Riassunto delle puntate precedenti
Un filosofo diceva che, tra tutti i mali, il peggiore che si possa immaginare è quello che i nostri desideri si avverino. Beatrice lo ha sperimentato nel suo primo giro di giostra, ma nel secondo non vuole farsi cogliere dal rimpianto. Cadere indietro nel tempo non è come prendere l’autobus.
Non devo lasciarmi prendere dalla malinconia e rimpiangere l’uomo che ho lasciato nel 2013. Se è destino ci incontreremo ancora ma da grandi. Noi due stavamo bene insieme perché quando ci siamo conosciuti eravamo già sulla trentina e ognuno aveva vissuto esperienze importanti. Io avevo seppellito tre storie lunghe – seppellito nel senso letterale del termine, nessuno di questi ex ha visto l’alba del 2000 – lui aveva alle spalle una lunga convivenza finita male, e sapevamo come prendere la vita di coppia, o almeno ne cominciavamo ad avere una vaga idea. Non dovevo commettere l’errore di bruciare le potenzialità di quel rapporto andando a cercarlo quando eravamo ancora troppo giovani. Non sarebbe durata, come non erano durati i legami dei nostri amici cominciati troppo presto, o ancora peggio, finiti in un matrimonio riparatore. E poi, cazzo, in quella fine dell’anno 1969 io avevo tredici anni e lui quindici, non potevo certo presentarmi e dirgli “ciao, sono la tua futura moglie”. Dovevo preservare quella potenzialità di rapporto come un tesoro da coltivare per il futuro. Nel frattempo, ne avevo di cose da fare.
La prima, tanto per tornare ai problemi terra terra, era vedere se nel mio secolo funzionava un Silkepil. In un racconto di fantascienza sarebbe esploso, in quanto paradosso spazio-temporale, ma dovevo provare. Non nel bagno, perché le orecchie da pipistrello del piano di sotto avrebbero sentito anche quel leggero ronzio; meglio nella mia stanza, ammesso che la corrente elettrica fosse sufficiente. Prendo in mano il piccolo oggetto ovale a forma di saponetta e infilo la spina nella presa di corrente. Male che vada esploderà tutto il quartiere. Ma non scoppia niente, si sente solo il familiare bzz bzz. Prima che in cucina scoppi l’allarme rosso – devono avere una specie di sensore collegato a qualsiasi consumo di corrente elettrica, perché non faccio mai in tempo ad accendere qualcosa che mi vedo arrivare una delle due, mamma o nonna, a sbraitare su quanto costa la luce – mi tolgo le calze e cerco di bonificare quanto più possibile delle mie gambe. Col metodo della pinzetta non ero andata molto in là; forse l’elefante aveva finito la pazienza, o la vaselina.
La missione Silkepil riesce pienamente, si vede che in cucina sono alle prese con uno dei soliti attanaglianti dibattiti sulle varie sfighe femminili. Figli, mariti, mestruazioni, aborti fatti in casa, botte, miseria, disoccupazione, pettegolezzi, la figlia della Tale era rimasta incinta, la figlia della Talaltra voleva cominciare ad andare a ballare, in questi locali moderni le ragazze vogliono andarci senza la mamma, e quella che voleva truccarsi e mettersi la minigonna e le aveva prese dal padre e dai fratelli – che dovevano coadiuvare i genitori nella tutela dell’onore e del buon nome delle sorelle – e a San Martino hanno aperto una “discoteca”, quei nuovi locali dove si balla al buio e ci sono i divani, che scandalo, proprio nel circolo dei Comunisti dovevano fare una cosa del genere, se ci trovo mia figlia l’ammazzo, ah la sua è ancora piccola ma da grande le darà tanti pensieri… E così via, in allegria. Come passa il tempo quando ci si diverte. Nascondo con la massima cura il mio piccolo e prezioso oggettino contrabbandato dal nuovo millennio; non lo saprei giustificare in nessuna maniera se Mutter Von Kappler lo trovasse in una delle sue ispezioni. Ormai è una gara di astuzia: io sono furba a nascondere le mie cose, ma lei lo è ancora di più a trovarle, e sembra che il gioco la appassioni. Ma appassiona anche me.
Nella mia costante ricerca di scorciatoie per non camminare, ho trovato un passaggio per la palestra di ginnastica correttiva che mi fa risparmiare l’attraversamento di tre padiglioni di ospedale. Passo per i sotterranei dell’obitorio. Nel mio precedente giro di giostra lo facevano tutti, e il peggio che poteva capitare era incontrare i portantini in giro con un morto sotto al lenzuolo ma i defunti sono persone tranquillissime e i portantini oltre alle battutacce volgari non vanno. Di solito sono presi dai loro scherzi, come quello di fare le gare di corsa col cadavere sulla barella, e quando incontrano le ragazze si limitano a rivolgere loro le solite porcherie alle quali ci si deve abituare, perché il maschio romagnolo si esprime sempre al suo meglio. Però non sono pericolosi. Per stare più tranquille, all’uscita ci riuniamo in gruppi, perché è buio – che differenza faccia in un sotterraneo, poi, non si capisce… Forse per non incontrare i vampiri – ma all’entrata sono sempre da sola, e in uno di quei giri ho trovato un mucchio di vecchi libri abbandonati in un angolo. I libri hanno sempre esercitato su di me un’attrazione potente, e mi sono fermata per guardare che roba era. Tra vecchi manuali di medicina e di infermieristica c’erano anche dei dizionari, e ne avevo portato a casa il più possibile, uno o due alla volta per non farmi scoprire dai miei, ma dopo averli spolverati e sistemati in fila, nella mia libreria non danno nell’occhio. Mia mamma è un segugio per le riviste e i fumetti, ma i libri li controlla molto meno.
Decido di sacrificarne uno di italiano, il più scassato. Con un taglierino lo scavo all’interno e preparo un bel nido per i tre oggetti che la Beatrice del terzo millennio è riuscita a mandare indietro nel tempo: una matita per occhi, un mascara e il Silkepil. Un trucco facile facile, l’ho imparato in uno dei film più belli di sempre, “Le ali della libertà”. Poi ripongo il mio tesoro in mezzo agli altri dizionari, nello scaffale più alto della libreria, e dentro la mia testolina inquieta comincia a frullare un nuovo piano. Ho visto che la tecnologia del nuovo millennio può funzionare anche in questi anni Sessanta. E se è andata bene per un epilatore, perché non può funzionare anche per il Kindle? Nel mio secolo avevo quasi mille ebook memorizzati in quello stupendo strumento di lettura che mi permetteva di portare un’intera biblioteca con me e leggere anche al buio, sotto le coperte, con la lucetta integrata nella custodia. E se chiedessi a Beatrice di prepararmi un Kindle pieno zeppo di ebook? Anzi… ancora meglio. Le chiederò di comprarmi il nuovo Kindle Paperwhite. Può contenere fino a tremila libri, la carica dura due mesi, conosco i link da cui scaricare gli ebook, in Amazon ci sono anche i fumetti di Zerocalcare… Mi si aprirebbe un mondo.
Ho bisogno di parlare al più presto con la me stessa del terzo millennio. Non so se ha già imparato a usare il mio lettore di ebook, mio marito non era capace e probabilmente lei non l’ha nemmeno aperto. L’avrà scambiato per un’agenda… E sarà capace di comprare in Amazon? E di usare la carta di credito e il conto on line? Le password le conoscevo solo io. Dopo averle insegnato a truccarsi e a vestirsi, devo passare a uno stadio più evoluto della sua istruzione.
Le persone anziane fanno sempre lo stesso errore. Sottovalutare le giovani leve. E poi siamo a dicembre del 1969, e il mondo non sta girando attorno al mio ombelico. Nella vita reale sta per succedere qualcosa di molto grosso, ed io devo fare almeno un tentativo per cercare di cambiare la storia.
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