Mamma mia che botta. Ho sbagliato la curva e ho fatto un frontale contro il muro. Dopo un volo di almeno dieci metri ho cominciato a contarmi le ossa per vedere se c’erano ancora tutte, e in quanti pezzi. E che cavolo, quella vecchia scopa non tiene più, a dir molto si riesce a volare diritto ma appena si cerca di piegare un po’ è un disastro. Ero anche in ritardo, avevo fretta, e guardate adesso che macello: la sacca coi regali si è rotta, i giocattoli sono pesti e malconci e il mio vecchio mezzo di trasporto è ormai inutilizzabile, non troverò mai un meccanico capace di rimettere in sesto una scopa di quell’era geologica. E mi preme sottolineare che non ho tutto il tempo del mondo per distribuire i regali: la notte della Befana viene una volta l’anno e io sono qui, spiaccicata come un moscerino, sul selciato di una piazza buia e desolata di un’anonima cittadina di provincia.
Questa è la volta che perdo il posto. Hanno deciso che per noi Befane i vecchi quattrocento anni di servizio non bastano più per la pensione, però veniamo licenziate se non siamo efficienti e scattanti come le giovani leve, alle quali vengono fornite scope di ultimissimo modello, in carbonio e magnesio, che fanno le curve col pensiero e sfrecciano alla velocità della luce. E se perdo il posto, una Befana della mia età cosa va a fare? Il calendario Pirelli dei poveri? Sconsolata e dolorante, ho cominciato a raccogliere i regali e a fare il censimento dei danni, ma le ginocchia mi facevano così male che mi sono dovuta sedere, e lo sconforto mi ha assalito a tal punto che mi sono presa la testa fra le mani e sono scoppiata in lacrime. Diavolo, in quattrocento anni di onorata carriera non mi era mai successo un disastro simile, e adesso come cacchio la rimedio?
Mentre riflettevo e mi disperavo, mi sono resa conto di non essere da sola. Vicino a me, in quella piazza povera e triste, buia e neanche tanto pulita, si sono materializzate due figure insolite, un gatto e un fantasma. Si sono presentati con molta cortesia: pare che il gatto si chiami Merlino e sia un Samurai, l’ultimo gatto libero del quartiere, come dice lui, mentre il fantasma si chiama Desdemolo ed è l’ultimo spettro che riesce a sopravvivere in un luogo di indicibili torture detto Palazzo dei Veleni, cosa che a suo dire è un atto di estremo eroismo. Mi hanno offerto una tazza di tè corretto al whisky – qualcosa di caldo e forte mi ci voleva proprio – e si sono offerti di aiutarmi per la consegna dei doni. A loro, dicono, volare viene spontaneo, sanno riparare i giocattoli rotti e mi hanno proposto un riparo per la notte, promettendo di consegnare i regali ai bambini della mia lista. Che cosa potevo fare? Mi sono fidata, ero talmente distrutta nel fisico e nello spirito che non avevo alternative. Ho lasciato che mi sistemassero dentro a un vecchio mobile di legno, in una falegnameria che deve aver visto tempi migliori, dove mi hanno coperta con un plaid e si sono raccomandati di stare tranquilla, avrebbero pensato a tutto loro. Il mattino dopo mi sono svegliata con la mia vecchia scopa al fianco, magicamente funzionante. Non si vedeva neppure un’ammaccatura. Anche la sacca era stata piegata e rammendata con cura e sulla lista con gli indirizzi dei bambini i miei due eroi avevano scritto “Tutto ok missione compiuta”. Va a finire che anche per quest’anno me la sono cavata. Non riuscendo a credere a tanta fortuna, con la poca agilità che mi era rimasta sono saltata sulla scopa per correre nel mio alloggio presso la Caserma delle Befane, al Polo Nord.
Troppo bello per essere vero. Dormivo da nemmeno un giorno quando sono stata svegliata da una telefonata che non prometteva niente di buono. Era una convocazione presso la Befana capozona, e quando quella vecchia strega convoca, non è mai per un complimento. Assai avvilita mi sono trascinata negli uffici, ancora dolorante per la caduta, e non ho fatto in tempo a entrare che l’arpia mi stava sventolando sotto al naso alcuni quotidiani, urlando come una pazza e imprecando come un camionista. “Questa adesso me la spieghi bene, vero, vecchia inutile, anzi, dannosa? Ed esigo una spiegazione molto, ma molto esauriente!” ha strillato la signora, esalando un fiato al profumo di carogna che nemmeno Caronte. Il primo articolo mi ha gelato il sangue nelle vene. Era su un quotidiano dell’anonima cittadina in cui, guarda caso, ho avuto l’incidente, e dove quei cari ragazzi, il Gatto Merlino e il Fantasma Desdemolo, mi avevano lasciato scritto “Tutto ok missione compiuta”. In una botte di ferro, davvero, come Attilio Regolo…
Il titolo era “Misteriosi regali in città”. “Quest’anno nel nostro capoluogo la Befana ha sorpreso tutti, e non sempre nel migliore dei modi. Al mattino del sei gennaio, i figli e i nipoti dei notabili cittadini non hanno trovato i consueti doni nella calza, ma diversi chili di letame. Non è andata meglio ai loro genitori, i quali al risveglio hanno avuto l’amara sorpresa di scoprire che i loro SUV erano stati schiacciati da una gigantesca pressa. Pregiate cristallerie sono andate in frantumi e dalle auguste dimore sono scomparsi tutti i contanti, i gioielli, i quadri e l’argenteria. Anche le pellicce, i tappeti e le coperte pregiate sono sparite e misteriosamente riapparse nei canili e gattili della zona, dove, all’alba del giorno dell’Epifania, pare che i volontari abbiano trovato i randagi comodamente sdraiati nelle cucce così lussuosamente addobbate. Corre anche voce che le cassette di sicurezza in Svizzera si siano misteriosamente svuotate e che il loro contenuto sia stato distribuito tra i disoccupati e i pensionati con la minima. Perfino le dispense dei più abbienti sono state svaligiate e in ogni tavola della città sono apparsi vini d’annata e cibi prelibati, a patto che la famiglia fosse veramente povera. I figli dei disgraziati si sono trovati la play station ultimo modello e il computer nuovo, mentre sulle porte dei sospetti di evasione fiscale è stato inchiodato un avviso di accertamento della Guardia di Finanza, firmato dal Comandante in capo, che però giura di non saperne nulla.” E via su questo tono. Un altro giornalista raccontava stupito di come misteriosamente, su un terreno divenuto da poco edificabile grazie a una provvida delibera del Comune, fosse saltato fuori un rifugio per senzatetto, arredato e provvisto di tutto punto. Era spuntato così, nella notte, dal nulla.
In quattrocento anni di onorato servizio, ve lo giuro, non avevo mai visto succedere una cosa simile. Volevo giustificarmi, raccontare del mio incidente e dei due personaggi che erano accorsi in mio aiuto, ma non osavo. Il consiglio di amministrazione delle Befane mi avrebbe accusato di aver armato la mano dei vandali attentatori, come venivano chiamati dalla stampa. Negare, negare fino all’ultimo, negare anche l’evidenza! Mi sono attenuta a questa linea, ho giurato su tutte le Sante Renne di aver consegnato i regali di buonora e di essermi ritirata nel mio alloggio a riposare, con un latte caldo e una buona dose di antinfiammatori per l’artrite. La capozona non mi ha creduto nemmeno per un attimo, però mi ha consegnato una lettera. “Tenga,” mi ha detto. “Qui c’è il suo prepensionamento. Lei dovrebbe essere denunciata e deferita alla corte marziale ma non ci possiamo permettere lo scandalo, l’istituzione di Babbo Natale ultimamente è stata abbastanza screditata ed è necessario che insistiamo sulla versione dei terroristi umani. So benissimo che lei è colpevole, ma non ci conviene provarlo. Può tenere quella vecchia e inutile scopa, però deve lasciare immediatamente l’alloggio nella Caserma delle Befane, per lei è indegno e immeritato. Sparisca, non voglio vederla mai più”.
Per la prima volta nella mia lunga vita, ero d’accordo con lei. In un attimo cavalcavo la vecchia scopa, dopo aver raccolto in fretta e furia i miei stracci nella sacca che quei cari ragazzi mi avevano rattoppato con tanto amore. Non mi ricordavo bene dove si trovava quella piccola città, ma dopo alcuni giri sulla regione che mi era stata assegnata ho riconosciuto la piazza e i tigli che la circondano. Vista in una luce adeguata non è brutta, anzi, è molto meglio del Polo Nord. Era notte e mi sono messa alla ricerca dei miei eroi, e li ho trovati sotto a un vecchio banco del mercato mentre si facevano una canna e ascoltavano i Pink Floyd. Non si sono affatto stupiti di vedermi, anzi, hanno detto che ci speravano proprio. Il gatto è dolce e affettuoso, anche se pare sappia usare le unghie come una katana, e il fantasma… Che romantico! Mi ha portato a fare una passeggiata al chiaro di luna, sospirandomi antichi versi, e mi ha detto che da tempo non vedeva una donna bella come me, e che il palazzo dove risiede ha un sacco di spazio, si tratta solo di abituarsi alla puzza. Di cosa non l’ho ancora capito, ha detto che me lo spiegherà, ma non mi sembra un problema. Per ora non mi preoccupo, ho realizzato il sogno della mia vita, la pensione, e questa sera i ragazzi hanno promesso di portarmi a una festa nei sotterranei, dove suona un gruppo hard rock chiamato “Bloody Bunch”. Per l’occasione mi sto abbigliando in stile emo, Des dice che è perfetto per il mio incarnato, e sono emozionata come una ragazzina. Vedete? Mai disperare. Anche a una Befana può capitare una botta di culo, per rifarsi una vita.
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