandomi del poco intelligente.
          Continui a sostenere la tesi secondo la quale io avrei insultato qualcuno e ti invito, nuovamente, a dirmi dove l’ho fatto.

          Proseguendo seriamente. Il dialogo costruttivo? Basato su cosa, di grazia? Sul tuo “odio chi insulta”?
          Se, invece, per te il dialogo costruttivo deve basarsi sul tuo Solo perchè una persona paga nella speranza che il suo libro venga pubblicato questo deve essere considerato senza talento?, la mia risposta è presente nel testo.

          Cit. Credo che chi pubblica pagando, non abbia la minima dignità artistica e, secondo il mio modesto punto di vista, tutto sommato non possieda nemmeno arte.

          Riassunto: sì. Per me chi paga non ha talento. Per me. Fine.

          Infine, se stai rifiutando un sacco di “proposte a pagamento”, credimi, stai sbagliando destinatario dei tuoi manoscritti.
          Gli “stampatori a cottimo” ormai sono noti a tutti.
          Manda il tuo manoscritto a uno degli editori della lista scritta da Massimo Petrucci e facci sapere se ti chiedono soldi che li sputtaniamo insieme (passami il francesismo).

  6. Ne so qualcosa. La prima Casa Editrice mi propose un contratto a mie spese: 5000 euro circa. La seconda era una casa editrice di Bari, la Palomar, sui 2000 euro, con una percentuale sui diritti d'autore dell'8%. Sono trappole, trappole allucinanti. Piuttosto stampo tramite web e promuovo io stesso il mio libro. E' quello che ho fatto e per ora mi va bene così. Almeno non ci saranno copie invendute.
    Ho mandato il mio ultimo romanzo a una casa editrice che NON chiede il contributo. I tempi di attesa vanno dai sei ai nove mesi.

  7. Assolutamente d'accordo al 100% con l'articolo!! Pubblicare a pagamento è DAVVERO una fregatura. Se uno vuole fare SUL SERIO lo scrittore, e pubblicare, l'UNICA maniera è spedire manoscritti (il manoscritto MIGLIORE che si è riusciti a realizzare, seguendo certi standard editoriali perlomeno MINIMI, non la prima bozza, MAI!! la prima bozza…) finché uno non viene accettato. Ci possono volere 1 anno come 10, ma d'altronde è questa la "gavetta". Poi bisogna scrivere tanto, tanto e tanto, cercando sempre di migliorarsi… non credere ai parenti entusiastici di parenti ed amici… hmm… poi che altro? Ah, sì: conoscere gli strumenti del mestiere 😛 ce n'è un milione in giro di libri su come si scrive, basta avere la voglia e la costanza di farlo 😛

    Poi vabbé, se uno ha il romanzo nel cassetto e ne vuole tirare 20-50 copie per parenti ed amici le TIPOGRAFIE queste cose le fanno, eh. Basta andare lì col CD o una chiavetta USB, il file anche di Word va bene. E si paga MOLTO meno che passando attraverso una fantomatica "casa editrice" che di tale non ha proprio nulla.

  8. la linea che separa gli egocentrici e/o illusi dai talentuosi é davvero sottile… ogniuno ha bisogno del suo sogno da coltivare, se poi uno ha bisogno di adulare la propria vanitá facendosi stampare a pagamento i propri scritti affari suoi….
    Cosa separa l´arte dello scrivere piuttosto che del dipingere o del fotografare dalla pura e semplice banalitá o dal dejá vu?
    Peraltro ci sono molti scrittori affermati e sotto contratto con case editrici che se ne escono con delle boiate impossibili… e vendono!!!!
    Credo che chi é arrivato a farsi pubblicare un libro da una casa editrice seria abbia fatto cammino e molta gavetta… sicuramente non é quello che per aver pubblicato sul suo blog quattro scemenze che chiunque di noi sarebbe in grado di scrivere!

  9. normale amministrazione…il brutto è che l'editoria prende contributi statali…e ancor peggio quando s'inventa concorsi letterari….sapendo già cosa pubblicherà….vecchie storie, ma se uno si sente scrittore o scrittrice che deve fare???scrivere e magari pubblicare da solo come???si paga la tipografia e poi come distribuisce magari via internet o trovando altre strade ora poi c'è pure il libro digitale…certo però la soddisfazione di farsi pubblicare da un feltrinelli, mondadori od altro sarebbe un'altra cosa?! Mah! io continuo a scrivere, mi fa bene…continuo a spedire sapendo quello che mi rispondono e poi scriverò un bel libro su quello che mi hanno risposto…perchè non lo scriviamo insieme atutti quelli come noi
    ciao e scrivi …
    continua a scrivere che ti fa bene…

  10. Ciao a tutti, qui trovate alcuni miei commenti e riflessioni.
    Il passeggero: figlio di un dio minore | GraphoMania
    http://www.graphe.it
    Se vorrete vi leggerò volentieri su Face!
    Maurizio Alberto Molinari

  11. Non sono del tutto d'accordo sulla totalità dell'articolo perchè di cose da dire ce ne sarebero di più. però concordo in pieno sulla parte delle case editrici.

  12. Se uno proprio vuole vedere qualcosa di suo stampato può rivolgersi direttamente a una tipografia, che gli farà sicuramente un prezzo più basso, perché non sarà comprensivo degli pseudo-servizi delle case editrici a pagamento

  13. ci date un lenco di piccole, dignitose case editrici vere interessate almeno a leggere i lavori degli esordienti, senza pregiudizi e preconcetti?

    Grazie
    Patrizia

    1. Eccone alcune:
      1. Adelphi
      2. Aìsara
      3. Asengard
      4. Azimut
      5. Bohumil
      6. Dario Flaccovio
      7. Delos Book
      8. Editrice effequ
      9. Edizioni Creativa
      10. Editrice Nord
      11. Edizioni E/O
      12. Edizioni Rebus
      13. Edizioni XII
      14. Elliot edizioni
      15. Fanucci
      16. Fazi editore
      17. Foschi editore
      18. Galaad
      19. Gattogrigio Editore
      20. Giulio Perrone Editore
      21. Gwynplaine Edizioni
      22. Il Caso e il vento
      23. I sognatori editori
      24. La penna blu edizioni
      25. Las Vegas
      26. Leone editore
      27. Livello 4
      28. Marsilio
      29. Michele di Salvo editore
      30. Morganti
      31. Mursia
      32. Newton Compton
      33. Nero D’Inchiostro
      34. Perdisa editore
      35. Scrittura & Scritture
      36. Stampa Alternativa
      37. Tanit
      38. Tom Tom
      39. Villaggio maori edizioni
      40. Zandegù Edizioni

  14. Incisivo, dolce amaro, stramaledettamente vero. Questi i primi aggettivi che mi sono venuti in mente dopo aver letto l'articolo.
    Condivido pienamente, bip finale incluso.
    Luana, una scrittrice che ha (fortunatamente) pubblicato molto senza spendere un centesimo.

  15. Ho la fortuna di pubblicare per una vera casa editrice, veramente non a pagamento, che cura con attenzione ogni prodotto, è leale, distribuita nazionalmente….ma piccolina. Molto piccolina. Indipendente. Appena nata. E molti, troppi, librai, comunque non sono interessati a ricevere copie di lavori editati da loro. Feltrinelli e Mondadori se ne fregano, e spesso, purtroppo, anche diversi librai indipendenti. Se dai distributori e dai rivenditori specializzati non arrivano atteggiamenti incoraggianti, allora sarà sempre più facile e più diffuso dover comprare i libri su internet, anche di qualità e pubblicati gratuitamente, così come sarà sempre più facile e diffuso far passare come "prassi" il pagamento della pubblicazione, così come delle presentazioni dei libri e delle recensioni.

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