Sexy sospiri al buio

Cerchiamo dunque di riprendere il filo, prima che la memoria mi giochi brutti scherzi.

 

Vi ricordate il film hot (L’attimo fuggente 2)?

Qualcuno aveva preso sul serio la richiesta dei lettori, e il meccanismo si era messo in moto. C’erano i soldi, serviva solo la volontà dei protagonisti, Ramon e Didy.

Così aveva detto il regista, che aveva alle spalle un noto produttore.

A loro due era venuto da ridere, credevano che fosse una panzana.

Invece no.

 

Erano stati convocati per un provino, un’intervista preliminare cui sarebbe probabilmente seguito qualche scatto fotografico. Allo scopo era stato loro chiesto di vestire in un certo modo, e magari portare un cambio d’abito.

Vedendosi un’ora prima del convenuto, Didy e Ramon avevano avuto il tempo di menare un occhio ai negozi della zona, e lui aveva comprato, con l’aiuto di lei, una Tshirt carina.

Non che ce ne fosse bisogno, entrambi erano in tiro, lui in jeans blu scuro e giacca chiara che faceva ancora risaltare l’abbronzatura. Lei, che non li ama molto, con un vestito di Trussardi e tacchi alti.

A vederli insieme si poteva dire una gran bella coppia. Perfino in farmacia, dove si erano fermati perché lei doveva rifornirsi di garze e di cerotti per il bagno, la farmacista li aveva presi per una coppia di innamorati. Lui si divertiva un mondo a mettere in imbarazzo Didy chiedendo se approvasse la sua scelta di preservativi.

 

Erano entrati in ascensore per salire al sesto piano, il luogo dell’appuntamento.

Arrivati poco oltre il quarto… un sussulto, e STOP.

– Cazzo!

L’ascensore era bloccato a un piano o forse tra due, ed era buio completo.

L’improvviso black out nel palazzo si intuiva dal flebile bagliore della luce di emergenza che filtrava attraverso le porte serrate.

– Dai, mo’ riparte.

– Speriamo! Non vorrei arrivare in ritardo. Sai che figura?

 

Colti così di sorpresa, Ramon e Didy non sapevano che fare.

– Ci dovrebbe essere il pulsante dell’allarme.

Ramon stava provando a spingere tutti i pulsanti al buio, senza esito.

 

– Hai un accendino?

– Devo vedere nella borsa, mi sa di no.

 

Didy frugava nervosamente fra le anse della borsa.

 

– Prendi il cellulare, facciamo un po’ di luce con quello.

– Aspetta, l’ho trovato, l’accendino!

 

Neanche l’allarme pareva funzionare, e intanto la luce non tornava.

Passavano i minuti.

 

R. – Faremo tardi, mannaggia!

D. – Scusa avvisiamo che siamo qui sotto, così vengono ad aiutarci.

Ma entrambi i cellulari risultavano privi di campo. Tutta colpa della cabina metallica.

 

– CHE CAZZO!

– Stai calma, se ne saranno accorti nel palazzo che non c’è luce… vedrai verrà qualcuno a toglierci da questo guaio.

 

Il tempo passava.

Didy era nervosa, non riusciva a stare ferma. Andava su e giù, allargando le braccia come a tastare le dimensioni dell’abitacolo.

 

– Perché ti agiti tanto? (ridendo) Hai paura di me?

– Ma dai figurati, perché dovrei aver paura di te?

 

– Beh, un maschione che ti può saltare addosso, vuoi mettere… al posto tuo anch’io mi temerei…

– Ma smettila!

– Cercavo di tenerti su il morale. Perché non provi tu a tenere alto il mio? (cercando di afferrare la sua mano) Così ammazziamo il tempo…

– Ti pare il momento di scherzare?

 

– Luna storta?!… Ok, contiamo fino a cento. Vedrai che a 70 torna la luce… Uno, due, tre. Quattro…

 

– Ti prego Ramon fammi uscire… fammi uscire di qui!…

La sua voce aveva una nota di supplica.

 

– Calma, piccola, che sarà mai? Non ti voglio mica mettere le mani addosso.

– Ramon non hai capito!… (la voce alterata) soffro di claustrofobia, mi sta mancando l’aria!…

 

(finalmente realizzando) – AH!

Oddio, che vuoi che faccia? Posso tentare di forzare le porte…

 

– Ti prego fai qualcosa…

Ramon prova a forzare le porte, ma niente.

 

– Se non esco di qui nel giro di un minuto…

Ora Didy parlava e respirava a fatica, sembrava nel pieno di un attacco di panico.

 

– Fammi luce, vediamo se ci sono delle prese d’aria.

 

Alla luce dell’accendino si scorgevano in alto due piccole aperture in vetro scuro.

 

– Dammi la scarpa.

– Cosa?

– Provo a rompere il vetro con il tacco.

 

Didy si toglie la scarpa, la passa a Ramon.

 

– Dai a me l’accendino, mettiti di spalle.

– Sta’ attento!

 

Ramon assesta un colpo al vetro in alto, il primo tentativo fallisce.

Riprova. Niente.

– Ha poca presa, ci vorrebbe qualcosa di più pesante.

 

(Didy) – Cazzo, ma non viene nessunooo!!!! (singhiozza, sembra voler scoppiare a piangere)

 

– E va bene!

Ramon si toglie la giacca, la porge a Didy, poi si toglie la maglietta.

– Che vuoi fare?

– Ora lo vedrai.

 

Arrotola la maglietta intorno alla mano destra.

Lei lo guarda atterrita.

– Sei pazzo, così ti taglierai! Poi mi muori dissanguato…

 

– Decidi: preferisci morire per mancanza d’aria?

Per me va bene, non ce ne accorgiamo…

 

Sul volto di Didy alla luce della fiammella il più completo scoramento.

– Dai scansati, vai nell’angolo, e sta’ zitta per favore.

 

Didy esegue senza fiatare.

Ramon avvicina la mano al vetro, prende coraggio, poi sferra un colpo micidiale.

Dal rumore si intuisce che ha mandato in frantumi il vetro, un po’ d’aria comincia a filtrare nella cabina.

 

Tirata giù la mano, la Tshirt comincia a colorarsi di scuro.

Com’era prevedibile Ramon si è tagliato. Non è profondo ma il sangue scorre copioso sulla maglietta.

Per fortuna Didy ha l’occorrente in borsa per disinfettare la ferita e fasciarla con una garza.

 

Sono trascorsi venti minuti, è ancora tutto fermo.

Fa caldo in ascensore.

 

– Non mi chiedere di rompere anche l’altra… non potrei con la sinistra.

– Non fa niente, va bene così.

 

Stanchi di stare in piedi i due si accoccolano sul pavimento, le gambe piegate.

– Spegni la luce, meglio che non la consumiamo.

Restano al buio quasi completo.

 

– Fa male?

– Brucia un po’. Ci sarà il livido.

Le loro voci suonano strane al buio.

 

Lei si sistema accanto a lui, gli sfiora l’avambraccio con un dito.

Lui tenta di slacciare il bottone sulla zip dei jeans.

Lei sente armeggiare. Gli prende la mano sinistra fra le sue.

 

– Che stai facendo?

– Mi dà fastidio, mi slacci il bottone?

Lei lentamente esegue.

Lascia la mano destra da quelle parti, poggia la guancia su una spalla di lui.

Al contatto la pelle di Ramon s’increspa.

 

– Hai la fronte sudata, gli dice accarezzandogli la guancia.

La voce di lei ha cambiato tono.

 

Lui resta zitto. Non capisce ma non aspetta altro.

 

– Sei stato bravo, a quest’ora potevo essere già morta…

 

– Non vorrei allarmarti, ma se non viene qualcuno…

Lei gli dà un buffetto sulla pancia.

-Va be’ va be’… come non detto.

 

– Ce l’hai comunque un ultimo desiderio?

 

(Didy) – Non saprei. Tu?

(Ramon) – Io ce l’avrei…

 

Muovendo il capo, le sue labbra sfiorano quelle di lei, che al contatto non si tira indietro. Perciò lui continua delicatamente, per timore di svegliarsi da un sogno. Finché capisce che ormai sono là e o la va o la spacca, o coglie l’attimo oppure quell’attimo non sarà mai.

 

Il resto, beh, ve lo potete immaginare.

 

 

——-

Un’ora e venti, al buio.

——-

Quando l’ascensore riparte loro sono seduti per terra, abbracciati.

Lui infila la maglietta nuova, lasciandosi aiutare.

 

Il regista e il direttore della fotografia li accolgono in una stanza piena di locandine.

Ramon e Didy si scusano per il ritardo, spiegano che sono rimasti bloccati in ascensore per il black out. Che non potevano avvisare.

Ramon si scusa per aver dovuto infrangere il vetro nella cabina.

Il regista dice che non c’è problema, che anzi l’avrebbero lasciato aperto quel vetro, d’ora in avanti, per sicurezza.

Il regista si consulta con il collega, dice che data l’ora è meglio se rimandano tutto a un altro incontro, che è meglio loro vadano a casa.

Didy sembra sollevata.

 

Il giorno seguente vengono ricontattati e fissato un nuovo appuntamento.

Stavolta però nessun black out, per fortuna, almeno in ascensore.

 

Un black out mentale doveva coglierli di lì a poco, davanti a un DVD sventolato sotto i loro occhi.

Conteneva, stava spiegando il regista, la registrazione completa di quanto avvenuto in ascensore, filtrato attraverso una serie di mini telecamere di ultima generazione montate in vari punti della cabina.

Non che fosse loro intenzione realizzare artatamente un video di quel tipo, la cosa era stata accidentale, ma il black out era stato provocato, doveva cioè servire a tastare le loro reazioni, la loro emotività, esattamente come in una candid camera.

 

– Perché non ci avete fermato? Avreste dovuto avvisarci –  interruppe un po’ incazzato Ramon.

 

– Capisco il tuo disappunto – fece il regista – ma eravate così intensi, così veri… che ci è parso un sacrilegio interrompervi. Una scena del genere non sarebbe mai venuta così bene se fosse stata una semplice simulazione.

 

– Mi scusi, ma ora che volete farne? incalzò Didy

 

– Nulla, se non abbiamo il vostro consenso. Sono immagini private, privatissime…

Tuttavia… pensateci bene prima di decidere… valgono una fortuna.

 

Ramon e Didy rimasero in silenzio a fissarlo.

 

– Vi sto dicendo che potreste diventare ricchi, molto ricchi… e famosi.

Poi aggiunse che quella era l’unica copia, non ce n’erano altre, era già ‘lavorata’, e che nel caso avessero deciso di non utilizzarla tutto il materiale sarebbe stato distrutto e cancellato.

 

——-

Due giorni dopo squillò il mio cellulare.

 

– Ciao Gamy.

– Ehi, Ramon… come va?

– Bene, ehm… senti mi puoi fare un favore?

– Dimmi…

– Mi puoi accompagnare in aeroporto? A Ciampino?

– Parti?

– Sì, torno in Brasile per le feste.

– Quando?

– Dopo pranzo.

– Ma certo.

– Ti lascerei anche le chiavi di casa.

– Va bene. A che ora vuoi che passi?

 

——-

Ramon caricò la valigia e la sacca nel portabagagli.

La mano destra mostrava ancora un vistoso cerotto.

 

– Che hai fatto alla mano?

– Niente… ‘na sciocchezza.

 

Lo accompagnai in aeroporto.

Sulla strada per Ciampino volle che mi fermassi davanti a un palazzone del Tuscolano.

– Faccio in un attimo – mi disse, mentre lo aspettavo in doppia fila.

Dopo poco riapparve, gli occhi luccicavano.

 

La buttai lì, come di cosa ovvia – Hai sentito Didy?

– No.

– Sa che parti?

– Gliel’ho accennato tempo fa.

 

Non chiesi più nulla, c’era qualcosa che mi sfuggiva.

 

All’aeroporto trovai da parcheggiare, così mi offrii di accompagnarlo dentro.

Sembrava cercare il modo di tirar fuori qualcosa, come un groppo.

Non sapevo che dire, mai potevo immaginare… dunque mi fermai alle banalità.

 

– Sicuro di aver preso tutto?

Lui fece segno di sì.

– Allora… vado!

 

– Buon viaggio! Oh, però fatti sentire.

 

Stava quasi per allontanarsi, quando tornò indietro sui suoi passi.

Allora mi ricordai.

 

– Ramon, le chiavi!

Lui estrasse da una tasca della sacca il mazzo con le chiavi, me le porse, poi continuò a frugare.

Tirò fuori un DVD.

 

– Musica?

– Magari! fece lui

– Se ti va, puoi raccontarlo.

Davanti alla mia faccia interdetta non ebbe più esitazioni.

 

– Guardalo, poi mettilo nella tua cassetta di sicurezza in banca. Al sicuro.

Fai in modo che non vada in mano a nessuno. Mi raccomando.

 

Dovevo avere l’espressione di un’ebete, balbettai appena “Va bene”.

 

 

Davanti alla coda del check-in mi abbracciò stretta, stampandomi un bacio sulla fronte.

Non sapevo che dire, non mi andava di lasciarlo andare così.

 

– Mandami un sms quando arrivi.

I suoi occhi risposero di sì.

 

Mi voltai per andarmene, poi di scatto mi voltai di nuovo per salutarlo agitando la mano.

Lui sollevò la mano, ebbi solo il tempo di ripetere, come di consueto “Hasta la victoria”

 

– Siempre.

 

Rimasi ad aspettare che si perdesse fra la folla.

 

A casa feci tutto in fretta con un solo pensiero, verificare il contenuto del DVD, che ormai in cuor mio sapevo cosa conteneva.

E non mi ero sbagliata, mi trovavo davanti alla più bella scena d’amore che abbia mai visto sullo schermo, soprattutto perché vera.

Tutti i conti tornavano, davanti a quella paroletta magica da lui sussurrata e che ho ascoltato e riascoltato ossessivamente.

Aveva turbato lei, e ora martellava anche me.

 

Che casino, eppure non doveva cambiare niente, se possibile.

Forse col tempo, ma ora doveva fare male.

 

——-

Come passeranno le feste i nostri esperti?

 

La sua versione ufficiale sarebbe stata come al solito che mentre lui era intento a folleggiare sulle spiagge di Copacabana, Didy – sistemati i suoi 3 boyfriend in un wagon-lit in compagnia di Devid – avrebbe trascorso le serate nei pressi di Regina Coeli, incuriosita dai 40 cm a riposo di Mugundo Tugundo.

E Didy avrebbe provato inutilmente a contraddirlo.

 

(Gamy Moore)

 

https://www.youtube.com/watch?v=KYpcCzhXoIg&NR=1

 

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