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colloquio di assunzione come rispondere alle domande

Sostenere un colloquio di assunzione: come rispondere alle domande

Ci siamo, abbiamo risposto all’annuncio, abbiamo inviato il curriculum, ci hanno convocato per un colloquio di preselezione. Come abbiamo appreso dagli articoli precedenti, ci siamo interessati sull’azienda, cercando informazioni su Google, ma anche se Facebook per leggere un po’ che cosa si dice in giro. Abbiamo superato la preselezione rispondendo in modo sintetico alle domande, senza aggiungere cose non richieste. Ha funzionato e ora eccoci qui davanti al selezionatore finale.

È il momento di mettere a frutto tutti i consigli finora imparati.

Il tema è molto ampio, quindi ho valutato che, per trattarlo in modo approfondito, è necessario dividerlo in due articoli. Ecco gli argomenti che tratteremo in questo e nel prossimo articolo:

  • L’importanza di fare una buona impressione.
  • Fate attenzione alle risposte.
  • Attenzione alle domande ambigue.
  • Ogni tanto una pausa di riflessione non guasta.
  • Dove orientare lo sguardo.
  • Gli occhi sono lo specchio dell’anima.
  • Non esistono domande banali.

 

E poi nel prossimo articolo:

  • E se una domanda ci paralizza?
  • Che cosa c’entra la mia vita privata?
  • Tutti hanno uno scheletro nell’armadio.
  • Il vecchio datore di lavoro, che carogna!
  • La sai l’ultima?
  • Domande ambigue o a doppio senso.

 

L’importanza di fare una buona impressione

Ricordate: non c’è una seconda occasione per fare una prima buona impressione. E qui potrei chiudere il capitolo sulla buona impressione. Tuttavia è bene aggiungere dell’altro, così vi parlerò di… musica.

Conoscete i Beatles? Spero proprio di sì, va bene vi scrivo comunque due note: è un (il) gruppo rock britannico di Liverpool che, tra il 1960 e il 1970, ha segnato un’epoca nella musica, nel costume, nella moda e nella pop art. In altre parole sono da ritenersi gli “inventori” della musica contemporanea. Perché vi parlo dei Beatles? Semplice, i quattro musicisti, prima di diventare un fenomeno mondiale, hanno dovuto affrontare dei… colloqui di lavoro. Certamente, non si nasce famosi, lo si diventa. I Beatles fecero diversi provini, quindi si proposero alla casa discografica Decca, che li mandò a casa. I quattro di Liverpool non si arresero, dopo altre disavventure si proposero a George Henry Martin, produttore discografico londinese, che dopo averli ascoltati decise di produrli.

Perché vi ho raccontato questa storia? Per due motivi, il primo è che non bisogna arrendersi, anche se venite scartati, i selezionatori non sono Dio, il loro verdetto non è mai definitivo per la vostra carriera, è solo uno stop  momentaneo. Il secondo motivo ve lo lascio dire dallo stesso Martin: “Non è stata lo loro musica, ma il loro fascino a convincermi. Erano persone affascinanti”.

Come abbiamo detto altre volte, il selezionato, attraverso le domande, cerca di comprendere non solo se avete le capacità per svolgere quel lavoro, questa è la condizione necessaria ma non sufficiente, egli cerca soprattutto di capire chi siete.

Le sensazioni che susciterete nel selezionatore conteranno più di ciò che realmente sapete fare. Il vostro modo di parlare, di vestire, di guardare, influenzeranno il selezionatore più di quanto immaginate. Ecco perché è importante non sottovalutare questi aspetti.

A volte conta più il come si risponde che il cosa si dice.

Fate attenzione alle risposte

Non supponete di sapere perfettamente cosa stia pensando il selezionatore o che cosa si aspetti da voi. Le vostre risposte devono essere certamente coincise e non logorroiche, ma devono anche essere esaustive. Se necessario, esprimete bene le premesse necessarie a comprendere ogni aspetto della vostra risposta.

Attenzione alle domande ambigue

Una delle domande più tipiche è la seguente: “Quali sono i suoi obiettivi?” e non immaginate quanto sia ambigua. Obiettivi in che senso? Lavorativi? Personali? Il selezionatore vuole sapere che cosa vi aspettate dalla vostra vita oppure, nello specifico, dal lavoro per il quale vi siete candidati? La risposta non è univoca.

Se non volete buttare lì una risposta qualunque, chiarite quali sono le aspettative del vostro interlocutore chiedendogli se per obiettivi intende quelli professionali oppure personali. Quando v’imbattete in una domanda ambigua non abbiate timore di chiedere a vostra volta un chiarimento, prima di rispondere, sfatate ogni dubbio.

Ogni tanto una pausa di riflessione non guasta

Eisenhower, prima di diventare Presidente degli Stati Uniti, fu prima un semplice tenente colonnello e poi, durante la Seconda Guerra Mondiale, fu promosso a comandante di brigata. Nel 1941 fu convocato a Washinton dal Capo di Stato Maggiore ovvero il generale George Catlett Marshall. Eisenhower era appena sceso dall’aereo e non aveva idea di che cosa il generale potesse volere da lui. Marshall gli spiegò, tutto impettito, che la situazione era delicatissima, da poco c’era stato l’attacco a Pearl Harbor, l’invasione nelle Filippine, la flotta aerea era ridotta al lumicino, c’erano problemi di approvvigionamento, insomma la faccenda era messa male. Dopo di che guardò Eisenhower e gli chiese: “Che cosa proporrebbe lei come linea d’azione?”

I destini di una guerra nelle mani del comandante di brigata Eisenhower, e che cosa avrebbe dovuto rispondere al generale di Stato Maggiore? La sua risposta fu più o meno “Mi dia qualche ora per riflettere”.

Questa risposta fece comprendere al generale Marshal che Eisenhower era proprio il tipo d’uomo che stava cercando: fidato, riflessivo, responsabile.

Voi non avrete mai qualche ora per rispondere a una domanda difficile, ma qualche istante sì. Non abbiate timore di prendervi il vostro tempo, non pensate che riflettere su una domanda sia sempre interpretabile come indecisione o impreparazione. Potete anche anticipare il vostro momento di pausa con qualcosa come “Domanda interessante, mi lasci riflettere per qualche istante…”.

Dove orientare lo sguardo

Siete al bar, chiacchierate con un amico del più e del meno, tuttavia il vostro amico continua a fissarvi. Sono sicuro che a un certo punto vi fermereste per chiedergli se c’è qualcosa che non va; non è vero? La stessa cosa potrebbe accadere se, durante la chiacchierata, l’amico guarda sempre costantemente altrove.

Sia il primo atteggiamento – guardare fisso l’interlocutore – che il secondo – guardare sempre altrove – sono espressioni di qualcosa che non va. Di solito, quando c’interessa l’argomento di cui parla il nostro interlocutore, lo guardiamo, poi quando rispondiamo tendiamo a spostare un po’ lo sguardo. Non siamo mai per tutta la discussione né eternamente negli occhi della persona che abbiamo di fronte, né eternamente al di fuori del suo sguardo.

Il comportamento migliore da tenere con il vostro selezionatore è quello naturale che avreste con un vostro amico con il quale parlate di una cosa che interessa entrambi. Quindi non sforzatevi in atteggiamenti innaturali, siate voi stessi, interessatevi nel modo più naturale possibile.

Gli occhi sono lo specchio dell’anima

C’è un interessante libro scritto da Julius Fast intitolato “Il linguaggio del corpo” (1971, Mondadori) dove si possono leggere interessanti studi. Ecco qualche esempio.

Se mentre parlate allontanate lo sguardo dalla persona che vi ascolta, è perché volete essere ascoltati. Se lo guardate mentre parlate, gli state comunicando che può interrompervi non appena vi fermate. Se vi fermate, ma non lo guardate, state comunicando che ancora non avete terminato il vostro discorso.

Se il vostro interlocutore parla, ma voi guardate altrove, gli state comunicando che la cosa non v’interessa.

Provate a verificarlo mentre state con degli amici, vi accorgerete quanto siano vere queste affermazioni. Tuttavia non dovete sopravvalutarle, non sono regole matematiche, ma atteggiamenti statisticamente validi. Ancora una volta vale la regola: siate naturali, lasciatevi condurre dalla discussione, ma mantenete accesa un’alert che possa avvisarvi se c’è un atteggiamento che potete decodificare.

Non esistono domande banali

A meno che il vostro selezionatore non sia uno sprovveduto, ogni domanda ha sempre la sua importanza, anche se apparentemente può sembrare banale. Ora riflettete sul fatto che la persona che avete di fronte potrebbe simulare di essere uno sprovveduto per farvi abbassare le difese, quindi meglio prestare attenzione a tutte le domande che vi farà e di rispondere sempre come se quella fosse la domanda chiave per essere assunti.

 

Vi ricordo che nel prossimo articolo affronteremo gli altri argomenti relativi alle “domande e risposte” in un colloquio di lavoro, ovvero

  • E se una domanda ci paralizza?
  • Che cosa c’entra la mia vita privata?
  • Tutti hanno uno scheletro nell’armadio.
  • Il vecchio datore di lavoro, che carogna!
  • La sai l’ultima?
  • Domande ambigue o a doppio senso.
Se avete domande, i commenti sono a vostra disposizione, ma lo sono anche se volete raccontare la vostra esperienza ed arricchire l’argomento.
Massimo Petrucci
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