di Ella May
Gentile, sincero, riservato: non perdete tempo a cercarlo sui social networks, non lo troverete. Scarsissime le immagini che lo ritraggono, poche le notizie su di lui. Il suo non è uno dei nomi più pronunciati del panorama letterario, eppure ne ha di cose da raccontare Andrés Beltrami, giovane e promettente scrittore italiano che ha pubblicato con la Fandango Libri la sua opera prima.
“La Cura” è un breve ma intenso romanzo che parla di distanze, di silenzi difficili da superare e del bisogno di vincerli, di ricerca, di rinascita; colori precisi, prosa incisiva, delicato e violento. Si legge tutto d’un fiato e soltanto alla fine ci si accorge del segno che lascia, quando si volta l’ultima pagina e si scopre quanto possa diventare difficile separarsi da un libro.
Se non l’avete letto, fatelo. Iniziate a scoprirlo da qui (http://www.fandango.it/lacura/), poi lasciatevi trasportare.
Ella: Ciao Andrés. Prima di tutto, ci tengo a ringraziarti per aver accettato di rilasciarmi un’intervista a nome di LetterMagazine. Ci tenevo molto a scambiare qualche parola con te e sono davvero felice che tu abbia detto di sì.
Andrés: Piacere mio, Ella. Grazie a voi per l’interesse nei miei confronti.
Ella: Ti va di raccontarci qualcosa di te, prima di parlare del tuo libro? So che sei nato in quel di Mantova nel 1981 e che da lì hai viaggiato un bel po’ prima di arrivare a Parigi.
Andrés: È vero. Ho trascorso parte della mia infanzia tra il Centro America e l’Africa. Poi sono tornato in Italia dove ho studiato e lavorato, finché nel 2006 ho deciso di emigrare qui a Parigi, dove vivo tuttora.
Ella: In pratica sei una lunga linea su di una carta geografica, al contrario di chi nasce e vive sempre nello stesso posto.
Andrés: Già… E non lo nascondo. Siamo in tanti sai, siamo un grande popolo, noi emigranti; un popolo che puoi trovare ovunque, senza confini geografici. E tra noi ci riconosciamo, ci sosteniamo quando serve, ci comprendiamo nonostante le mille differenze che ci distinguono e che ci portiamo dentro.
Ella: Ti consideri ancora italiano o ti senti ormai francese?
Andrés: La mia lingua madre è l’italiano e penso in italiano. Sono italiano. Ma più che altro mi sento straniero. Soprattutto quando torno in Italia, mi sento straniero. E francamente preferisco sentirmi straniero in un Paese che mi permetta di esserlo, piuttosto che in un Paese dove essere straniero diventa un “peso”.
Ella: Sento parlare spesso – da italiani, più che da francesi – di una fantomatica rivalità tra Italia e Francia, spesso dipinte come cugine dispettose che si fanno sgambetto quando possono. Tu, da italiano che vive in Francia, confermi o smentisci?
Andrés: Smentisco. In realtà i francesi non si occupano troppo degli italiani; non sentono questa “rivalità” tra cugini, come la chiami tu. Se proprio devono puntare il dito, tendono a farlo contro i tedeschi.
Ella: Quali sono le differenze tra il sentimento italiano e quello francese?
Andrés: La Francia è senza dubbio molto più nazionalista; i francesi sono fieri di esserlo, sempre. Per di più qui ogni cosa è “centralizzata” su Parigi, che è davvero la Capitale. Tutto accade a Parigi, in Francia. In Italia invece è tutto più “decentralizzato”: ogni territorio, ogni città fa quasi parte a sé. In quanto al sentimento, è tipico degli italiani affermare la propria nazionalità dichiarando di NON voler esser italiani, no? Ed io sono italiano anche nel mio non volerlo essere, alla fine.
Ella: A questo aspetto non avevo pensato, ma concordo. Veniamo al tuo libro: “La Cura”. Ci racconti come sei arrivato alla Fandango Libri?
Andrés: Certo. Ho scritto questa storia intorno al 2005, quando ero ancora in Italia. Poi, come ti ho detto, sono emigrato nel 2006 e nel 2010 ho deciso di recuperare il manoscritto. Rileggendolo, ho capito che quanto avevo scritto poteva in qualche modo avere ancora senso; così l’ho risistemato un po’ (solo per lo stile) e l’ho inviato ad alcune case editrici italiane. Poco tempo dopo sono stato contattato dalla Fandango. Tutto qua.
Ella: Quindi tu hai semplicemente inviato il manoscritto, senza conoscere a priori nessuno che potesse introdurti nell’ambiente? Questa cosa rincuorerà moltissimo tutti gli aspiranti scrittori che ci leggeranno…
Andrés: Sì, esatto. Pare che abbia funzionato bene la lettera di presentazione che ho spedito assieme al manoscritto… Quando sono andato alla Fandango ho visto che ricevono davvero una quantità enorme di materiale, non puoi averne idea. Evidentemente quella lettera annessa è riuscita a catturare la loro attenzione. Poi il libro è piaciuto… E così nel 2011 è stato pubblicato.
Ella: Ed ha pure vinto il “Premio Casinò Sanremo Libro del Mare”. Complimenti Andrés. Come mai hai scelto di affrontare il tema della cura?
Andrés: La storia che ho scritto è frutto del sentimento di quel periodo: avevo bisogno di trovare un “metodo” in merito al relazionarsi con gli altri, per analizzare in qualche modo la “distanza” che si crea nei rapporti, soprattutto quando a contribuire ci si mettono differenze di lingua e di costumi, ma non intendendo tale distanza come riferita solo agli emigranti. È una distanza che può essere colmata ricorrendo alla violenza, figlia soprattutto della paura del diverso, oppure con la “cura”, cioè prendendosi cura delle persone. Violenza e cura sono in pratica i due estremi opposti, dove la prima di solito rappresenta la forza e la seconda la debolezza.
In questo libro ho cercato di capovolgere le cose, ribaltando gli stereotipi e trasformando in forza ciò che viene considerato debolezza.
Ella: I personaggi principali formano un triangolo: lei (la protagonista), lui (il co-protagonista) che arriva da lei ferito e stremato, e il padre di lei, malato e infermo di cui lei si prende cura, appunto, da sempre. Una donna presa tra due uomini, entrambi bisognosi delle sue attenzioni. Perché hai affidato proprio a lei il compito della cura?
Andrés: Esattamente per il motivo che spiegavo prima: perché lo stereotipo vuole che sia la figura femminile, considerata più debole e più fragile, ad assumersi tale ruolo. Ma alla fine sarà lei a dimostrarsi più forte, stravolgendo e ribaltando lo stereotipo di partenza proprio attraverso le cure dispensate ai due uomini.
Ella: L’incontro con il co-protagonista sarà la molla che spingerà la tua protagonista ad agire, uscendo dalla staticità in cui si trovava intrappolata. In questo senso “La Cura” può essere anche letto come il racconto di una scelta che cambia il corso della vita, no?
Andrés: Certamente. “La Scelta” potrebbe benissimo essere il sottotitolo. Lui irrompe nella vita di lei, portandosi dietro la storia da cui sta scappando; ed è la sua presenza a spingere lei, che una propria storia non l’ha ancora costruita, a mettersi in moto, portandola a rifiutare l’immobilità in cui aveva vissuto fino a quel momento. Il libro racconta appunto il momento centrale di questo percorso, quello della cura.
Ella: È quello che hai fatto tu? Uscire dall’immobilità intendo…
Andrés: Sì, l’ho fatto. Dopo aver scritto il libro. A volte si scrive per vivere mentalmente ciò che si vuole fare, per averne una qualche esperienza prima di farlo. Per immaginarsi nella situazione che vogliamo creare per noi stessi, per renderla più “vicina” e più fattibile.
Ella: Hai scelto una protagonista femminile. Non è facile, per un uomo, raccontare bene una donna. Come hai costruito il suo personaggio? Qual è il tuo “modo di scrivere”?
Andrés: Io scrivo ponendomi delle sfide da affrontare e fissando dei paletti da rispettare. All’interno di quei paletti mi muovo liberamente, andando fin dove mi porta l’immaginazione. In questo libro la scelta che ho fatto è stata quella di non usare mai nomi propri, né per i personaggi, né per i luoghi geografici. Ho voluto concentrarmi sulle sensazioni, senza preoccuparmi troppo di definire certi dettagli, anche perché in una storia come questa usare i nomi avrebbe tolto più che aggiunto. Di solito i personaggi vengono descritti al lettore fin dall’inizio e poi vengono richiamati quando serve usandone il nome proprio. Ecco, io ho voluto evitare questo meccanismo. Per quanto riguarda il personaggio di lei… La sua costruzione è stata una delle sfide; in effetti ho usato una mia tecnica personale per tratteggiarla. Tecnica che, ovviamente, non ho intenzione di svelarti.
Ella: Non si rivelano i trucchi del mestiere, capisco e accetto il paletto. A proposito di sensazioni: sia lei che lui dimostrano una forte carnalità fin dalle prime pagine…
Andrés: Sì, è vero. Ho scritto “La Cura” senza pormi il problema di un eventuale impatto sui lettori, perché non avevo messo in conto di pubblicarlo. Forse ho peccato di ingenuità, da questo punto di vista; mi interessava recuperare questo aspetto e l’ho fatto senza troppi scrupoli, proprio per disegnare personaggi forniti di corpo oltre che di spirito. Forniti di un bel corpo, oltretutto, come si scopre via via. Da una parte li ho privati dei nomi propri, dall’altra li ho dotati di sensazioni e desideri piuttosto accentuati.
Ella: Come è nata nella tua mente questa storia?
Andrés: È nata da una semplicissima immagine che mi è rimasta impressa: una donna che cammina sulla spiaggia. Nella realtà, la scena si è svolta in un clima emotivo completamente diverso da quello che emerge nel libro… A ogni modo è da lì che è nato il romanzo, volendo attribuirgli un’origine visiva.
Ella: Il mare ha una grande importanza nel tuo libro: non dico che sia uno dei personaggi, ma è sicuramente più di un mero sfondo.
Andrés: Giusto. Il mare è la linea dell’orizzonte, rappresenta l’attesa; è il desiderio di andare che agita chi è costretto a star fermo. Si sta lì, immobili, a guardare il mare e l’orizzonte, desiderando di partire… Infatti la nave scura che si vede dalla casa di lei, ferma in porto, è un paradosso: le navi son fatte per andare, non per restare bloccate a riva.
Ella: Prima di chiudere l’argomento, due parole sul finale: “La Cura” termina in modo abbastanza inaspettato, con una svolta che può spiazzare un po’ il lettore…
Andrés: Guarda, sul finale ho ricevuto commenti contraddittori, soprattutto da parte del pubblico femminile. Gli uomini non ne sono rimasti così sconvolti. Le lettrici, invece, si sono molto divise: alcune lo hanno amato, altre invece lo hanno quasi rifiutato. Sinceramente non mi aspettavo una reazione così scissa; per come la vedo io, è quella la conclusione, l’unica “giusta”. Non poteva che finire così. Non riesco a essere più chiaro senza raccontare il finale: devo farlo?
Ella: Assolutamente no! Non vogliamo rovinare la sorpresa a chi non ha ancora letto il romanzo. Meglio evitare di addentrarci troppo. Stai scrivendo altro al momento?
Andrés: Per chi funziona come me, scrivere è inevitabile. Si scrive sempre, anche se non si pubblica. Si scrive per se stessi. Comunque posso anticiparti che sto lavorando a un nuovo romanzo. Vedremo cosa verrà fuori.
Ella: Bene! Perché chi ha conosciuto il tuo primo libro ha sicuramente voglia di leggere altro. Ti ho rubato fin troppo tempo, allora. Ti lascio ai tuoi impegni, ringraziandoti di nuovo per la disponibilità e per la gentilezza che mi hai dimostrato. È stato un vero piacere parlare con te. Magari ci risentiremo per il prossimo libro, se vorrai.
Andrés: Con la speranza che ci sarà, un prossimo libro, chi può dirlo. Grazie a voi per avermi raggiunto fin qua a Parigi. Un saluto a tutti.
http://www.fandango.it/scheda.php/it/la-cura/509
http://www.video.mediaset.it/video/tg5/tg5_la_lettura/221966/andres-beltrami.html
Foto soggette a copyright, utilizzate per gentile concessione della Fandango Libri e di Andrés Beltrami
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