(la parte I è qui)
Un assolato pomeriggio di marzo, Paoletta si ritrovò a bordo dell’auto sportiva di Tommy. Direzione ignota, ma se anche non lo fosse stata, tali e tanti erano stati i ghirigori in quel tragitto da non riuscire a dire dove diavolo erano poi finiti. Almeno indenni, se non altro, perché è ben noto che il señor nostromo pigi assai sull’acceleratore…
Piumetta titubava sull’opportunità di baciare o meno (seppur elegantemente) il suolo appena scesi. Decise che non era il caso, meglio farlo non appena a casetta sua.
Superato il massiccio cancello in ferro battuto, a Paoletta parve di essere entrata di colpo in una fiaba. Un maestoso giardino si estendeva davanti a loro a perdita d’occhio, fra pareti esterne ricoperte di rampicanti; un grazioso vialetto costellato di lampioncini e lanterne conduceva all’ingresso di una villa su tre superfici. Non lontano si stagliava una dépendance.
(stupefatta) – Chi ci abita, un maragià?
– È di Simone, un amico di Clarence… anzi, per meglio dire, un ‘nostro’ vecchio amico…
Spalancata la porta d’ingresso, un ampio salone open space quadrangolare si incuneava ai lati per dare spazio ad altri mini-ambienti, ottimamente illuminati.
Tante le stanze al piano superiore, compreso un magnifico terrazzo, adibito a giardino pensile. Nella mansarda, vero tripudio di luce naturale, c’era quasi lo spazio per un campo da tennis, e ho detto tutto.
– Caspita!
(Tommy) – Bella eh?
Lei annuiva in continuazione mentre lui le mostrava ogni dettaglio.
(nella mansarda, Tommy) – Tu che ci faresti quassù, se fosse tua?
(sorridendo, confusa)
– Così, su due piedi… Non lo so!
Forse un posto per rilassarsi. In tutti i sensi…
(pausa)
Tu?
– Due megalettoni per la truppa!
(ridendo divertita)
– Figurarsi!
Lunghi teloni bianchi ricoprivano dei divani, ma erano per lo più i cartoni da trasloco a farla da padrone dappertutto. Alcuni sigillati, altri in fase di allestimento. Libri e altre cianfrusaglie in ogni angolo attendevano pazientemente di trovare collocazione al chiuso.
Si vedeva chiaramente che la casa era disabitata da tempo. Ma nonostante questo il giardino sembrava perfettamente curato.
Affacciati dal terrazzo poi, il giardino sembrava ancora più bello…
(lui) – So cosa stai pensando…
Lei lo fissò in attesa. Ormai Piumetta non si meravigliava più di tanto se i suoi pensieri apparivano facilmente decifrabili a ciascuno dei suoi uomini.
– Da quando segue il progetto, Cla’ ci viene spesso, è lui che dà l’acqua alle piante…
– Ma non è enorme per una sola persona?
– Sì.
Simone viveva qui con la famiglia, un tempo. Si è trasferito a Londra da qualche anno ormai. I genitori vivono a Montecarlo, e la casa l’ha ereditata lui.
Ha chiesto a Cla’ di fargli un preventivo per ristrutturarla. Anche se…
(e si ferma)
…Ricordami di prendere gli schizzi coi dati, se no mi dimentico.
Devo portarli a Cla’ se riesco a raggiungerlo a Berlino, ha detto che vuole finirli al più presto…
Scesi al pianterreno, Tommy condusse poi Piumetta a visitare la dépendance, altro gioiellino ricoperto d’edera e rose rampicanti. Lei non sapeva neanche più dove guardare, incantata come fosse una bambina.
Più tardi, in auto
(lei) – Cla’ avrà un sacco di foto della casa, voglio sperare…
– Almeno un centinaio di scatti. Fra casa e giardino.
– Beh, almeno così avremo un ricordo…
Tommy si limitò a sorridere sornione, attento a non sbottonarsi e non lasciar trapelare nulla del piano B appena portato a termine.
In serata riferì pazientemente ogni reazione di lei a uno scalpitante Clarence.
– Credi che abbia capito?
Tommy – Non lo so. Potrebbe.
Non ha detto nulla, in ogni caso.
– Ma tu sei “sicuro sicuro” che le sia piaciuta?
– Più che sicuro. Fidati.
– Bene. Allora vado col piano C.
E fu così che da quel giorno Paoletta si vide allegate foto di Clarence in compagnia di amici alquanto pelosi. Perché dove non arrivano i mattoni può arrivare il pelo. Soffice e morbido, più delle mutande, e oltretutto multicolor…
(al telefono, Paoletta) – Davvero vorresti prenderti un gatto?
Poi come fai con Berlino?
– Stiamo finendo quassù, non dovrò venirci più così spesso.
Poi anche se dovessi tornarci di tanto in tanto…
(interrompendolo) – Guarda che i gatti non amano viaggiare, né puoi lasciarli soli…
– Vuol dire che lascerò Ramon col gatto. Poi ci sei tu a Roma, e anche Tommy…
Mi manca un gatto…
Più tardi, quella sera
Cla’ – Io gliel’ho messo il tarlo in testa… Anche se me la vedo black.
(pausa)
E comunque Simone sarebbe più che felice, se la prendessi io. Cioè noi.
Perché così, almeno Tommy…
(Ramon)
– Già, ma se poi lei dice di sì, che facciamo? Ci trasferiamo lì tutti in massa?
Per me è ok, figurati. Ma il posto per lo studio?
– Che problema c’è?
Nella dépendance.
– Sì, e Béar sul tetto!
(concitato) Cla’, lo vuoi capire o no che Paoletta non verrà mai!
È OUT, gatta a parte!
Clarence resta lì a fissarlo come uno che ha appena avuto una doccia fredda. Anzi, freddissima.
– Okay! Non ne parliamo più!
Volge lo sguardo in basso, sconsolato. Poi lo solleva a fissare Ramon.
– E se provassi io con le mutande?
——-
“Preciso, deciso e definito” proprio come qualcuno diceva* di Piumetta…
“Na capuzzella discretamente tosta”, come aggiungerebbe Igor, anche se non è chiaro a quale testa possa riferirsi, perciò glissiamo…
Non glissiamo invece su un dettaglio, cioè che l’acqua alle piante non è soltanto il bel gigante a darla, ma anche un onest’uomo che in cambio di certi favori si gode in assenza di sua maestà ogni bellezza naturale offerta da una certa dépendance… Non sarà facile doverle dire addio, ove mai.
E ribadisco, ove mai…
Vi stavate chiedendo che fine avessi fatto, o no?
Quanto ai favori, il suddetto señor precisione è alquanto preciso nel tenere d’occhio due uccellini che potrebbero spassarsela da soli a Roma. Sai mai…
(Farina, retropensiero) “Potrei dirgli di piantare rose iceberg come piano D”
Non mi posso però volere così male… Oppure, ahimè, sì…
(*sua madre)
In alto, Sergio Fedriani, Il giardiniere
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