Stasera ho fatto una “pazzia”.
Quando domani Elke tornerà le mostrerò gli anelli che ho comprato per noi due. Sono delle fedi nuziali con i soli nostri nomi incisi, non potendo ovviamente aggiungere alcuna data. Non sono ubriaco, né voglio chiederle di sposarmi così su due piedi, è ovvio che la cosa non sarebbe possibile in queste circostanze; d’altronde non è una promessa di matrimonio che voglio strapparle, ma solo un gesto d’amore: per me noi siamo già uniti da sempre. È che però acquistandole ho pensato che potessero essere di buon auspicio per il nostro avvenire. E qualcuno, ricordo di aver letto, sostiene che le cose si avverano solo se c’è una volontà determinata che le sorregge. Sarà vero? Io certo non smetterò di lottare.
Oggi mi sento strano, quasi elettrizzato al pensiero di rivedere Elke, la mia piccolina, dopo un periodo che pur non lungo mi è sembrato un secolo.
Sono andato all’aeroporto a prendere Elke; l’aereo è arrivato puntuale ma abbiamo aspettato un’ora circa per il bagaglio che per chissà quali oscuri motivi viaggiava su un altro volo…
Elke era stanca, ma bellissima. M’è sembrata perfino diversa fuori dai nostri contesti abituali. In macchina mi ha raccontato solo una piccola parte delle cose che le erano successe in questo periodo.
Ho dovuto “ovviamente” accompagnarla a casa sua dove l’attendeva tutta la sacra famiglia, con la promessa di rivederla però nel giro di un paio d’ore, il tempo di fare una doccia e di distribuire pacchi e contropacchi di regali diligentemente acquistati per tutti.
Ho aspettato invece circa “tre” ore perché fosse pronta, giacché la sua adorabile mammina l’aveva rapita agli altri parenti per ottenere l’esclusiva del viaggio. Figurarsi! Sono rimasto parcheggiato in salotto in attesa che lei si sbrigasse, circondato da Giulia e da Wilhelm che parlavano tra loro e ogni tanto si ricordavano di me chiedendo notizie dei miei studi, mentre io, assorto in ben altri pensieri, facevo finta di starli a sentire.
L’unico oggetto di interesse in quel luogo era Pinky, la sola presenza simpatica in casa Weiss, un gatto siamese di 15 anni, vecchierello ma ancora pimpante, che aveva deciso per quella serata di eleggere a sua temporanea dimora le mie ginocchia. Cercava infatti di sfilare con le unghie la mia cravatta credendo si trattasse di una corda lasciata lì a sua disposizione per giocare. Mi divertiva vederlo agguatare da una distanza ravvicinata quel giocattolo improvvisato: schizzava sulla poltrona girandosi su se stesso come una trottola, per poi fiondarsi su di me puntandomi le unghie nelle cosce. Solo questo ha alleviato la lunga attesa. Alla fine Elke ed io abbiamo salutato la compagnia e ho promesso che non l’avrei riaccompagnata tardi, considerando l’ora e la stanchezza. E in effetti così è stato.
Ho ancora in mente l’espressione sbalordita di Elke, ma in fondo compiaciuta, davanti a quell’astuccio bianco che all’improvviso ho estratto da una delle tasche.
Forse, per qualche istante, avrà creduto si trattasse di un anello di fidanzamento più che di fedi.
Ha scherzato un po’ prima di aprirlo, tirando a indovinare, e io credo che la sua meraviglia fosse davvero sincera. Non poteva immaginare con quale strana emozione le avevo comprate. Ha subito infilato al suo dito quella più grande, cioè la mia, ed è scoppiata a ridere felice, dicendo: <<Ti vuoi proprio inguaiare?>>.
Quel momento l’abbiamo trascorso in allegria.
Elke ha cominciato stranamente a fare progetti per il futuro, intendo dire il “nostro”: sarà forse stato il magico effetto degli anelli, o la solitudine durante il viaggio?
No, una tegola sulla testa.
Scherzo, e invece dovrei essere serio, perfino funereo, se penso a quel che mi aspetta. Studio, studio, indefinitamente studio, nient’altro che letture impegnate e a volte perfino noiose. Ora mi lamento, ma sono io che l’ho scelto e certamente lo rifarei, se potessi tornare indietro. Questo è l’interesse principale della mia vita (insieme ad Elke e Maior, naturalmente). La mia preparazione sta progressivamente infittendosi soprattutto perché ho cercato di utilizzare al massimo questo periodo di forzata solitudine (lasciando che la sera Maior sorbisse tutto solo le mie noiosissime ripetizioni).
Edwin è alle prese con uno degli ultimi esami e il pomeriggio inoltrato, dopo il lavoro, viene qui a casa a studiare o a sfogliare qualche giornale. Così con la scusa della spiegazione di un passo apparentemente complesso bussa alla mia porta e ci mettiamo a parlare.
Ci sono stati periodi difficili per entrambi ma Edwin sente più spesso di me il bisogno di sfogarsi, essere rassicurato e incoraggiato. Dice che con Dora non gli riesce di aprirsi come vorrebbe. Lei lavora come segretaria in uno studio legale. Ha lasciato gli studi dopo il liceo per avere maggiore autonomia rispetto alla famiglia, troppo opprimente per il suo carattere ribelle. Ha avuto diverse esperienze di lavoro e personali, alcune fregature per poi darsi “una calmata” come dice lei, tanto da apparire tranquilla e perfino “pantofolaia” come Edwin ama rimproverarle spesso.
In questi ultimi giorni ho notato in Elke alcuni segni di cambiamento, una malcelata insofferenza nei confronti dei suoi genitori.
Mi ha confidato che mentre era a Parigi, a parte la mia mancanza e quella di Pinky al quale è molto affezionata, non aveva sofferto per l’assenza della sua famiglia e al contrario si era sentita veramente libera per la prima volta. Subito dopo il rientro a Vienna, infatti, attorniata da quei volti fin troppo familiari, aveva voluto che uscissimo a prendere una boccata d’aria. Lì per lì non ho dato peso alla cosa. Ma la conferma che qualcosa di diverso era successo l’ho avuta ieri sera.
Sono andato a prendere Elke come al solito verso le 9 ma lei non era ancora pronta e mi ha chiesto di salire. L’aspettavo in salotto mentre i suoi terminavano la cena. Dopo pochi minuti mi è comparsa dinanzi la madre di Elke e con fare indagativo mi ha chiesto se c’erano delle novità. Ma che novità potevano esserci? Devo essere stato troppo vago per lei se mi ha domandato a bruciapelo: <<Allora è vero che vi sposate?>>.
<<Sposare?>> ho ripetuto io. In quel momento mi ha salvato Elke, che trascinandomi via ha impedito che commettessi qualche gaffe mostruosa.
Ho capito solo dopo che lei, sottoposta quasi ad “interrogatorio” tra un pranzo e una cena dai due diabolici genitori, doveva essersi lasciata sfuggire qualcosa degli anelli, o peggio ancora aver rivelato qualcosa che neppure io sospettavo. Ogni nodo è poi venuto al pettine. Elke aveva infatti lasciato intendere che prima della fine dell’anno aveva intenzione di mettersi in proprio, avendo ottenuto conferma della sua nomina per almeno tre anni. La notizia, ovviamente, aveva subito fatto sobbalzare i loro cuori. La loro bambina se ne andava via… Devono avermi odiato in quel momento come non mai, ritenendomi responsabile di questo improvviso quanto inspiegabile (per loro) comportamento da parte di Elke, ed è per questo che si sono subito affrettati a sondare il terreno.
Io? Ancora non ci credo…
Incredibile, è da qualche giorno che cerco seriamente una casa per me e per Elke. Certo una piccola, proprio piccola casa, forse anche in periferia, se riesco a trovarla. Elke si è informata presso una banca che concede ai giovani prestiti agevolati per l’acquisto di un immobile.
Ogni giorno scorro con attenzione gli annunci economici, le proposte di case in vendita. Sono poche, tanto che le ho quasi imparate a memoria. Mi ha colpito quella di una casa situata in prossimità del centro storico: una abitazione a due piani con un piccolo giardino sul davanti e un cortiletto alle spalle. Deve essere di sicuro in pessimo stato se chiedono una cifra così bassa. Sarà meglio vedere di persona prima di scartarla. Telefonerò per un appuntamento.
Stamattina ho finalmente potuto visitare la casetta di due piani. L’impiegato dell’agenzia mi aveva avvertito che andava totalmente ristrutturata e forse proprio per questo non ho avuto sorprese. Dopo tutte le case a buon mercato che avevo visitato quest’ultima era di gran lunga la migliore. Dappertutto erano sparse penne di colombo e il freddo era terribile perché i vetri alle finestre erano rotti. Tuttavia mi sentivo stranamente a mio agio tra quelle mura e osservando con attenzione ci si perdeva nei giochi di luce che colpivano le pareti e il pavimento che forse un tempo doveva perfino essere stato bello, a mosaico sui toni del verde, tipico degli anni ‘30. Ero sicuro che rimessa a nuovo e soprattutto abbattendo qualche muro di troppo avremmo potuto adattarla alle nostre esigenze. Mi sembrava una buona occasione.
Ne ho parlato poi con Elke che mi aveva delegato alla ricerca, lei non può certo occuparsene visti gli orari cui è costretta. Era difficile descrivere a parole quale spettacolo si parava dinanzi all’ignaro visitatore: così sono ricorso a uno schizzo, disegnando le possibili variazioni della sua superficie interna. Elke sembrava scettica, soprattutto perché con i soli nostri risparmi avremmo potuto comprare solo il tetto e trovandosi del tutto incapace anche solo di immaginare la sua possibile trasformazione.
Naturalmente i genitori di Elke non hanno mancato di opporsi con tutti i mezzi per convincere la loro “bambina” della inoculatezza di un simile investimento. <<Una casa decrepita e totalmente da rifare, e poi vicina al centro>> ripeteva Rose come se si stesse riferendo ad una ineludibile disgrazia (il guaio, semmai, era che la casa non è abbastanza lontana da loro, almeno dal mio punto di vista).
Elke, che solo all’ultimo ha trascorso insieme a me un po’ di tempo con l’impiegato dell’agenzia, si è inspiegabilmente convinta a comprarla, anche se non riesce ancora a immaginare come quella catapecchia possa mai trasformarsi in una casa accogliente.
Devo dire che questa incapacità di immaginazione è uno dei pochi limiti di Elke…
Per anni la mia vita è sempre stata uguale, ripetitiva, perfino monotona, soprattutto agitata, ma ho sempre sperato che, prima o poi, un cambiamento radicale colpisse come un fulmine quell’ammasso di giorni opachi o dolorosi.
Allontanarmi, almeno fisicamente, dalla casa paterna, illudendomi di lasciare alle spalle episodi di violenza mai dimenticati per ricostruire, da capo, come se il tempo non fosse trascorso o almeno si potesse oscurare nella memoria.
Ora intravedo molto più che uno spiraglio, e matura in me la volontà di interrompere ogni circolo vizioso e ricorso a forme di autocommiserazione o depressione. C’è un obiettivo che devo raggiungere e per nessun motivo lascerò che qualcosa o qualcuno mi ostacolino. Anch’io ho diritto a un briciolo di felicità.
Non ho perso un attimo e ho subito contattato l’impresa che eseguirà i lavori. Ci vorrà del tempo prima che tutto sia finito e sono molto impaziente di vedere la sua trasformazione. Ancora non riesco a crederci. Rose e suo marito hanno dovuto abbandonare le armi e si sono (lo spero per loro) rassegnati all’idea che Elke è ormai abbastanza grande per pensare al proprio futuro. Dovranno adattarsi, volenti o no. A tratti, però, cercano di ritornare polemicamente sull’argomento ed Elke finisce col litigare con loro e poi prendersela con me. Non sta collaborando infatti quasi per niente al progetto di ristrutturazione e spesso, anzi, si dichiara perplessa; così capisco che è meglio non coinvolgerla più di tanto e lasciare che sia io a occuparmi di tutto.
Sto pensando anche a come arredarla. Per fortuna devo dire che già possiedo molte cose indispensabili a una casa per via di una divisione di beni che tempo addietro decidemmo di avviare qui a casa, onde evitare ignobili discussioni future tra fratelli… Qualche vecchio mobile d’antiquariato, qualche tappeto, ma soprattutto molte stoviglie e altre cose che sarebbe troppo noioso elencare, sono radunate in disordine in una stanza-deposito della mia, ora posso dire ex, casa, in attesa di essere sistemate nella mia nuova. Almeno contribuisco in qualche modo (fra idee e qualche vecchia scrivania ottocentesca) alla costruzione del nostro nido…
Ho potuto infatti versare solo una parte dei miei risparmi, prontamente finita nelle tasche del notaio, all’atto della vendita. Un’altra ahimè misera parte servirà per piccole spese non preventivate all’inizio, come il restauro di qualche mobile antico o l’acquisto di qualcosa di nuovo (per esempio la cucina e un lettone tutto per noi).
Sono felice e fiducioso. Dopo la prima settimana di lavoro siamo già a buon punto.
Quando sono entrato in casa per seguire il lavoro degli operai mi è sembrato di essere il sopravvissuto sulla scena di un bombardamento. Dappertutto ammassi di detriti, travi e tufo, che lasciavano sfuggire, sotto il calpestio dei muratori, dense nubi di polvere che rendevano l’aria irrespirabile. Sono fuggito. Ma già dopo qualche ora quell’enorme cumulo era sparito. Prendeva forma lentamente la stanza in cui avremmo dormito (e sognato), alla quale accedere mediante una scala, e sotto una vasta zona per il salotto e lo studio, il pranzo e la cucina; infine i bagni, uno piccolo al piano di sotto, e uno più ampio sopra per la stanza da letto. Un piccolo ripostiglio era stato lasciato come dispensa e sgabuzzino all’interno della cucina.
Mi sembra un sogno vedere, giorno dopo giorno, l’evolvere dei lavori, l’eliminazione del pavimento che purtroppo non può essere conservato a causa delle molteplici rotture nelle mattonelle, e la costruzione di nuovi spazi tra i quali io e Elke trascorreremo il nostro tempo.
(continua)
Paola Cimmino, Storia di Igwald, 1993 (rev. 2012)
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