di Flavia Chiarolanza
Ogni recensore desidera comunicare pienamente le proprie emozioni, evitando di mandarne sprecata anche una sola. Spesso si contano con le dita, o addirittura si stiracchiano per imbastirci un articolo dignitoso. Poi arriva la sera in cui non fai in tempo a gustare la prima che si affacciano in progressione tutte le altre.
A me è successo durante il debutto del musical L’uomo sulla breccia, ispirato alla vita di San Roberto di Molesme, e spero di riuscire ad esprimere il mio gradimento così come l’ho genuinamente provato in platea.
Non è facile raccontare una storia, specie se straordinaria e specie se ambientata in un’epoca ascrivibile tra quelle che le nostre menti archiviano d’istinto perché lontane. E men che meno è facile ricorrere alla modalità della commedia musicale, con il suo immaginario di teatri hollywoodiani, costumi sgargianti e virtuosismi coreografici.
Eppure questo gruppo di giovani afferenti al Monastero di Ruviano – sotto l’egida dell’Associazione L’Esperienza – è riuscito nell’impresa grazie al contributo dei suoi membri, ognuno dei quali ha donato incondizionatamente la propria disponibilità attingendo al personale bagaglio di talenti e conoscenze.
La fortuna ha voluto infatti che nel gruppo si concentrassero tutte le abilità richieste per dar vita a un musical: dal canto alla danza, dall’ingegneria nel costruire luci e scene fino al talento narrativo. È bastata una buona direzione per incanalare queste doti e farle sfociare nello splendido allestimento che ha incantato tutti noi la sera della prima al teatro Troisi di Napoli, lo scorso venerdì 12 Settembre, proprio nel giorno di Santa Maria.
L’opera nasce allo scopo di celebrare “un uomo comune scelto da Dio”, come recitano i versi del brano più significativo tra quelli proposti sul palco ed intonato a sipario chiuso perfino dagli spettatori, che ne avevano ricevuto una copia in dono insieme alla brochure.
Chi era Roberto di Molesme? Gli artisti in scena ci invitano a sorvolare sulle canoniche pagine di storia, e a cercare di penetrare tra le pieghe della sua vita poco conosciuta grazie all’ausilio dell’arte, maestra laddove i libri esauriscono il loro compito.
Giovane dai nobili natali e destinato a diventare cavaliere di Francia, illustrando patria e famiglia col favore delle armi, Roberto rinuncia a tutto per seguire la sua vocazione monastica. Non con il ferro, ma con le mani giunte afferma di voler servire il Signore in un’epoca in cui la fede si misurava a centimetri di sangue versato sui campi di battaglia. E indossare il saio equivaleva ad un atto di rinuncia non tanto verso il mondo e le sue tentazioni quanto verso la guerra, condannando al marchio della viltà.
La resa di questo stato d’animo – così combattuto tra il senso della lealtà filiale e un’indole pacifica – è dovuta al perfetto connubio di musica, parole e regia: senza il minimo cedimento retorico, la trama inscenata disegna il percorso del Santo ostacolato prima dalla famiglia e poi da una Chiesa ostile verso la sua vocazione così rigida e dunque fedele all’autentico messaggio del Nazareno.
Le coreografie, splendidamente curate da Simona Galloppa e Rosario Calabrese, giungono al momento giusto per illustrare ogni più intimo tormento dell’animo di Roberto. Nel travaglio della scelta tra crocifisso e spada, entrano in scena due ballerine: l’una indossa una tonaca, l’altra lo scudo crociato, e danzano fronteggiandosi mentre Alessandro Franzese – magnifico interprete di Roberto – canta l’immensa pena di dover provocare un dolore al padre o a se stesso. La ballerina armata – vinta dalla rivale – cade al suolo sullo spegnersi dell’ultima nota di questo brano, composto insieme agli altri da Alessandro Marsiglia con le parole di Sergio Nigro, autore anche della sceneggiatura.
Ad ogni tumulto del protagonista corrisponde un passo di danza. E quando Roberto chiede consiglio alla prima stella della sera, gli appare una fanciulla vestita di bianco – Palma Di Maro – che, volteggiando sulle punte, sembra incarnare la dolce sensazione di quiete per aver scelto la strada giusta.
Commovente l’omaggio alle due figure genitrici, Ermengarda e Teodorico. La madre mette il bene del figlio al di sopra di tutto, e ce lo racconta vibratamente con la splendida voce di Daniela Bruera; il padre, dopo lungo travaglio, si piega e comprende mostrando una forza superiore a quella imposta agli uomini del tempo, votati unicamente al prestigio del casato. Una forza, scevra da muscoli e autorità, che può perdonarsi ad una madre, non certo al detentore dell’onore di una famiglia nobile. La sua voce appartiene al bravissimo Marco Cristarella Orestano, degno duellante insieme alla compagna di scena.
La regista Mariateresa De Sio ha il duplice pregio di firmare un ottimo lavoro e di prestare il volto ad un personaggio controverso, di cui può solo intuirsi l’identità: il Mondo, o meglio quella parte del mondo che marcia nella direzione opposta rispetto al cammino dei giusti. A sfidarla sul piano della dialettica è Agape: l’amore smisurato e fraterno che in scena assume le delicate fattezze di Adriana Scuotto, amabile e tenace quanto cinica e diffidente appare la rivale terrena.
Lo spettacolo è introdotto da Caterina Gagliardi, che dopo un breve preambolo cede il passo al Priore del Monastero di Ruviano, P. Fabrizio Cristarella Orestano. Dalle sue parole apprendo il significato del titolo del musical: l’impeto rivoluzionario di Roberto è dovuto all’obbedienza ad un precetto divino, che impone al vero servo di Dio l’onere di ergersi sulla breccia. Questo perché, nell’immolarsi alla causa, non è lecito donarsi a metà. Occorre “ardere fino a consumarsi”.
So che lo spazio di questa pagina non permette di scorrere fino all’ultimo la lunga lista di interpreti e collaboratori, cui si deve il miracolo di questa opera prima e inedita. Mi rincresce non poterli nominare singolarmente come meritano. Rinvio ad altra occasione, che sono certa non mancherà.
Al giovane e bravo Andrea Di Fiore – interprete garbato e vitale di Frate Mauro – va tutta la mia riconoscenza per avermi permesso di sedere in platea la sera dell’affollatissimo debutto: tale è stata l’affluenza del pubblico da indurre gli organizzatori a fissare una nuova data, anch’essa presa immediatamente d’assalto. Non resta dunque che attendere il debutto romano, previsto per il mese di Gennaio: fremente l’attesa per una platea che vive nel proprio territorio la frenesia del turismo religioso, e non mancherà di celare tra le sue fila anche conoscitori del Santo di Molesme. Chissà che il Papa non decida di presenziare alla celebrazione di un uomo che di certo deve essergli caro e intimamente vicino per l’umiltà nel cammino di evangelizzazione.
Mi fermo qui, in attesa che gli artefici di questo musical – impegnati nelle nuove date di rappresentazione – si rendano disponibili per l’intervista.
Ciao, e auguri a tutti di più frequenti letture agiologiche.
(continua…)
- Le apparizioni di Gesù risorto - 20 Febbraio 2017
- Un vizio capitale: l’invidia - 6 Febbraio 2017
- La melodia dell’amore - 30 Gennaio 2017