Italia in…canto

 

festival canzone over 50 
di Flavia Chiarolanza

 

Continuiamo a parlare di intuizioni. E osserviamo il percorso di chi, da vero segugio, sceglie le strade meno note. E giunto al bivio non ha timore di imboccare sentieri insoliti, anche al prezzo di un maggior numero di ostacoli da abbattere.

Intuire significa intercettare prima degli altri. Non solo gusti e tendenze, ma anche desideri covati a lungo nell’intimità. Significa promuovere eventi normalmente privi di rappresentanza, nei salotti più chiaccherati o nelle vetrine più appariscenti.

Significa insomma scalfire la superficie delle apparenze create dai media e irrompere nelle vite vere.

Esiste a Napoli una manifestazione di cui uno dei suoi creatori – Maurizio Merolla – ha dato l’efficace definizione di “terapia di gruppo”.

Conosciamo già Merolla e il suo amore viscerale per il tempo che fu. Le sue quotidiane lotte per recuperare memorie e tramandarle attraverso le molteplici forme dell’arte.

Lo avevamo lasciato alla guida di un gruppo di mimi, pronti ad animare oggetti in antiche botteghe. Lo ritroviamo ora alle prese con un festival della canzone riservato agli over 50, e dal nome evocativo di “Italia in…canto”. Giunto alla tredicesima edizione, questo evento si avvale di un efficace slogan che ne riassume in poche parole la vera e innovativa essenza: “13 lustri di melodie cantate con la forza degli anni”.

Immortali musiche di ogni tempo. E voci che diventano veicolo di ricordi.

Musica e voci dunque, come messaggere dal passato. Nunzi di storie autentiche che si rinnovano attraverso le note di un’orchestra.

 

Immaginiamo allora un prestigioso teatro, il Mediterraneo. Una giuria di esperti, che vanta nomi di rilievo in cima alla sua lista. Un pomeriggio domenicale che inaugura l’avvento della primavera partenopea, mai avida di temperature miti. E, ad animarlo, un artista del calibro di Merolla sempre pronto a infervorare platee con la sua carica di simpatia e professionalità. Ma soprattutto, con il garbo che lo contraddistingue. Perché di garbo e delicatezza occorre parlare, in presenza di approcci a forme di intrattenimento così singolari.

Vedremo sul palco, mi suggerisce con ironia il caro Maurizio, artisti di età compresa tra i 50 e i 150 anni, longevi come l’Unità del nostro Paese. Interpreti passionali e non semplicemente vanitosi né disposti a esibirsi per puro spirito di goliardia. Vanità ed esibizionismo darebbero, infatti, vita a qualcosa di già visto. Sappiamo invece che Maurizio sperimenta, mai rubando o plagiando. Furti che piuttosto subisce, a causa di un talento versatile che gli regala continui slanci di creatività.

 

Mischiando dunque le intuizioni di cui si parlava all’inizio e gli ingredienti appena elencati, unitamente all’estro di un Merolla in piena forma, si ottiene una rassegna che da diversi anni continua a riscuotere successo nella città di Napoli, così disponibile e moderna quando ci sono in gioco sfide da raccogliere. Lo dimostrano gli oltre dodicimila spettatori, reclutati nel corso dell’intero arco di vita della rassegna, i migliaia di aspiranti cantanti in ogni regione d’Italia – dopo l’iniziale circoscrizione del fenomeno –  e i duecento e più concorrenti che, debitamente selezionati sulla base di un vasto repertorio di successi sanremesi e capolavori della tradizione partenopea, sono giunti a coronare il loro sogno. Dinanzi ad una platea che si ingrandisce anno dopo anno, e nel mirino di una stampa sempre meno distratta.

Accesa la miccia, il fuoco si espande e così a lasciarsene bruciare sono stati anche nomi illustri che hanno scelto di sedere tra i banchi della giuria: Wilma De Angelis, Miranda Martino e Peppino di giuria festivalCapri per citarne alcuni dagli archivi delle passate edizioni; Orietta Berti e Luigi Necco per venire alla composizione dell’attuale corpo giudicante.

Il raggiungimento della fatidica terza età, se è ancora lecito denominarla in questo modo, schiude orizzonti e celebra risvegli. È il traguardo di chi inizia un’era così nuova da assomigliare piuttosto ad una rinascita. L’età felice dei capitoli chiusi e dei conti da saldare, nella gioiosa rincorsa ai crediti rimasti in sospeso con le vite proprie e altrui.

Cadono maschere, barriere e legacci di ogni tipo; non si avverte più la spinta delle pressioni sociali. E il pudore, inteso come recinto di inibizioni, fugge via mostrando animi in pieno fermento.

 

Che cos’è una voce? È seta su cui scorrono le parole, che scivolano leggere fino a penetrare ogni anima in ascolto. È acqua di sorgente, da sentire e toccare. Non ha bisogno di occhi, né di gingilli. Può nutrirsi di altre voci, purché siano tutte della medesima trasparenza.

Voce e tempo. Non possono vivere disgiunti. Quel tempo tanto caro a Maurizio, e che egli si affanna a farci conoscere ed amare in giro per piazze e teatri.

 

Abituati a kermesse in cui un brano musicale è puro sfoggio, veicolo di ostentazione, si è perso forse di vista il vero scopo della passione per il canto: raccontarsi. Riconoscersi nell’emozione che sottende ogni parola, sentirla sulla propria pelle. Solo l’esperienza può generare una tale empatia. L’età capisce a fondo e dunque può narrare intere epoche.

Generazioni che si danno il cambio sul palco, esprimendo ognuna la forza della propria vitalità. E avendo ognuna un bagaglio di emozioni vissute, che permettono di calarsi nel cuore del brano fino a coglierne la più intima natura. Canzoni che si arricchiscono di mutamenti ad ogni passaggio di testimone. Perché più avanza l’età, più vicino sarà l’interprete alla fonte che ha generato il brano.

 

Un tale, significativo evento è stato voluto ed è tuttora sponsorizzato dall’associazione 50&Più, i cui fondatori si sono ispirati alla voglia di liberare note che alberga nell’anima di ogni persona.

Una smania che prima o poi coglie tutti: quale voce, anche tra le più diffidenti e burbere, non ha mai ceduto al richiamo di una melodia canticchiata tra i denti? Intercettare desideri, si diceva. Specie quelli coltivati in discreto silenzio, da chi non è abituato a farsene portatore.

 

Ho come sempre modo di avvicinare Maurizio, nella duplice veste di collaboratrice di questa rivista ed amica, e così gli afferro al volo un braccio riuscendo a spingerlo su una sedia.

 

Allora, caro Maurizio, sentiamo: che cosa rappresenta per te questo Festival?

È una vetrina, elegante e sobria, in cui esporre i sogni – fino ad allora rimasti chiusi nel cassetto –  di quanti hanno superato un’importante soglia d’età, la cinquantina. E forti di un tale traguardo, che li pone al riparo dall’ansia di ultimare i canonici percorsi di vita, decidono di rimettersi in gioco.

 

Perché si tratta di una soglia così difficile?

Perché nessuno decide di dare spazio a questa età. Si ritiene solitamente che una persona non abbia più nulla da pretendere, dopo aver sfruttato o perso le occasioni della sua vita. Lo scopo dell’Associazione 50&Più è proprio quello di scuotere queste persone ed aiutarle a confessare le proprie passioni, stimolando la creatività laddove esista in potenza. Si tratta di capire che parliamo di una fonte inesauribile, di un pozzo senza fondo a cui attingere continuamente.

 

Un autentico patrimonio, quindi!

Chi mai, sia pure in tempi di ideali così capovolti, potrebbe disconoscere il sacro valore dell’esperienza?

 

Quindi è anche un modo per richiamare l’attenzione sui problemi sociali della terza età?

Certamente. Parliamo di una fase delicata, da gestire con cura. È il momento in cui chiunque può tentare di riprendere un cammino, precedentemente interrotto per dare spazio alle immancabili e tanto temute responsabilità. Chiunque può provare a riavviare un motore, prima che si spenga definitivamente aprendo abissi di solitudine. Gli spot pubblicitari suggeriscono creme, diete e interventi miracolosi. Noi proponiamo una terapia a base di adrenalina, ed un meraviglioso viaggio come premio. Alimenti per nutrire la mente, e restituirle la vitalità di cui ha bisogno. E la vitalità è contagiosa.

 

palcoscenico festivalParli spesso di “terapia di gruppo”. Mi colpisce l’uso di questo termine.

Certo, è una vera e propria terapia. Hai idea dell’emozione indescrivibile che si prova nel mettersi in competizione? E nel farlo insieme a quanti hanno alle spalle percorsi di vita analoghi. Un’idea sana di sfida, che ha piuttosto il rassicurante sapore del confronto. E di una missione: mantenere in vita melodie famose, attraverso la forza di intere generazioni.

 

Dunque è questo che spinge tante persone ad accettare la sfida del palcoscenico?

Direi proprio di sì. Una sorta di terapia sociale.

 

Tu vanti l’assenza, nella vostra manifestazione, di qualsiasi intento di natura commerciale. Da chi o cosa vuoi prendere le distanze?

Nell’universo televisivo ci sono numerosi programmi che gravitano intorno a due periodi della vita, ugualmente difficili: infanzia e terza età. Ma gli approcci sono a mio giudizio sbagliati. Ai ragazzi vengono proposti brani musicali di cui non possono comprendere a fondo il significato. È la loro giovinezza a non permetterlo, come è giusto che sia.

Riguardo agli adulti, invece, sembra che l’unico modo per farsi perdonare l’età sia scherzarci su al punto di ridicolizzarla, senza esaltare quanto di buono può esserci in una vita giunta nel mezzo del suo cammino, ed anche oltre. Memoria, esperienza, vissuto personale, sono corollari dello stesso evento: la perdita di giovinezza. Il che è imperdonabile, nella nostra società.

 

Torniamo a parlare dei concorrenti: possono scegliere liberamente i brani da interpretare?

Le canzoni sono scelte dalla Commissione artistica, ed indicate in un elenco pubblicato insieme al bando. Ogni concorrente dovrà ricavare, da questo elenco, un brano tra quelli proposti nelle varie edizioni del Festival di Sanremo ed una canzone della tradizione napoletana. Questo è uno degli aspetti della manifestazione che prediligo: le selezioni avvengono in tutta Italia, e trovo commovente vedere persone di altre regioni cimentarsi nel nostro difficile dialetto, così complesso ed unico.

 

Che importanza ricopre questa manifestazione per Napoli e la Campania?

Come ti dicevo, contribuisce alla diffusione delle nostre tradizioni sia linguistiche che musicali. È anche un’occasione per riempire le nostre strade di turisti “fuori stagione”. Ed avvicinare la città di Napoli a chi non è abituato a guardarla con occhi diversi da quelli di tv e giornali.

 

Hai parlato di “memorie musicali”. Che cosa intendi, esattamente?

Colonne sonore della propria vita. Ma anche di quella dei genitori, dei nonni. Il più anziano in gara avrà ancora più memoria da raccontare e tramandare attraverso canzoni di un’epoca, vissuta in prima persona.

 

Ricordi qualche aneddoto legato alla tua esperienza di presentatore della kermesse?

Più che di un evento in particolare, vorrei parlarti dell’aria che si respira dietro le quinte. E di un simpatico capovolgimento dei ruoli. Vediamo infatti nipotini e figli accompagnare i trepidanti genitori e nonni, ed infondere coraggio a chi è stato pilastro e maestro delle loro vite. Ecco, io vorrei che questo fosse il definitivo marchio, il sigillo da apporre alla nostra manifestazione.

 

Con l’augurio che non ci siano cloni, giusto?

Con l’augurio di una sempre maggiore diffusione, in tutta la penisola, e sotto l’egida del nostro immortale dialetto!

 

Vogliamo lasciare i nostri lettori con un invito?

Molto volentieri. L’invito è quello di seguire la rassegna nel corso degli anni, non smettere mai di parlarne, aggiornare sempre la lista dei suoi partecipanti! Siate anche voi terapeuti del gruppo.

 

 

Parlare con Maurizio è sempre stimolante. Lo ringrazio, prima di salutarlo, e sono grata per essere riuscita a vedere nitidamente ciò che lui ha saputo descrivere con orgoglio: un palco a me finora sconosciuto ed un’atmosfera di intima condivisione. Non ho dubbi che il pubblico napoletano sarà in grado anche questa volta di celebrare degnamente l’evento. E di accogliere con affetto questi visitatori che hanno scelto di omaggiare le gloriose tradizioni della nostra canzone.

Vedremo dunque quali, tra le loro cadenze ed accenti, saranno più convincenti.

 

Ciao, e auguri a tutti di simpatici e longevi gorgheggi!

 

 premiazione
n.d.a.

L’ultima edizione del Festival, che ha avuto luogo il giorno 4 marzo 2012, è stata vinta dal novantaduenne livornese Giovanni Giacobini con l’interpretazione del brano “Malafemmena”.

Si segnala anche il Premio della critica conferito a Sergio Aprile, da Napoli, con la canzone “La vestaglia”.

 

 

Foto di Filippo Tufano

Fonte: Positano News

 

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2 Replies to “Italia in…canto”

  1. Grazie di cuore, carissima Sandra. Ogni tuo complimento mi sprona a dare sempre il massimo!

  2. Alessandro, le tue parole mi lusingano e riempiono di orgoglio. Grazie mille, non solo per aver letto l’articolo ma anche per avermi lasciato questo magnifico commento.
    Grazie di cuore anche a te, Fabio. Sei sempre un caro e prezioso amico.
    A presto

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