di Margherita Merone
Francesco Forgione nacque il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, vicino Benevento. Fu battezzato il giorno dopo nella chiesa di Santa Maria degli angeli. Trascorse una fanciullezza tranquilla, in un ambiente sereno e familiare, dove non mancava nulla e si viveva secondo i valori cristiani. Non ha avuto periodi contraddistinti da eventi clamorosi ma la sua vita stava gradualmente prendendo un cammino molto particolare.
Ho trovato, in uno dei primi libri scritti su di lui, che aveva solo cinque anni quando, cosa incredibile considerando l’età, cominciò a pensare alla consacrazione a Dio. Fu in questa età che cominciarono ad essere evidenti alcuni doni carismatici e brevi attacchi del diavolo. Ho trovato conferma in altri libri che, come testimoniano i suoi primi direttori spirituali, già a partire da questa età ebbe varie apparizioni ed estasi, che tenne nascoste a tutti considerando, come affermò tempo dopo lui stesso, che fossero cose comuni a tutti. Sempre a questa età ebbe le prime apparizioni diaboliche. Come accadeva di prassi al tempo, intorno agli undici anni fece la comunione e successivamente la cresima. Riprese gli studi che aveva interrotto dopo la terza elementare e arrivò alla terza ginnasio. Più avanti terminò gli studi.
Francesco era un ragazzo dal carattere riservato e amava stare spesso per conto proprio; non era un asociale, anzi amava la compagnia delle persone ma, in alcuni momenti, si ritirava nella solitudine a pregare, proprio come faceva Gesù. Tutti consideravano il suo comportamento esemplare, un modello per chi lo conosceva bene, per chi lo frequentava di tanto in tanto, ancora di più per chi non lo conosceva se non di vista. La sua passione era non mancare mai alla funzione della messa, alle preghiere della mattina e quelle della sera. Amava Cristo con tutto il cuore.
Aveva solo quindici anni quando cominciarono le vere lotte con il diavolo che cercava di portarlo fuori dalla sua vocazione ma Francesco, toccato dalla grazia accettava, pur soffrendo, quanto gli veniva inflitto. Scriveva: «Dio mio! Chi potrà ridire l’interno martirio che in me si svolgeva? …Sentivo la voce del dovere d’ubbidire a te, o Dio vero e buono ma i nemici tuoi e miei mi tiranneggiavano, mi slogavano le ossa, mi dileggiavano e mi contorcevano le viscere».
Il 22 gennaio 1903 vestì l’abito cappuccino e cambiò il nome Francesco in quello di frate Pio di Pietrelcina; quattro anni dopo diede i voti solenni, con l’intenzione, come ripeteva sempre, di mettersi totalmente al servizio di Dio. Firmò il patto di consacrazione il 27 gennaio 1907 nel convento cappuccino di Sant’Elia a Pianisi. Iniziò così gli studi prima filosofici poi teologici, sotto il magistero di padre Agostino da San Marco in Lamis, per coronare il suo desiderio di essere ordinato sacerdote e ciò avvenne a Benevento nell’agosto del 1910. Celebrò la prima messa solenne a Pietrelcina nello stesso mese. Col tempo cominciò ad avere seri problemi di salute, fu così che i superiori lo mandarono al suo paese con la speranza che si rimettesse presto, ma una misteriosa malattia gli tormentava l’organismo. Fu in questo periodo della sua vita che si dedicò intensamente all’ascesi spirituale, come si legge nel suo epistolario. Vari furono i fenomeni soprannaturali, moltissime estasi e ripetute vessazioni diaboliche, ad alcune delle quali assistette padre Agostino che spesso scriveva quanto udiva da Pio.
Scoppiò la prima guerra mondiale che andò ad interrompere la regolarità della vita nel convento, tanto che Pio fu invitato a rientrare nel corpo militare a Napoli, solo per alcuni mesi. Lo stato di salute non gli permise di fare di più e venne riformato. Tornò a San Giovanni Rotondo dove era stato trasferito da tempo per il clima per lui più favorevole e lì rimase fino alla morte.
Nel 1918 visse il fenomeno che nella mistica viene chiamato trasverberazione del cuore (dal latino transverberare ossia trafiggere) ed indica la trafittura del cuore con un dardo da parte di un angelo, cosa che lo faceva «spasimare assiduamente», preludio al prodigio delle stimmate, che nel giro di qualche mese risvegliò gli animi del popolo, attirò l’attenzione dell’autorità ecclesiale, la curiosità degli scienziati e dei medici. La salute peggiorava con gli anni e il 23 settembre del 1968 Pio morì serenamente.
Che dire oltre di questo grande santo se non leggere qualche riga di quello che lui stesso scriveva: «Il demonio intanto non cessa di apparirmi sotto le sue orride forme e di percuotermi in un modo veramente spaventevole. Ma viva l’amore di Gesù, che di tutto mi ricompensa colle sue visite!»; «Una lotta continua deve l’anima mia sostenere. Non vi veggo altro scampo che abbandonarmi tra le braccia di Gesù, sulle quali bene spesso Gesù permette che mi addormenti. Beati sonni! Felice ristoro sono all’anima per le lotte sostenute».
Questo è stato da sempre il suo unico desiderio: «Il tutto è consacrato a Gesù ed il tutto l’intendo soffrire per lui».
(In copertina, ritratto di S. Pio by Marco Camedda)
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