Salve ragazzi, sono tornato. Il vostro Merlino, il Gatto Samurai, il Guerriero Senza Macchia e Senza Paura, è di nuovo qui con voi, coraggio! Il caro Igor mi ha telefonato per chiedermi di raccontare una storia sulla cretineria ed eccomi qua, osservare gli umani mi ha reso un esperto. Sulla materia potrei scrivere un trattato, ma ho in mente per voi un luminoso esempio: la volta che siamo stati invasi dai Nargilli. Ormai sapete che gli umani comprano gli animali più strani per seguire la moda e poi li abbandonano dove capita, e la Gatteria di Piazza delle Erbe ha accolto di tutto, furetti, sarchiaponi, iguana, perfino un lonfo. Qualche tempo fa è stata la volta dei Nargilli, una specie che non si sa bene se esiste in natura ma si è evocata col successo dei libri di Harry Potter. Ci fu un maledetto Natale in cui tutti volevano regalare nargilli e siccome la religione del dio mercato decreta che la domanda genera l’offerta, mezza città trovò sotto l’albero coppie di animaletti dispettosi di cui non si sapeva nulla, neppure cosa mangiavano, ma questo i miei concittadini lo impararono presto: non solo i nargilli mangiavano tutto, ma devastavano la casa organizzando rave party selvaggi e si riproducevano alla velocità della luce.
Poiché la madre dei cretini è sempre incinta, l’incauto acquisto fu seguito da incursioni furtive nella nostra piazza e da abbandoni di ceste piene di queste creature sulle quali dire che hanno un unico neurone è uno slancio di ottimismo, direi che ne hanno uno per famiglia. L’Umana che si prende cura di noi era disperata, svaligiava i negozi di animali per sfamarci e il cibo non bastava mai perché quelle bestiole cretine, dopo essersi rimpinzate, giocavano a frisbee con le ciotole e poi, non contente, devastavano i banchi del mercato. Si rese necessaria una riunione del Consiglio degli Anziani per far fronte all’emergenza e fu approvata all’unanimità la mozione del Conte Vronskij, intitolata “Sono cavoli del sindaco”. Usando alcune salsicce come esca, la Gatteria al completo riuscì a condurre il branco di nargilli in municipio durante un consiglio comunale piuttosto tempestoso e quando li vedemmo correre tra i banchi facendo pernacchie li lasciammo alle cure del primo cittadino, che tuttavia non la prese bene, ma proprio per niente. In piena notte una delegazione dei Fantasmi del Sanguinoso Mucchio, con cui il sindaco ha una convenzione per il mantenimento dell’ordine pubblico, ci comunicò che in quella sciagurata seduta i nargilli avevano votato compatti una mozione della Lega che con quattro consiglieri si era ritrovata quarantaquattro voti. I nargilli sono irresistibilmente attratti dalla stupidità, su di loro ha un effetto afrodisiaco, e la proposta leghista li aveva eccitati a tal punto che non solo avevano partecipato alla votazione ma si erano riprodotti sul momento; il branco contava già ottanta esemplari e il sindaco ordinava alla Gatteria, per il suo bene, di trovare una sistemazione diversa alle devastanti creature, temendo, a ragione, un loro incontro coi vigili urbani.
Il Consiglio degli Anziani, stremato, si riunì di nuovo e decise di sistemare i nargilli in prefettura. L’esodo fu ancor più complesso, si rese necessaria una quantità esagerata di salsicce, ma passando dai sotterranei riuscimmo a infiltrarli uno a uno nell’ufficio del prefetto, che se li meritava tutti. Il caso volle che proprio quel giorno si riunisse la misteriosa congrega chiamata “Comitato per la Sicurezza e l’Ordine Pubblico” a cui avrebbe partecipato non solo il prefetto, ma anche il questore, il sindaco, il comandante dei carabinieri, quello dei vigili urbani e pure un ammiraglio. Tale concentrato di cretineria mandò in orgasmo multiplo i nargilli, che in poche ore si riprodussero senza freni. In preda al terrore il prefetto chiese aiuto al sindaco, che convocò un’altra volta Cagliostro, il condottiero del Sanguinoso Mucchio, e fummo da capo, anzi, ci trovammo con la minaccia di un’ordinanza di sgombero dell’intera Gatteria dalla Piazza delle Erbe se non avessimo risolto subito e per sempre il problema dei nargilli. Noi Felini siamo sempre qui per rimediare alla stupidità degli umani, ci siamo abituati, in qualità di Razza Superiore del Creato abbiamo delle responsabilità. Quando le scorte di erba gatta, ciambella e albana dolce furono esaurite a seguito dell’avvincente e serrato dibattito, mandammo la nostra ultima recluta, il furetto Smeagol, a chiamare Desdemolo, il Fantasma del Palazzo dei Veleni, perché solo lui ci poteva salvare. Desdemolo è un Fantasma di Quelli di Una Volta e non lascia gli amici in difficoltà. Visto che la proliferazione dei nargilli era colpa della cretineria umana, era giusto sistemarli in un luogo dove la cretineria era ottima e abbondante, anzi, nel posto in cui albergava la Madre di Tutte le Cretinerie: il Palazzo dei Veleni. Desdemolo aveva anche individuato il momento perfetto: il giorno seguente si sarebbe tenuto un “Corso per la motivazione aziendale”. Dovete sapere che questi “corsi” sono un happening di cretineria senza pudore in cui un tizio mediamente giovane, con gli occhialini tondi, i riccioletti impomatati e le bretellone viene pagato scandalosamente allo scopo di prendere per il culo i dipendenti anziani e aizzare contro di loro i “giovani di belle speranze” secondo l’antico modello del “Divide et impera” di latina memoria. Purtroppo anche l’Umana che si prende cura di noi era costretta a partecipare, ma l’avremmo informata e si sarebbe anche divertita. Con la forza di un intero gruppo di gatti randagi ben addestrati al combattimento e con l’aiuto di una partita di hamburger di scarto rubata da McDonald e dell’intera provvista di vodka del Conte, riuscimmo a contenere i nargilli in un tunnel sotto la piazza e a deportarli in massa attraverso i sotterranei fino alle cantine del Palazzaccio. Il “corso” era in pieno svolgimento quando cominciammo a “somministrare” i nargilli uno a uno usando la canna di un vecchio camino.
La nostra Umana aveva cercato tante volte di non partecipare a questi assembramenti ridicoli e umilianti, in cui si pretendeva che i dipendenti sventolassero in pubblico episodi della loro vita personale e partecipassero a “giochi di ruolo” in confronto ai quali lo schiaffo del soldato è più dignitoso, ma non c’era stato verso. Lei, soprattutto lei, come le altre vecchie cariatidi rimaste nel Palazzaccio e delle quali l’esimia direzione suprema voleva liberarsi, era obbligata a prendere parte a queste sceneggiate lesive della sua dignità, e la povera donna, ormai giunta oltre ai limiti dell’esasperazione, si era dovuta inventare una maniera per sopravvivere anche a questo. Non partecipava alle attività “ludiche” collettive, faceva finta di non capirle, dichiarava solo il proprio nome, cognome e numero di matricola, e prendeva appunti. In realtà quello che si annotava non era il contenuto del “corso”, impresa impossibile perché non ne aveva, ma il linguaggio usato, la terminologia delirante utilizzata dal “docente” e dai corsisti collaborativi, per documentare lo scempio a cui veniva sottoposta la lingua del Sommo Poeta, quella lingua per la quale Manzoni andò a bagnare i panni in Arno. Anche quel giorno si iniziò bene, col feedback del briefing finalizzato a gestire la mission della vision puntuale e precisa piuttosto che, tra virgolette, influenzare pesantemente l’impatto e l’approccio del discorso, e via andando di supercazzola.
Io non volevo perdere lo spettacolo e mi ero nascosto dentro a un cestino per la carta con un foglio A4 in testa, piegato a cappellino per mimetizzare le orecchie. Nella mia posizione di osservatore privilegiato vedevo che i nargilli, uscendo dal camino, si raggruppavano intorno alla nostra Umana perché erano abituati a ricevere il cibo da lei, e tra lo sgomento dell’intera sala se ne vedeva già una trentina appollaiata sulle sue spalle curve. Ogni volta che lei si appuntava un termine, loro scuotevano il sedere e facevano un saltello, tutti eccitati. La dose di cretineria insita in quelle frasi superava già di molto la modica quantità e raggiungeva i livelli dello spaccio. Dopo l’introduzione del “docente” che aveva magnificato la sua consulenza a tutto campo, aggiornata in tempo reale e avente valenza strategica per monitorare le sinergie dello scenario nonché mettere sotto controllo i dati della gestione in una soluzione integrata a trecentosessanta gradi supportata dallo skill abilitante, si scatenò la claque dei fervidi sostenitori di questo “approccio comunicativo”. Tra i più esaltati c’era un ingegnerino pieno di sé, spocchioso fino a scoppiare, che la nostra amica aveva la disgrazia di avere come capetto. Il soggetto in questione doveva probabilmente scontare un’infanzia da bambino sfigato e spione che le prendeva da tutti e poi andava a piangere dalla maestra, e un’adolescenza brufolosa e disfatta dalle seghe. Per uno scherzo della natura matrigna, lo squallido elemento si era non solo sposato e riprodotto, ma addirittura trovato un’amante nei corridoi del palazzaccio, una segretaria con la faccia da cammello e secca come il palo di un semaforo, ma molto più stupida. L’iperattività sessuale che ne era conseguita, ovvero qualcosa in più delle consuete due all’anno, una per il caldo e una per il freddo, gli aveva fatto perdere lo scarso lume della ragione e da mesi stava facendo di tutto per trasferire la nostra amica e sostituirla con il suo cammello, oh scusate, con la sua amante. Il mobbing era già arrivato all’uso di frasi aggraziate di un certo grado di finezza e di particolare creatività quali “hai una natura lewinskiana, fai delle farneticazioni uterine”(1) che il nostro usava normalmente con le dipendenti giovani, e l’essere arrivato a rivolgerle a una signora anziana come la nostra amica dimostrava che stava passando alla fase “fine di mondo”.
Il simpatico ingegnerino andava in orgasmo per quel tipo di eventi mondani in cui aveva l’occasione di mettersi in mostra ed esibire il peggio di sé, e appena ne ebbe la possibilità si lanciò in uno sproloquio sulla concorrenza che si era letteralmente scatenata a livello di discorso di vendita, pertanto ognuno poteva toccare con mano i modelli di implementazione con cui occorreva dare valore aggiunto allo snodo della formazione continua al fine di mettere a fattor comune le sinergie finalizzate a supportare una bella fetta di mercato posizionato nella fascia alta in quanto lo scopo è il governo proattivo dei processi per approcciare serenamente i problemi che emergono. Una dose così cospicua di cretineria non fece solo l’effetto di eccitare sessualmente i nargilli e portarli a una riproduzione incontrollata, ma li esaltò così tanto che le bestiole si misero a scagazzare per tutta la sala. Prima ricoprirono il valente ingegnerino come mosche su una merda, e mi permetto di sottolineare quanto la similitudine sia adeguata, poi si appesero alle bretellone del “docente” per fare bungee jumping, mentre i corsisti più anziani ridevano sfrenatamente e i giovani di belle speranze facevano finta di scandalizzarsi ma in cuor loro ghignavano senza pudore. Ci volle la presenza di spirito di Desdemolo, che essendo un Fantasma istruito conosceva l’unica creatura in grado di spaventare i nargilli: il topo di fogna. Con la velocità dello spettro corse a chiamare Rasputin, il capo dei ratti, e in pochi minuti la sala si riempì dei più grassi e lerci topacci di tutti i canali della bassa.
Io non ho mai avuto molta simpatia per Rasputin e le sue orde, anche se Desdemolo gli è affezionato fin da quando era un cucciolo, ma in quell’occasione non ho potuto fare a meno di congratularmi con lui per la perfetta organizzazione militare. Come un sol ratto, spuntarono fuori da ogni angolo della sala e presero ad azzannare le caviglie dei presenti. Fu bellissimo. Impiegate isteriche si calpestavano a vicenda coi centotrenta chili in equilibrio sui tacchi a spillo, impiegati calvi perdevano il parrucchino e tutti si picchiavano selvaggiamente per essere i primi a scappare. Anche in quella occasione l’ingegnerino mostrò la sua tempra di gentiluomo dando un calcio in faccia all’amante crollata a terra, per svignarsela più in fretta. Alla fine dentro la sala devastata rimanemmo solo io, Desdemolo e la nostra Umana che, conoscendo bene la natura del topo di fogna e dei suoi colleghi, praticamente la stessa, si era limitata a salire su un mobile appoggiato al muro e a rimanere ferma in attesa degli eventi. Io e l’amico fantasma la scortammo immediatamente fuori dalla sala e la mettemmo al sicuro in un bagno, per il timore che, come sempre, fosse accusata di aver organizzato lo scherzo. I topi di fogna inseguirono i nargilli fin nei più remoti nascondigli e da allora non ne abbiamo saputo più nulla. Pare che sia arrivato un reclamo dalla casa editrice di Harry Potter ma questa volta il cappellino di carta se l’è fatto Rasputin, sapete cosa gliene può fregare al Re dei Ratti di un reclamo della casa editrice di Harry Potter? Invece io e Desdemolo, che siamo ragazzi ben educati, abbiamo deciso di rispondere con una supercazzola da campionato… Sperando con tutto il cuore di non essere invasi dai Vermicoli.
(1) Questa non è inventata, è vita vissuta. (N.d.A.)
- Cinquanta sfumature di Amore – L’Amor Felino - 17 Febbraio 2014
- Resistenza in vita - 3 Febbraio 2014
- Non è mai troppo tardi - 6 Gennaio 2014
Queste sono fresche di giornata:
“attivare gli strumenti di governo dei processi di innovazione”
“un sistema che guarda al futuro anche come possibile accordo per la costituzione di un governo politico di un Centro Servizi degli enti a supporto dell’innovazione e dell’ICT.”
“una valutazione “de visu” sugli umori della politica”…
Ma ‘sta gente, LAVORARE MAI?